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Né provincialismo né rosa corta. Il Napoli ha raggiunto il suo obiettivo, il resto è noia

Al Napoli l’Europa League non è mai interessata (tranne che con Benitez), men che mai quest’anno. Il Napoli ha rispettato il programma che si era dato.

Né provincialismo né rosa corta. Il Napoli ha raggiunto il suo obiettivo, il resto è noia

No al dibattito sul provincialismo

Stavolta rifuggo il dibattito sulla provincializzazione. Un po’ perché sarebbe ripetitivo, tanto perché il Napoli – come stiamo scrivendo senza sosta da ieri sera – aveva un obiettivo e lo ha raggiunto. Obiettivo persino dichiarato. Sarri ha provato a salvare la faccia con le dichiarazioni post-partita che rivelano ormai definitivamente che è un comunicatore perfetto. Ha finto di essere arrabbiato, deluso. Inappuntabile. Chapeau.

Ma torniamo al punto. Il Napoli considera da sempre l’Europa League come un peso inutile. De Laurentiis, se potesse, abolirebbe la competizione. Soltanto nei due anni di Benitez, c’è stato un approccio diverso. Che, tra l’altro, ci ha consentito di essere stabilmente nei primi venti club del ranking europeo. Ma era una testardaggine dell’allenatore spagnolo. All’ambiente Napoli, dell’Europa League non è mai fregato nulla. E De Laurentiis avrebbe esultato soltanto in caso di successo finale, unicamente perché la vittoria ci avrebbe aperto le porte della Champions.

Il Napoli ha scelto dall’inizio di puntare al campionato. Con una coerenza ferrea. Sarri ha schierato i titolarissimi contro il Benevento e aperto al tuner over in Champions contro lo Shakhtar. Ed eravamo all’inizio della stagione. Figurarsi contro il Lipsia, a metà febbraio, quando siamo in testa alla classifica con un punteggio record e un punto di vantaggio sulla Juventus. La polemica non sta in piedi. Tra l’altro, la scelta compiuta dalla squadra è ampiamente condivisa dalla tifoseria. Si può essere d’accordo o meno, a Napoli esiste lo scudetto. E basta. Di quella Coppa Uefa vinta nel 1989 la partita che viene ricordata con più emozione è quella vinta 3-0 contro la Juventus con gol di Renica al 119esimo. La malattia di Napoli si chiama Juventus. Si può essere d’accordo o meno (io non sono d’accordo), la realtà è questa.

Il punto non è la rosa corta

Bisogna prendere atto del contesto. E farci pace. Così come bisogna prendere atto delle priorità che si dà un club. Fatta eccezione per la forzatura di Benitez, per il Napoli l’Europa League è sempre stata un peso. Poi qualcuno si appiglia alla presunta rosa corta per criticare De Laurentiis. Sarebbe inutile ribattere, ciascuno resta della propria convinzione. Il Napoli sta dimostrando con i fatti che non ha affatto la rosa corta. Vogliamo anche ricordare che il Napolista fu una voce solitaria nel gridare che la partenza di Higuain non fosse affatto un dramma. I fatti ci hanno dato ragione. Lo stesso Sarri ha impiegato un po’ per rendersene conto, ma poi ha contribuito in maniera determinante a dimostrarlo.   

È una squadra che sta giocando senza Ghoulam: ne aveva il sostituto. Contro la Lazio, abbiamo giocato senza Albiol e Chiriches, dopo aver dato in prestito Maksimovic: abbiamo schierato il centrale numero quattro (Tonelli) e abbiamo vinto 4-1. Sempre contro la Lazio, Sarri ha tolto Hamsik (a proposito, è guarito in fretta) alla fine del primo tempo e ha messo Zielinski che è il miglior centrocampista di riserva del campionato italiano.

È una questione di tenuta mentale

Si potrebbe proseguire a lungo. Ciascuno ha diritto a sfogarsi come meglio crede. Questa rosa è corta là davanti, anche per l’infortunio di Milik. Ieri sera ha persino segnato Ounas che resta comunque leggerino e al di sotto del valore della rosa. E Giaccherini per ragioni che possiamo ritenere valide non è mai stato preso in considerazione. Sarri – ne ha dato ampia dimostrazione – lavora meglio con un gruppo fisso di calciatori. Anche qui si può discutere se sia un bene o un male. Sarebbero discorsi inutili. È la realtà. E la realtà dice che anche che con Sarri il Napoli è primo in classifica in Serie A con un punteggio record.

Non è questione di organico – ricordiamo che l’altra sera la Juventus in Champions ha portato in panchina un giovane della Primavera – è questione di concentrazione. Il Napoli ha la testa al campionato. Non vuole distrazioni. Non riesce – e lo ha confermato il tecnico l’altro giorno in conferenza – a stare con la testa su più competizioni. Lo abbiamo visto anche lo scorso dicembre. Non sto dicendo di essere d’accordo con questa scelta. Vorrei una squadra impegnata su più fronti, e francamente non considero nemmeno il campionato la competizione più importante. Ma la mia è una posizione ultraminoritaria in città.

Domenica si parlerà d’altro

Vogliamo dire che una grande squadra non esce di proposito dalla Europa League? Possiamo anche dirlo. Non c’è nulla di male: il Napoli non è una grande squadra, non è un grande club. Non è nemmeno un grande ambiente. Lo sapevamo, stanno (stiamo, tutti, si spera) lavorando per diventarlo. Però, ovviamente, ciascuno va giudicato in base ai propri obiettivi. Quando vinse il campionato, il Milan di Sacchi uscì presto dalla Coppa Uefa. E negli anni dei trionfi europei – sempre con l’Arrigo – non ha mai vinto lo scudetto.

C’è solo da fare i complimenti al Napoli che ha rispettato in maniera scientifica il programma che si era dato. Poi, come ha detto Sarri alla vigilia, bisogna riflettere e avviare un percorso di crescita. Adesso, per il club e per l’ambiente la priorità è un’altra. E la squadra non si è lasciata distrarre. Domenica si parlerà d’altro.   

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