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Repubblica: Insigne contro la Bosnia o centra la fucilata o finisce al muro

Con la Nazionale di Mancini Lorenzo diventa vero 10, cosa che non è mai stato nel Napoli e nelle altre Nazionali

Repubblica: Insigne contro la Bosnia o centra la fucilata o finisce al muro

Su Repubblica, Gabriele Romagnoli ripercorre come in un film il gol di Insigne contro la Serbia, su cross da calcio d’angolo di Bernardeschi.

Un pallone morbido che si alza verso il confine dell’area, che potrebbe insaccare solo Messi. E invece si presenta Insigne, che quando si presenta all’esecuzione è davanti a un bivio:

“o centra la fucilata o finisce al muro”.

Mentre si appresta a tirare, Insigne ripercorre la sua storia con il Napoli. Nella squadra di casa in genere parte molto largo, poi si accentra, cerca il suo posto migliore, tira a giro o la mette sul secondo palo, pronta per chi arriva da destra a tirare.

“Qualche volta inizia a dribblare e lo ritrovano poi a fine partita, fradicio tra i ciuffi del San Paolo”.

Con Sarri ha giocato trequartista e poi è stato spostato di lato. Ancelotti lo ha avvicinato alla porta e sembrava essere quello il posto giusto, ma poi Lorenzo

“ha perso la forma, la fiducia, ha accusato vita e destino e si è autoesiliato, di nuovo, sulla fascia”.

Mentre la palla di Bernardeschi continuava a salire, Insigne pensava anche alla sua storia in Nazionale.

Con Conte era tornato a casa subito dopo il ritiro: gli era stato preferito Thiago Motta. Ventura lo aveva convocato ma senza farlo giocare.

“Memorabile il gesto di De Rossi invitato a subentrare: ‘Io? Ma metti Insigne'”.

Il pallone di Bernardeschi inizia a scendere e Lorenzo deve decidere da che parte stare: nel cerchio o sulla circonferenza.

“Non c’è niente di male a farsi inscrivere, essere nella folla di quelli che la stoppano, di piede o di petto, se ci riescono, poi la passano e stanno a vedere. Ce ne vuole invece per circoscrivere l’azione, decidere il disegno, comprendere tutto e non lasciare l’impressione che esistesse altro al di fuori di quella scelta, il tiro”.

E mentre decide, Lorenzo pensa anche alle caratteristiche del numero 10 e si chiede se le possiede. Un 10, tra le altre cose è chi con un solo movimento cambia la danza e la scena.

Quello che fa anche lui con quel tiro a volo: rovescia sia le sorti della partita che le proprie.

“L’Italia pareggia e Insigne diventa il suo 10, trascinandola. Predica l’ortodossia (il passaggio perfetto non sfruttato da Chiesa e l’assist a Verratti ) e l’eresia (il suo colpo di testa respinto dal portiere dentro la porta). Per arrotondare la sua storia imprecisa ci voleva Mancini, che ha passato la propria in una cabalistica indefinizione numerica: 7, 9 o 10? La frase rivelatrice l’ha detta alla vigilia: “In questa nazionale io sarei il 9”. Come dire: il 10 l’aveva trovato. Almeno per una notte”.

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