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Tassinari, il fascismo dell’anima e «la Cgil che si oppone alla legalità come Autonomia Operaia»

Il caso Norberto Gallo. L’intervento a Radio Shamal del giornalista qualche modo ha provocato il caso politico. Le riflessioni di chi, dopo aver vissuto l’estremismo di sinistra, ha studiato quello di destra.

Tassinari, il fascismo dell’anima e «la Cgil che si oppone alla legalità come Autonomia Operaia»
Ugo Maria Tassinari

Il caso Norberto Gallo

È calato il silenzio sulla vicenda che vede contrapposti il segretario della Flc Cgil Scuola di Napoli Norberto Gallo e il sindacato di Susanna Camusso. L’ultimo atto ufficiale è il provvedimento del giudice della settima sezione (ex  fallimentare) del Tribunale di Napoli che ha accolto il ricorso di Gallo e ne ha disposto il reintegro nel suo ruolo di segretario. Notifica – non è propriamente una sentenza – che la Cgil ha deciso di ignorare, come risulta da un comunicato ufficiale. Concetto ribadito a Radio Shamal da uno storico dirigente della Cgil come Michele Gravano.

Gallo fu espulso – anche se il termine non è corretto, diciamo che è stato dichiarato mai iscritto alla Cgil – dal sindacato per aver dato la propria adesione a partecipare (in veste di giornalista di sinistra) a un’intervista doppia a Stefano Delle Chiaie  su Avanguardia Nazionale. E inoltre ha partecipato a Radio Shamal, sempre in qualità di giornalista, a un’intervista a Franco Freda. Due passaggi che secondo la Cgil hanno fatto venire meno in Gallo uno dei principi base della Cgil e cioè l’antifascismo.

Uno dei protagonisti, sia pure involontari, della querelle è il giornalista napoletano Ugo Maria Tassinari che negli anni Settanta  fu protagonista dell’estrema sinistra e che poi, da giornalista, è diventato uno studioso dell’estrema destra italiana ed è diventato un importante punto di riferimento dal punto di vista storiografico nonché politico.

E proprio in quanto “responsabile” della vicenda che ha portato all’allontanamento di Norberto Gallo dalla Cgil, che Radio Shamal – in studio Mario Colella, Massimiliano Gallo, Giuseppe Parente – ha intervistato Tassinari. Partiamo dal commento del provvedimento.

Sentenza

Tassinari ha letto l’atto del giudice della VII sezione, specializzata in diritto societario, del Tribunale di Napoli ed esordisce così. «Abbiamo il paradosso di un sindacato maggioritario che si esalta e si celebra per essere stato protagonista di grandi campagne per la legalità, mentre in questo caso, esplicitamente, annuncia e rivendica la legittimità di opporsi a una ordinanza esecutiva. Insomma, la legittimità che invocano è contro la legalità, una scissione che quarant’anni fa operava, né più né meno, Autonomia Operaia. Posizione che può avere anche una sua dignità, teorica e pratica, in nome della resistenza all’ingiustizia, basta che non si pretenda di farla passare per rispetto della legalità. Mi spiego. Per me, la legalità non è un valore e potrei parlare a lungo per suffragare questa mia opinione. Ma non stiamo parlando di me, stiamo parlando della Cgil e io ho ascoltato per decenni tanti leader sindacali, da Lama a Camusso, affermare che la legalità è un valore. Ebbene oggi legalità è reintegrare Norberto Gallo. Il discorso di legittimità, ripeto, è un’altra cosa».

Cosa dice il giudice

Prosegue Tassinari: «Il problema vero e drammatico è questo giudice, che è davvero un signore giudice, scrive una cosa precisa e cioè che la Cgil ha violato le sue stesse norme. Che il procedimento in base al quale Gallo è stato espulso (o meglio, dichiarato mai iscritto) non sta in piedi. Non si può cacciare una persona dalla Cgil senza dargli la possibilità di difendersi. Tant’è vero – prosegue – che c’è un passaggio in cui sottolinea che ove mai si arrivasse alla conclusione che c’è stata una condotta scorretta da parte di Norberto Gallo, la sanzione è clamorosamente sproporzionata. Non sono state rispettate le regole interne della Cgil».

Gravano

Tassinari commenta le parole di Gravano che è intervenuto a Radio Shamal: «Mi hanno sorpreso, ricordo Gravano come una persona seria, rispettabile, stimata. Ha parlato di ingerenza  del giudice. È imbarazzante questa resistenza da parte di un soggetto (la Cgil) che non rispetta nemmeno le proprie regole.

«Io credo che quella della Cgil sia una scelta politica, dura, frontale. Gallo non rientrerà mai nella sua carica di segretario. L’unica soluzione è quella economica. La Cgil la pagherà anche in termini di credibilità. È una vicenda che non può non lasciare il segno. Qualcuno lo farà notare alla Cgil quando, in veste di sindacato, chiederà il rispetto di un’ordinanza per il reintegro di un lavoratore. Secondo me quella della Cgil è una posizione brutta, oltre che stupida».».

