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Huffington Post: Tony Blair prossimo boss della Premier League?

Un’ipotesi fantasiosa, che però nasconde anche velleità politiche: l’ex primo ministro inglese lavora da un decennio come consulente d’affari.

Huffington Post: Tony Blair prossimo boss della Premier League?

Una possibilità concreta

«L’ex primo ministro britannico, Tony Blair, a capo della Premier League. Quella che potrebbe sembrare una boutade di fine estate o, peggio, una fake news è in realtà una possibilità concreta». Comincia così il pezzo di Francesco Caremani e Diego D’Ippolito su Huffington Post, e ovviamente si parla della possibile nomina dell’ex primo ministro inglese come boss del più importante campionato di calcio del mondo.

L’articolo racconta l’ascesa e la caduta politica del leader laburista, inquilino di Downing Street dal 1997 al 2007. Oggi, secondo le indiscrezioni in arrivo dall’Inghilterra, potrebbe essere lui a guidare la Premier League verso il futuro. Dal punto di vista calcistico, Blair è «tifoso tiepido del Newcastle United», tanto da commettere alcune gaffe storiche, evidentemente dovute a «eccessi di protagonismo» e mancata contestualizzazione storica. In corsa per la poltrona di boss della Premier ci sarebbero anche Gavin Patterson, ex capo del BT Group, operatore telefonico privato britannico, e Barney Francis, managing director di Sky Sports.

Il lavoro

Che tipo di lavoro aspetterebbe Blair? Leggiamo: «La poltrona di Scudamore fa gola per lo stipendio che si aggira intorno al milione di sterline l’anno. Ma porta con se tante responsabilità e un grande interrogativo. Richard Scudamore ha guidato la Premier League per vent’anni, governandone la trasformazione e l’espansione, soprattutto economica, portando i diritti televisivi dai 670 milioni di sterline del 1999 ai 5,14 miliardi di oggi. Per un campionato che non ha mai conosciuto crisi, in questo senso, sono in tanti a chiedersi quanto potrà espandersi ancora o se incontrerà momenti di flessione che andranno saputi affrontare con autorevolezza e competenza».

«Secondo alcuni dirigenti Tony Blair sarebbe l’uomo giusto, dimenticando che ha concluso l’incarico di primo ministro un anno prima dell’inizio della grande crisi economica. Nel suo curriculum restano però Però di affari Tony Blair se ne intende e anche se la sua società, la Tony Blair Associates, non esiste più, rimangono nel suo curriculum una decina di anni tra consulenze, ricchissime conferenze e una rete di contatti forti da mettere a disposizione. Un lungo periodo trascorso come consulente per importanti banche di affari come la Jp Morgan; aziende e politici e Paesi come Kazakistan, la Mongolia, Abu Dhabi, il Kuwait».

Responsabilità (anche politiche)

Il pezzo di HP racconta la netta superiorità economica della Premier su tutti gli altri campionati, snocciola cifre, spiega come il campionato inglese sia un business dall’appeal incommensurabile. Allo stesso tempo, però, scrive che questa innovazione «ha preso il sopravvento sulla tradizione». Forse troppo. Tanto che «molti fan del ‘vero’ calcio inglese seguono il Championship e i campionati minori, tra fame di genuinità e quel senso di primogenitura che fa molto radical chic, con pinta di birra al posto dello champagne».

E allora qui si apre (riapre?) uno scenario politico interessante, anche per Blair. Perché in ballo c’è anche un provvedimento importante, molto caro ai laburisti. Leggiamo: «Da anni, infatti, si parla, per alcuni settori dello stadio, di tornare a tifare tutti in piedi come una volta. Gli impianti inglesi oggi non sono solo il frutto dell’evoluzione economica e mediatica del calcio, sempre più patinato, ma anche del dopo Hillsborough, con il rapporto Taylor da una parte e la ferrea volontà della conservatrice Margaret Thatcher dall’altra. Rimettere mano alla regola del tutti seduti non sarà facile. Chi avrà la meglio potrebbe ritrovarsi con un interessante bacino di voti in mano. Secondo un sondaggio redatto dalla Football League il 94% dei tifosi inglesi è favorevole al cambiamento». Insomma, ci sono tante sfumature dietro una candidatura che sembra assurda. Ma che in realtà non lo è, perché è fondamentalmente politica.

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