I campionati europei si schierano compatti contro la SuperLega proposta da Agnelli, si prospetta sempre di più una guerra tra aristocrazia e borghesia del calcio
«Basta approcci alla Chamberlain non ci porterà da nessuna parte. Non è tempo delle diplomazie. Siamo in battaglia, c’è in ballo il futuro del nostro campionato, ma direi di tutto il calcio, ora ci vuole la fermezza dei Churchill»
Sono state le parole con cui Urbano Cairo si è presentato ieri alla riunione della Lega di Serie A. Il presidente del Torino è tra i più forti contestatori del progetto della SuperLega proposta dall’ECA.
Nessuna diplomazia, dunque, ma un aperto e violento conflitto a quello che risulta sempre più chiaramente essere un progetto dell’élite del calcio. I rappresentati dei maggiori campionati europei hanno fatto muro e sono pronti ad andare allo scontro affinché vengano rispettate la democrazia e la meritocrazia nel calcio.
La Gazzetta di oggi propone una serie di articoli in cui spiega che appare oramai chiaro che il progetto sponsorizzato da Agnelli sia un tentativo di consacrare l’Olimpo del calcio europeo tenendo fuori le realtà medio-basse presenti nei vari campionati. Attraverso il meccanismo suggerito dall’ECA per innovare le coppe europee si garantirebbero partecipazioni fisse o percorsi privilegiati a top club (attraverso promozioni, retrocessioni o altro meccanismi) negando meritocrazie e risultati nei campionati nazionali; lo spostamento delle partite nei weekend inoltre provocherebbe un calo dell’interesse e un conseguente impoverimento dei campionati nazionali, che vedrebbero diminuire gli introiti per la vendita dei diritti e della raccolta di sponsor. Tutto questo fa nascere il sospetto che ci sia un conflitto di interessi economici, una comunione di interessi tra Uefa ed Eca che spinge per i cambiamenti cari ai club più ricchi e importanti.
La SuperLega ha aperto di fatto una lotta serrata tra aristocrazia e borghesia, in cui l’Europa del calcio si è subito schierata. Francia, Spagna, Italia e Inghilterra si sono pronunciate.
Il direttore generale della Ligue 1 Didier Quillot, parlando della SuperLega, aveva detto nei giorni scorsi all’Equipe «è un piano pensato per le grosse cilindrate del Vecchio Continente», non a caso l’unica squadra favorevole in Francia è il PSG che, ha continuato «con l’aumento delle partite di Coppa potrebbe arrivare a disputare tra i 70 e gli 80 match l’anno, significa che finirebbe per schierare la squadra A in Champions e la B in campionato, con un’inevitabile enorme perdita di attrazione della Ligue 1».
Dalla Spagna anche Tebas, definito da Cairo troppo diplomatico, ha sottolineato come il progetto della UEFA presentato a Nyon ricalchi quello dell’ECA: «L’Uefa lo ha fatto proprio».
In Italia sono servite a poco le rassicurazioni dell’Ad della Lega De Siervo al termine dell’assemblea della Lega Serie A:
«Per il ciclo 2024-27 i week end saranno ancora dedicati ai campionati nazionali. Per il resto c’è un progetto definito, a parte dei dettagli, con un sistema di competizioni europee collegate: una Champions a 32 squadre, una seconda competizione a 32 e una terza a 64, con promozioni e retrocessioni all’interno delle Coppe. Il progetto è definito, mancano dei dettagli. Ci è stato detto che può essere migliorato con i suggerimenti di tutti. L’obiettivo della nostra Lega è che il criterio del merito non esista solo all’interno della competizione, ma debba essere in maniera più larga possibile collegato al campionato nazionale. E’ positivo il giudizio sul metodo, per la prima volta la Uefa apre al confronto con le varie componenti in una logica di consultazione. Spero vivamente che si possa arrivare a una soluzione positiva con la collaborazione di Ceferin e Agnelli»
Una posizione troppo morbida, come sottolinea Cairo, che non tutela il nostro campionato, anzi lo darebbe in pasto agli interessi dei più forti. Il presidente del Torino non ha lesinato commenti e affondi. «Dobbiamo combattere con tutte le nostre forze perché questo progetto non venga realizzato», un progetto inaccettabile, studiato per i ricchi a vantaggio dei ricchi che non tiene assolutamente in conto dei meriti acquisiti sul campo.
«Sosteniamo da tempo che le risorse andrebbero distribuite più equamente, come ci insegna la Premier League che non a caso è diventata un modello di successo, e dovremmo accettare un sistema ancor più squilibrato? Io fossi nella Premier, farei la Brexit del calcio»
Cairo esplicita il sospetto che ci sia un ragionamento di interessi e che ECA e UEFA abbiamo confezionato la SuperLega a misura e si siano fatte prima i conti tra di loro per avere la sicurezza di avere gli appoggi alla loro proposta
«I top club hanno la maggioranza dappertutto: nel board dell’Eca, dove sono 9 su 15, e nel Comitato Uefa, dove 13 voti su 18 sono espressione dell’Eca, e sette di questi dei top club. Considerato che solitamente l’Esecutivo si limita a ratificare quanto proposto dal Comitato è facile concludere che così c’è un problema di democrazia. Come ha detto Tebas, è innanzitutto la governance del calcio che va cambiata»
Non hanno spostato gli equilibri nessuno le dichiarazioni rilasciate ieri da Andrea Agnelli, il presidente della Juve e guarda caso anche dell’ECA, alla riunione della Lega:
«Non dimentico di essere italiano, non ho alcuna intenzione di indebolire la Serie A. Il mio obiettivo è ottenere il meglio per tutti»
Non ha convinto la sua rassicurazione sul fatto che le informazioni diffuse sulla riunione di Madrid non sarebbero veritiere, nulla è stato già deciso, secondo Agnelli, e tutti possono partecipare alla costruzione della nuova Champions. La risposta è arrivata dal presidente della Lazio Lotito che ha sottolineato «la necessità di preservare i valori dello sport e dei campanili».