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Bucci: «Non concepisco gli allenatori dogmatici, e Ancelotti non lo è. C’è un clima positivo nel Napoli»

Intervista con lo storico allenatore della Virtus, in questi giorni a Dimaro: «Lo vedo contento, sta curando ogni particolare. Se i napoletani glielo consentiranno, si vivrà la città»

Bucci: «Non concepisco gli allenatori dogmatici, e Ancelotti non lo è. C’è un clima positivo nel Napoli»
Carlo Ancelotti a Dimaro col suo amico Alberto Bucci

Lo scudetto perso perché non c’era il Var

C’è un grande dello sport italiano che si aggira per Dimaro, non solo della pallacanestro. È venuto a trovare il suo amico Carlo Ancelotti. Alberto Bucci da Bologna, sessant’anni, vincitore di tre campionati italiani con la Virtus Bologna e uno perso all’ultimo secondo con l’Enichem Livorno a causa di una decisione arbitrale che ancora oggi fa discutere: l’ultimo canestro non venne convalidato e vinse Milano. «Allora non c’era il Var – ricorda Bucci – l’arbitro era impegnato in due situazioni, non era attento. Capitò anche dell’altro, un giocatore – Forti – giocò dodici minuti con cinque falli. C’erano le condizioni per ottenere la ripetizione della partita. Ma nello sport sono cose cose che succedono, bisogna saper accettare anche questo».

Alberto Bucci tutto quello che ha ottenuto, se l’è conquistato. Ha dovuto convivere sin dall’età di sei mesi con un’infezione al piede che gli ha impedito di giocare. Sia a calcio sia a basket. «Se avessi potuto, avrei fatto l’allenatore di calcio. Sono un grande appassionato, ma è impossibile diventare allenatore di calcio se non hai mai giocato. Ricordo la battuta di Sacchi quando disse che per diventare fantini non c’è bisogno di essere stati cavalli». Anni dopo, ha dovuto fronteggiare un tumore all’intestino e ancora sta combattendo contro questo male: «Nella vita il passato non conta, piangersi addosso non risolve i problemi. Io ho la mia vita e voglio viverla bene, mi impegno al massimo per riuscirci».

Bucci a Dimaro è venuto a trovare il suo grande amico Carlo Ancelotti. «Ci siamo conosciuti dodici anni fa, alla presentazione della squadra di basket a Reggio Emilia. Come si dice in questi casi, ci siamo piaciuti subito. È scattato il feeling e non ci siamo più perduti. L’ho seguito ovunque, al Milan come al Chelsea, a Parigi, a Madrid a Monaco. E adesso qui al ritiro del Napoli. È un rapporto che si basa sulla condivisione di valori che per noi sono importanti. I valori sono tutto nella vita. C’è anche una sintonia caratteriale. Ero un allenatore schivo, non amavo la ribalta sempre e comunque, al termine della partita cercavo di scappare, non ambivo a essere sempre al centro dell’attenzione. Ancelotti è come me, vuole vivere in maniera normale il rapporto con le persone. Alla base di tutto c’è il rapporto umano».

Alberto Bucci con Roberto Brunamonti

Ambiente positivo

Bucci ha parole di grande elogio per l’atmosfera che ha trovato: «C’è un ambiente bellissimo a livello dirigenziale, societario. C’è grande affiatamento. Gente positiva, sorridente. Sono caratteristiche che fanno molto bene a una squadra, a un gruppo. È fondamentale circondarsi di persone positive. Il clima si riverbera poi in mezzo al campo. Ho visto gli allenamenti. Carlo sta lavorando bene».

Bucci descrive un Ancelotti contento: «È soddisfatto, contento di viversi ogni minuto di questa avventura col Napoli. Erano nove anni che non svolgeva un precampionato così. Ha allenato sempre squadre che andavano all’estero per tournée. È invece tornato a un ritiro tradizionale, lo sta vivendo con passione e attenzione. Sta curando in maniera capillare ogni dettaglio. Ecco, qui al Napoli ho trovato grande concentrazione da parte di tutto lo staff. Anche i portieri si stanno allenando con attenzione, senza trascurare alcun particolare».

