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Riuscirà Insigne a trasformarsi da magnifico ingranaggio in compositore?

Da Sarri ad Ancelotti, come potrà cambiare il modo di giocare del più talentuoso calciatore del Napoli. Che a volte sembrava che stesse per trasformarsi in una macchina sparapalloni

Riuscirà Insigne a trasformarsi da magnifico ingranaggio in compositore?
Lorenzo Insigne (Hermann)
Il testo che leggete sotto è tratto dalla prima puntata della “Guida al Napoli di Carlo Ancelotti“, pubblicata qui questa mattina. Uno dei tre autori, Charlie Repetto, ha parlato della possibile evoluzione di Lorenzo Insigne in relazione all’arrivo in panchina del tecnico di Reggiolo.

In questi tre anni di Sarri abbiamo visto la rosa del Napoli confrontarsi sempre con lo stesso sistema, e questo ha finito per farci credere che i calciatori azzurri non avessero nessun’altra qualità oltre la capacità di eseguire con precisione uno spartito perfetto. Si tratta di un pensiero estremo e irrealistico: non è vero che la rosa del Napoli è solo un assemblaggio di ottimi turnisti che salgono sul palco per eseguire le canzoni degli altri. Ci sono giocatori dalle caratteristiche uniche, c’è molto talento individuale declinato sotto varie forme. Insigne rientra pienamente in questo discorso, e ora sarà ancor di più il leader tecnico e spirituale di questa squadra.

Per via delle ovvie ragioni geografiche, del probabile abbandono di Hamsik; perché è semplicemente il calciatore col talento più puro dell’organico. E perché se a Napoli vedi un bambino con addosso la maglia del Napoli è molto probabile che ci sia il 24 stampato dietro.

Un giocatore migliorato

Se guardiamo agli cinque anni, Insigne è quello che in senso assoluto ha mostrato i miglioramenti più evidenti. Ha avuto ottimi maestri, ma ci ha messo molto del suo. Ve lo ricordate al suo ritorno da Pescara? Avevamo addirittura dei dubbi sul fatto che potesse essere un calciatore professionista. Ora è una delle ali più professionali del calcio mondiale: è associativo, talentuoso, sa gestire le energie lungo l’arco della partite ed è attento alla fase di non possesso. Ha anche ampliato il suo bagaglio di soluzioni sotto porta (ora prova anche a sorprendere il portiere sul primo palo o con il drop al volo). Questi sono sintomi di una crescita mentale prima che tecnica.

Ora è giusto porsi una domanda: Insigne sull’esterno, in una squadra tra le più rigorose e meccaniche della storia del calcio, è riuscito a prendersi quello che gli serviva. È riuscito ad acquisire il rigore e la regolarità nelle giocate che serve ai campioni, ha imparato a mettersi al servizio di un fine più grande di lui. Come giocatore ha guadagnato tanto dal sistema in cui era immerso. Però quanto quel sistema gli ha poi anche tolto?

La macchina spara-palloni

Alcune volte durante questa stagione abbiamo avuto l’impressione che Insigne stesse finendo per trasformarsi in una di quelle macchine che sparano i palloni durante gli allenamenti: il lancio ad aprire a destra, il muro per fare l’uno-due rapido con Mertens, il tiro a giro sul secondo palo. Stava finendo per diventare uno specialista. Uno che fa un paio di cose estremamente bene ma che è costretto a ripeterle ad oltranza perché ha finito per disabituarsi all’utilizzo della creatività.

Ed è un peccato perché Insigne è un giocatore molto creativo: vede gli spazi in un altro modo e ha le qualità tecniche per lanciare i compagni in profondità; è sensibile in vari punti del piede e non ha paura dei fischi. Ora avrà anche la possibilità di giocare da leader tecnico in un sistema che gli permette di provare a fare molto altro e di dimostrare il suo talento.

Il resoconto stagionale di Insigne, con la musica truzza

Facciamo così: Insigne ha attraversato cinque anni di apprendistato in bottega. Se è vero che la gavetta è quel periodo in cui smetti di fare le cose che ti piacciono per tornare a farle più avanti nella tua vita con più cognizione di prima… allora è arrivato il momento per Insigne di accantonare la gavetta e tornare a fare quello per cui è nato: servire assist inspiegabili ai compagni, far risplendere il suo talento in modi che neanche lui riesce più ad immaginare. E magari smettere di guardare sempre a destra con la certezza di trovare Callejon.

Praticamente, abusando della metafora musicale, gli stiamo chiedendo di smettere di essere il più bravo tra i turnisti e cominciare ad essere il primo tra i compositori. E da qui nasce una considerazione leggermente più percettiva: se esiste una sola persona che può fargli fare questo ulteriore salto di qualità, allora quella persona è proprio Ancelotti.

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