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L’addio di Rafael, simbolo dell’ultimo trofeo del Napoli

Con un’intervista a Radio Kiss Kiss Napoli, Rafael ha annunciato la fine della sua avventura azzurra. Cinque anni in rollercoaster, e l’indimenticabile notte di Doha.

L’addio di Rafael, simbolo dell’ultimo trofeo del Napoli

Cinque anni a Napoli

Una delle esperienze calcistiche più assurde di sempre, cinque anni su un vero e proprio rollercoaster tecnico ed emotivo. Rafael ha annunciato il suo addio al Napoli, l’ha fatto in diretta a Radio Kiss Kiss Napoli e ci ha strappato un sorriso. E questo “coccodrillo”, inevitabile, soprattutto perché al portiere brasiliano è legato l’ultimo trofeo sollevato dal Napoli.

La Supercoppa di Doha, ovviamente, ha fatto parte dell’intervento radiofonico di Rafael: «Ricordo il rigore di Chiellini, se segnava era finita. Poi l’ultimo tiro, quello di Padoin. Non avevo studiato i suoi rigori, ma mi sono lanciato dove mi aveva spinto il cuore. È stata un’emozione incredibile che non dimenticherò mai».

Alisson

L’operazione-Rafael fu strategicamente perfetta. Il Napoli prese Reina in prestito dal Liverpool e il portiere titolare del Santos, con tre presenze nella Seleçao. L’idea era di anticipare quanto fatto l’anno scorso dalla Roma con Alisson, l’estremo difensore brasiliano più promettente accanto a un titolare. Per crescere, per prendere le misure, per esplodere.

Stava andando proprio così: Benitez diede un po’ di spazio al ragazzo di Sorocaba, provincia di San Paolo, e il riscontro fu positivo. A Swansea, nella notte della miglior prestazione in assoluto, salta il legamento crociato del ginocchio anteriore. Ha parlato anche di questo, oggi, Rafael: «Fu un infortunio molto delicato, servì molto tempo perché recuperassi la mia forza, la mia sicurezza».

La fine (più altri tre anni)

È un processo che in realtà non è mai andato a buon fine. Rafael torna ed è improvvisamente titolare, l’addio di Reina ha accelerato il processo e si fa all-in sul brasiliano. Che è incerto rispetto alla stagione precedente, forse un po’ più pesante nella caduta, la sensazione è che ci sia qualcosa in meno. Certo, ci sono anche partite di buon livello. Doha, più qualche altra grande parata sparsa.

Ma ci sono anche gli errori, fino alla notte orrenda di Palermo: «Ho sbagliato una gara e Benitez decise di cambiare titolare, può succedere». Un uomo evidentemente sereno, Rafael. Che, da quel giorno, ha giocato solo due partite ufficiali. Napoli-Juventus, il paradosso, Serie A 2016/2017; Napoli-Spezia, Coppa Italia 2016/2017. Intorno a questi 180′, due stagioni senza mai vedere il campo: «L’unica cosa che mi dispiace è che in questi anni non ho potuto mostrare di nuovo il mio livello, spero di poterlo fare ora, che mi sento benissimo, sono al 100%. Volevo giocare, ma lo meritavano anche i miei colleghi e io ho sempre rispettato con gioia le decisioni del mister». Ripetiamo: Rafael è un uomo sereno.

L’immagine

Cosa lascia Rafael? Una Supercoppa col suo nome inciso sopra, anche se non si legge, accanto a quello del Napoli. La certezza dell’incertezza, nel senso che le idee, nel calcio, si possono scontrare anche con le contingenze, con ostacoli troppo grandi per essere superati. Sì, magari Alisson era già più forte di Rafael, non c’è dubbio. Ma il progetto iniziale era identico, al Napoli è andata male e alla Roma benissimo. Succede.

Rafael lascia l’immagine di una persona perbene e simpatica, uno dei pochi che non ha mai fatto casino. Non sappiamo, per dire, chi sia il suo procuratore. Sappiamo perfettamente chi è quello di Gigi Sepe, però. Sono differenze che sembrano inconsistenti, ma che costruiscono la narrazione intorno a un calciatore. Che poi, può confermarla. Rafael l’ha fatto, salutando così i tifosi, senza rancori: «Per me l’avventura napoletana è stata un dono di Dio, ho dato il mio meglio sia in campo che in panchina per i miei compagni, vado via soddisfatto e gioioso portando tanti amici nel cuore». Obrigado, Rafael.

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