Come è nato il caso

Tassinari ricorda il suo ruolo in questa vicenda.

«Purtroppo la mia storia personale è alle origini della vicenda di Norberto. Tutto il casino è nato perché nella mia vita di studioso dei fenomeni di estrema destra mi sono dato una semplice ma ferrea regola di ingaggio e cioè di scrivere il meno possibile di quel che accadde in quegli anni a Napoli. Il motivo è ovvio: avendo io preso a parte a quegli avvenimenti, dall’altre parte della barricata, ho sempre ritenuto di non avere sufficiente distacco emotivo per non essere partigiano. E riconosco il diritto ai miei compagni di un tempo di non condividere la mia scelta di riconoscere il diritto di parola ai fascisti e quindi di accettare il confronto. Quindi, nel momento in cui l’intervista doppia a Stefano Delle Chiaie – che io e Giuseppe Parente avevamo realizzato in altre città d’Italia – ho proposto il nome di Norberto Gallo come giornalista di sinistra che potesse partecipare al dibattito. Dibattito-intervista che, ripetiamo, non si è mai svolto».

Il rapporto con l’estrema destra

Tassinari svolge in doppio ruolo in questa vicenda. Ha diciamo – enfatizzando – provocato il caso politico. Ma è soprattutto un testimone vivente della liceità di esplorazione dell’universo dell’estrema destra da parte di un giornalista con idee completamente opposte. E gli chiediamo quanto una scelta del genere gli sia costata in termini di rapporti personali e, perché no, anche di considerazione sociale. Ricordiamo che Tassinari ha svolto e svolge le sue indagini nell’universo della destra con scrupolo e rigore scientifico. Più volte sono stati i suoi scritti, sempre corredati da fatti e prove, a smontare false accuse storiche nei confronti di neofascisti protagonisti di quegli anni di lotta.

«Tranne rari casi, nessuno mi considera un reprobo»

La risposta di Tassinari si articola su diversi livelli. Prima ricorda che «i miei vecchi compagni di strada, ben conoscendo la mia natura, hanno avuto livelli diversi di complicità. Che vanno dallo zio picchiatello ad altro, ma nessuno ha mai messo in discussione la mia integrità morale anche perché si ricordano che io sono stato anche vittima della violenza fascista, fui accoltellato fuori scuola da ragazzo. È improbabile accusarmi di essere un reprobo».

«La mia è una generazione che ha, come dire, mantenuto valori tutto sommato mediamente decenti. Non si sono, non ci siamo,  completamente imbastarditi. Poi c’è il singolo miserabile o il singolo psicopatico, ma questo succede in tutti i contesti umani. E il web dà risonanza a certi eccessi. Tutti mi riconoscono che ho attraversato questo fenomeno con assoluto rigore intellettuale. Sì, è successo che qualche amico di infanzia mi ha tolto l’amicizia, ma si tratta di antifascisti duri e puri che spuntano il 26 luglio».

Il percorso autoanalitico

Tassinari mostra di essersi posto più volte la stessa domanda e di averci ovviamente ragionato.

«In me è chiaro che c’è un elemento nevrotico nella ricerca, nello studio della destra estrema. Comincio a occuparmi della violenza di destra perché, avendo praticato la violenza di sinistra, ritengo che in qualche modo in un percorso autoanalitico dovessi fare i conti con la parte oscura della forza che era in me e e che avevo attraversato e che il mio pezzo di generazione aveva attraversato. Non avendo sufficiente distacco emotivo rispetto alla mia esperienza soggettiva, ho ritenuto di attraversa questa cosa guardando l’estrema destra. Nel mio blog personale L’alterUgo ho un aforisma di Nietsche: “Se tu guardi nel profondo dell’abisso, l’abisso si specchia all’interno di te”.

«È chiaro che la ricerca e lo studio della fascisteria è un modo di riconoscere il tasso di fascismo che c’è in ciascuno di noi. Il problema vero dell’Italia è il fascismo, il fascismo che precede Mussolini, il fascismo che, come cantava Guccini, è sempre dalla parte della ragione e mai dal torto, questa dittatura feroce della piccola borghesia. Sì un fascismo dell’anima (come gli suggerisce Mario Colella) che è poi lo spirito della nazione. Io ho scelto di guardare il fascismi piatto, ho scelto di guardare l’iperviolenza e questa iperviolenza in qualche modo è un tratto comune tra l’estrema sinistra e l’estrema destra. Tesi stranamente scandalosa, tesi però che chi ha praticato la violenza riconosce come sostanzialmente vera».

C’è un fascismo dell’anima, gli chiede Colella? Oltre a quello della violenza delle spranghe, in quest’atteggiamento fariseo, piccolo borghese, ipocrita?

«Diciamo che il primo, quello delle spranghe, è un fascismo movimento e quello di cui parli è un fascismo regime, rifacendoci alle categorie di De Felice».

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