Una favola che sa di primavera e di quasi estate e che ci parla della vocazione di un ragazzo che suona per vivere e con amore
Un ragazzo bosniaco
Ritorna Vincenzo Gambardella, lo scrittore napoletano di stanza a Milano, che seguiamo da anni per la sua versatilità di scritture e temi e generi, ma che hanno sempre alla base come una sorgente spirituale la Città di Napoli. Ora in libreria c’è “Mi chiamo Ivan Mutiach e vengo di Sarajevo (pagg. 110, euro 11.90: Il seme bianco)” una favola che narra di un ragazzo bosniaco che quindicenne si ritrova, dopo una fuga dalle bombe di Sarajevo ed un fantomatico viaggio al di sotto di un camion, nella Città partenopea. Non ha più i genitori ed i fratelli ma li porta nel cuore. Ad una lotteria a Piazza Cavour vince una chitarra Fleta ed insieme ad Alex ed agli altri amici di un gruppo musicale diviene esperto nell’arte della posteggia. Le sue sono dita spirituali, glielo diceva il padre, che gli ha insegnato a suonare; e pur non conoscendo la musica impara presto perché “chi suona vive”.
Ma viene costretto ad andare a Milano perché fugge dai suoi nuovi genitori affidatari e viene portato in una Comunità che si affaccia sul cavalcavia della Ghisolfa. La mattina va a Scuola e lì conosce Nicolao un prof di musica che ha le scarpe con il puntale di ferro e che gli fa conoscere Django Reinhardt e che tenta di insegnargli a leggere la musica, La mattina è a scuola e di pomeriggio è in Comunità con Lorena e Fabrizio, Bongiovanni I e II. Ma la sua vita è la strada e girando con il suo amico scapestrato Raul conosce la clarinettista Monia e suo fratello, il fisarmonicista Laszlo. La nostalgia di Napoli e di Alex viene sostituita da una rabbia immaginativa che lo fa scappare per improvvisare nuova musica e capire il jazz. Intanto abbraccia per la prima volta Monia e capisce quando Alex gli diceva che quando si abbraccia una donna si comprende tutto il mondo.
La lingua di Gambardella ha il ritmo della musica di Ivan che trasforma il sangue in milioni di formiche ed ingrandisce il cuore: la chitarra prende la loro forma. Una favola che sa di primavera e di quasi estate e che ci parla della vocazione di un ragazzo che suona per vivere e con amore, cercando la fortuna di Dio e dei suoi genitori morti nella neve a Sarajevo.