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Il seminario alla Federico II: «Volete fare i giornalisti? Se non avete passione, evitate»

Primo appuntamento al Dipartimento di Scienze sociali col “Sport, giornalismo, comunicazione”. Quali sono le basi immodificabili di una professione in evoluzione

Il seminario alla Federico II: «Volete fare i giornalisti? Se non avete passione, evitate»

Si è inaugurato ieri, venerdì 1° marzo, il ciclo di seminari “Sport, giornalismo, comunicazione” al Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con un primo incontro dedicato al giornalismo sportivo, agli scenari in cui si colloca la professione e ai suoi possibili sviluppi. L’iniziativa è nata dalla richiesta avanzata da un numero considerevole di studenti interessati al tema; richiesta prontamente accolta dai rappresentanti che, in collaborazione con i ricercatori Luca Bifulco e Francesco Pirone, hanno messo a punto un progetto di didattica integrativa che si svolgerà nei prossimi due mesi con appuntamento settimanale.

A fare gli onori di casa e condurre la prima giornata è stato Luca Bifulco, docente di Sociologia generale e Sociologia dello sport che, insieme al docente di Sociologia II Francesco Pirone, riflette da anni sui legami tra pratica sportiva e teoria sociologica, sullo statuto dello sport nelle società moderne e contemporanee e sulle sue relazioni con la sfera economica, politica e mediatica. A dispetto di una certa indifferenza delle scienze sociali nostrane nei confronti del tema, i due studiosi hanno invece ben chiaro che il fenomeno sportivo getta luce sui meccanismi dell’integrazione e del conflitto sociale e che pertanto si impone come oggetto legittimo di indagine scientifica e accademica. “Quando abbiamo iniziato ad analizzare da un punto di vista sociologico lo sport e il calcio” ha affermato Bifulco “si sono manifestate delle resistenze; a differenza del mondo anglosassone, in cui da tempo ci si dedica sistematicamente al tema, in Italia si fa più fatica, ma l’attenzione sta crescendo”.

Esponenti autorevoli della comunicazione sportiva locale – la giornalista di Canale 21 e membro dello staff dell’Ufficio Comunicazione “Federico II” Francesca Fortunato, l’inviato del Corriere dello Sport Antonio Giordano, il direttore del Napolista Massimiliano Gallo, il giornalista di Radio CRC Marco Giordano – hanno partecipato e animato il dibattito, catturando l’attenzione del nutrito uditorio. Gli ospiti sono stati esortati a raccontare la propria esperienza come giornalisti sportivi e a esporre la propria visione circa la professione in totale libertà, muovendo dalla constatazione che, in una società sempre più mediatizzata, i repentini sviluppi tecnologici hanno impattato sugli assetti tradizionali anche della macchina sportiva, considerazione ribadita anche da Bifulco: “sta cambiando il circuito canonico dell’informazione insieme ai classici meccanismi della mediazione: oggi tutti possono produrre informazione, non solo i professionisti”.

Tra i temi emersi, particolare attenzione è stata dedicata allo statuto della notizia e alle modalità della sua copertura. “La notizia è ovunque” ha sostenuto Massimiliano Gallo, “il giornalista deve riuscire a cogliere in qualsiasi evento quel processo che è la notizia”. Il discorso si è poi spostato sulle molteplici sfaccettature che rientrano nel termine ombrello di “professione giornalistica” e sui rapporti con il tipi di medium e di sport che prevedono formati, codici, tempi diversi. Francesca Fortunato ha insistito sul carattere di “lavoro di squadra” in riferimento all’esperienza di conduzione del notiziario Campania Sport, che presenta “ tempi di assimilazione, approfondimento e verifica delle notizie molto distanti da quelli del giornalista che scrive in solitaria ed è costretto a coprire le notizie a tambur battente”.

Un tema comune a tutti i relatori è stato quello della vocazione che spinge a consacrarsi al giornalismo. Lapidario Antonio Giordano su questo: “fate i giornalisti solo se sentite il fuoco sacro della passione”. E Massimiliano Gallo ne ha parlato addirittura in termini di tarlo: “si sceglie questo lavoro solo se ne si è irresistibilmente attratti, se c’è adrenalina, emozione, altrimenti non lo si può fare”. Considerazioni rimarcate anche da Pirone, in questi termini: “emerge dai discorsi una prevalenza della dimensione espressiva su quella strumentale, si sceglie la carriera giornalistica in prima istanza per autorealizzazione e non per ritorno in termini economici o di prestigio”.

Fulcro del dibattito è stato il calcio, sport che domina il panorama mediatico italiano e che nella sua trasversalità è capace di connettere pubblici diversi appartenenti a fasce socioculturali anche molto distanti, oltre a configurarsi sul piano internazionale come una delle dimensioni precipue dell’economia contemporanea. Ancora, sulla questione del retrobottega e della macchina industriale che opera dietro queste figure di grande rilevanza pubblica, si è convenuto sull’importanza di indagare i rapporti tra sport e giornalismo al fine di sviscerare l’interdipendenza tra l’industria sportiva e il mercato della notizia.

Non sono mancate riflessioni circa il rapporto tra giornalismo e Università e la necessità di incontro e dialogo sistematici, poiché, come sostenuto da Pirone: “possono essere fecondi l’uno per l’altra”, in quanto rivolti entrambi all’ambito del ‘sapere’, anche nell’accezione del ‘sapere cosa accade nel mondo’”. È ciò su cui aveva già insistito anche Marco Giordano affermando che “il giornalista è un ponte tra la fonte e il pubblico e bisogna pensare alla professione di giornalista sportivo come a quella di uno scienziato, andare in profondità, dire qualcosa in più”, onde evitare di cadere in commenti triti e frasi ad effetto che non dichiarano nulla se non la propria natura di luoghi comuni. Sulla preziosità della conoscenza si è espresso anche Antonio Giordano, il quale ha suggerito agli studenti che abbiano intenzione di intraprendere questo mestiere di “lavorare su se stessi, impegnarsi nello studio, nell’empatia, nel rigore, senza mai piegarsi, per crescere in credibilità”. E sulla questione cruciale del futuro della professione: “è un mestiere che non finirà mai, ci sarà sempre chi dovrà raccontare e chi vorrà ascoltare”.

A conclusione, le parole di Francesco Pirone, che ha tirato le somme di questo primo incontro, sintetizzando i temi emersi e offrendo le sue chiavi di lettura di impronta sociologica (in particolare, riprendendo la definizione di Giordano del giornalismo come ‘mestiere’): “la dinamica artigianale del saper fare, dello scendere sul campo”, inquadrando l’attività giornalistica a metà strada tra la dimensione un po’ astratta della ‘professione’ e quella più concreta del ‘mestiere’.

Nel complesso, la competenza e la serietà dei relatori non hanno impedito di mantenere un tono piacevole, una discussione dal piglio talvolta goliardico, con momenti di distensiva ilarità, in tutta coerenza con l’oggetto dell’incontro: lo sport è pratica professionale ma altresì leisure, attività ludica, gioco.

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