«Non parla mai del passato, non si culla sugli allori»

Descrive Ancelotti come un uomo «sempre concentrato sul presente e proiettato sul futuro. Non parla mai del passato, non racconta i suoi successi. Bisogna sempre guardare avanti, quel che hai fatto nel passato non conta. È anche per questo che ha scelto Napoli. In tanti, anche lei in quest’intervista, ha sottolineato che Ancelotti ha vinto più del Napoli. È vero ma non conta, conta quel che ti scatta dentro quando il cervello si collega al cuore e vien fuori l’emozione. È l’emozione che ha portato Ancelotti al Napoli, si è entusiasmato per quest’avventura».

«Ha voglia di viversi la città»

Bucci racconta che «Carlo ha voglia di viversi anche la città. Le dico una cosa: se a Napoli per strada non sarà assalito, lo vedrete spesso in giro per la città. Ovviamente un saluto, un autografo. Se avrà la possibilità di poter passeggiare e godersi Napoli, lo farà con entusiasmo».

Uno dei simboli della Virtus Bologna racconta che anche nel basket ci sono i ritiri. «Sono momenti importanti soprattutto per cementare il gruppo. Deve crearsi l’armonia trai giocatore, l’allenatore e lo staff. È importante che ogni malinteso venga risolto, anche attraverso confronti duri. L’importante è che siano improntati alla sincerità e al desiderio di superare i conflitti. Guai a mantenere qualcosa dentro, quel qualcosa rischia di crescere giorno dopo giorno e poi finire col creare problemi seri».

«Un allenatore non deve avere un solo modo di giocare»

Gli chiediamo se ci sono affinità tra lui e Ancelotti, anzi a dire il vero gli abbiamo chiesto se lui non fosse un allenatore più innovativo rispetto a Carlo. Lui nega e sposta il discorso su un altro aspetto. «Un allenatore dev’essere bravo a calarsi nella realtà che va ad affrontare. Deve trarre il meglio dal materiale che ha. Non ho mai concepito quei tecnici che impongono la loro pallacanestro o il loro calcio. Che significa? Non posso proporre il minestrone di verdure a prescindere dagli ingredienti che ho. Se ho le verdure, va bene. Ma se ho pesce e carne, sarebbe assurdo farlo. Non condivido il concetto che quella squadra è lo specchio di un determinato allenatore. Un tecnico deve offrire i propri ingredienti ai calciatori, questo sì ma poi ciascuno metabolizza gli alimenti a modo suo. Per il mio modo di allenare, non esiste dire a un giocatore: “o fai così o non giochi”. Per me, quelli sono allenatori limitati. In questo, Ancelotti e io siamo simili, abbiamo la stessa visione».

«Non cerca mai alibi»

Descrive Ancelotti come «un allenatore cui piace infondere i suoi principi calcistici, ma poi ama anche lasciare al calciatore la sua libertà. Gli piace giocare, ma anche far giocare. Gli piace il calciatore che sa prendersi anche la sua libertà e le sue responsabilità. Non a caso, Carlo è un allenatore che ha vinto ovunque sia andato. Ha stabilito dei record che vengono sottovalutati. A Madrid ha vinto 22 partite consecutive, non so se mi spiego, oltre ad aver vinto quello che ha vinto. Col Chelsea ha stabilito il record di gol fatti nel campionato inglese (quest’anno battuto dal City di Guardiola). Capisci la sua forza perché è un uomo di sport che non cerca mai alibi. E quando grida, lo fa solo nel chiuso dello spogliatoio. All’esterno difenderà sempre la squadra e ogni singolo giocatore».

Lui e Ancelotti conversano anche di calcio. «Gli dico le mie idee, ovviamente lui trattiene quel che condivide e il resto lo butta».

Danilovic

Gli lanciamo una provocazione. E gli facciamo notare che forse in questo Napoli ad Ancelotti manca Danilovic. «Eh Danilovic. È il più grande giocatore che io abbia mai avuto. Un leader vero. Nello spogliatoio si faceva sentire. Ma voglio dire una cosa. Nella vita bisogna anche adattarsi, e non è detto che un grande campione faccia sempre la differenza. Occorrono sempre voglia e determinazione per raggiungere i risultati. È quella la base, e Ancelotti lo sa bene».

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