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Mazzoleni: “dietro l’arbitro, l’uomo”. E allora meglio l’arbitro (abbiamo detto tutto)

Dopo più di 200 partite in Serie A e una lunghissima scia di polemiche, Mazzoleni si ritira, rilascia un’intervista e annuncia un libro. Nelle sue parole tutti i mali della classe arbitrale: manie di protagonismo, protervia, sindrome di Ponzio Pilato e sudditanza psicologica

Mazzoleni: “dietro l’arbitro, l’uomo”. E allora meglio l’arbitro (abbiamo detto tutto)

Meglio quando non parlano

A Napoli ce lo ricordiamo benissimo, nostro malgrado, per un paio di arbitraggi scandalosi. Parlo naturalmente della finale di Supercoppa persa in 9 contro 11 con la Juventus e il rosso estratto nei confronti di Kalidou Koulibaly a San Siro contro l’Inter, mentre dagli spalti piovevano insulti razzisti verso il campione senegalese.

Gli arbitri, lo sappiamo, durante l’attività hanno la consegna del silenzio. Non rilasciano interviste e dichiarazioni, non parlano degli arbitraggi e, tantomeno, delle decisioni controverse. La fine dell’attività, dunque, rappresenta il primo momento in cui una giacchetta nera ha la possibilità di raccontarsi, di esprimere, magari, i propri rammarichi e rappresentare le proprie convinzioni.

La sua intervista a L’Eco di Bergamo

È quello che Mazzoleni ha fatto il 5 giugno in un’intervista rilasciata all’Eco di Bergamo. Il pezzo si intitola “dietro l’arbitro, l’uomo” e, per quello che abbiamo letto, è addirittura meglio l’arbitro. Nelle sue parole, infatti, sono rappresentate, in maniera inconsapevole e, quindi, sincera, tutte le patologie della classe arbitrale italiana. Quando gli si chiede dell’errore più grosso che ha commesso, tira fuori una partita di 9 anni fa, un Genoa-Juventus durante la quale assegnò un rigore inesistente ai bianconeri. “lo fischio, chiedo aiuto ai leader in campo, Del Piero che ha subìto il fallo giura che era in area, i genoani sostengono il contrario.” Mazzoleni furbamente dice che l’aveva visto in area, ma se ha chiesto aiuto ai “leader” in campo vuol dire che tanto sicuro non era. E tra Del Piero e gli anonimi genoani a chi crede l’arbitro? Ed ecco che la famosa sudditanza psicologica prende forma in un episodio concreto. Noi spettatori, ovviamente, potremmo citare altre decine di episodi, ma la cosa bella di questa intervista è che è lo stesso Mazzoleni a spiegarci bene come ragiona.

Hamsik e gli altri

Come quando gli chiedono quali sono i giocatori che apprezzava di più. La sua risposta è questa: “i rapporti migliori li ho avuti con i carismatici: De Rossi, Bonucci, Zanetti, Diamanti, Gattuso, Stankovic”. Tolto Zanetti, un signore fuori e dentro il campo, si tratta di tutti giocatori non certo noti per il comportamento riguardoso e corretto. De Rossi, per dire, in carriera ha collezionato la bellezza di 15 cartellini rossi, quasi un record. Stankovic nel 2003 si beccò quattro turni di squalifica per aver insultato e strattonato l’arbitro. Ma a Mazzoleni, evidentemente, piacevano così.

Non a caso quello che gli risultava meno sopportabile è stato Marek Hamsik uno che non alzerebbe la voce nemmeno con un teppista che gli sta rigando la macchina. Noi ci saremmo aspettati il nome di qualche simulatore, di quelli che rendono la vita difficile ad arbitri ed assistenti. Invece no. Vuoi mettere quei bei primi piani che la regia ti riserva mentre battibecchi muso a muso con Gattuso? Ed ecco che abbiamo anche il protagonismo.

Koulibaly

Ma il lato peggiore Mazzoleni lo mostra quando parla della espulsione comminata a Koulibaly nell’ultima stagione. Non un ripensamento, non una parola di rammarico per aver punito ingiustamente un giocatore vittima di cori razzisti, ma la più classica delle lavate di mani: “è una decisione che nessuno può contestare: è il regolamento. I buu razzisti sono di competenza delle autorità, non dell’arbitro”.  Un ragionamento degno del più ottuso dei burocrati russi di metà ‘800.

Nel 2019, da un ex arbitro che si avvia, come dice lui, a dare una mano preziosa ai giovani, ci saremmo aspettati tutt’altro, magari entrando nel merito di un regolamento che costringe un giocatore di 25 anni a giocare sotto una pioggia di beceri insulti razzisti lanciati da 40.000 spettatori e non consente all’arbitro (ma la cosa è controversa) di interrompere il match. Macché, niente di tutto questo. Ponzio Pilato non avrebbe saputo fare di meglio.

Mazzoleni, a scanso di equivoci, ci conferma la sua tendenza allo scaricabarile. Interrogato su un altro episodio scandaloso, l’espulsione di Goran Pandev durante la partita che valeva la supercoppa, guarda un po’, contro la Juventus, ha risposto “quel rosso a Pandev è figlio della segnalazione di un assistente, Stefani” e, mentre si lava le mani dell’accaduto, trova il tempo di aggiungere un po’ del curriculum di Stefani, uno che “ha fatto anche la finale dei Mondiali in Brasile con Rizzoli”. Come a dire “guardate che la responsabilità non la scarico su uno a caso”.

Visto quello che è riuscito a dire Mazzoleni in un’intervista di un paio di colonne, non ci stupiamo se l’AIA impone il silenzio ai suoi tesserati. Ora non ci resta che aspettare il libro in uscita. Chissà quanti altri pregiudizi troveranno conferma in quelle pagine.

 

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