ilNapolista

«“MaLaMèNTI” non è un corto sulla camorra, è un esperimento sociologico»

Intervista al regista Di Leva premiato a Venezia che ha girato il film con un cellulare: «Un po’ per mancanza di soldi, un po’ per provocazione»

«“MaLaMèNTI” non è un corto sulla camorra, è un esperimento sociologico»

Premiato a Venezia

Un esperimento, una sfida, forse anche una provocazione. MaLaMèNTI, il corto di Francesco Di Leva, interamente girato con uno smartphone in modalità selfie, è la storia (o meglio la fine) di un’ossessione, quella di comandare, di sopraffare. Il delirio di onnipotenza che arriva fino al suo paradosso. Il potere che vincendo si autodistrugge, la smania di sconfiggere il nemico che, nel momento in cui riesce nel suo scopo, non ha più ragione di esistere, perché non ci sono più battaglie da combattere.

Reduce dalla Settimana Internazionale della Critica di Venezia 74, premiato durante il festival come “Miglior Film del Mediterraneo” dall’Unione Nazionale Cronisti Italiani in occasione del XV International Journalism & Arts Award 2017, MaLaMèNTI oggi concorre alla XIX Edizione del Napoli Film Festival, nella sezione Schermo Napoli.

Ne abbiamo parlato con il regista, Francesco Di Leva, che è anche protagonista (nel ruolo di Ciccio “o’ pazz”) insieme a Ciro Petrone (Ciruzzo “pesce bello”), dei tredici minuti prodotti da TerraNera e Parallelo 41, con le musiche di Francesco Forni e l’amichevole partecipazione di Sergio Rubini e Nicola Di Pinto.

Un’idea che avevo da bambino

Finora le tue esperienze sono state principalmente come attore, come mai sei passato dall’altra parte, perché un corto?

«Mi emozionava la possibilità di sperimentare, seppure in senso cinematografico, un’idea che avevo da bambino. Immaginavo che tutti i buoni scappassero e lasciassero soli i prepotenti. Mi chiedevo: e se i killer, i camorristi, i delinquenti attuassero l’idea di sterminare tutti i nemici, poi cosa avrebbero più da fare?  Se riuscissero nel loro intento, quello di rimanere senza rivali, senza l’oggetto della loro smania di potere, sarebbe finito il loro stesso potere. Nel mio corto Ciccio “o’ pazz” e Ciruzzo “pesce bello” sono gli unici esseri rimasti in vita, a parte un cinghiale e un asino. La loro malattia – in fondo di questo si tratta, di una follia -, li spinge a volersi scontrare con questi animali per stabilire chi deve essere il capo tra loro quattro».

Un racconto ironico sulla camorra?

«Non è un film sulla camorra, ma un esperimento di natura sociologica: prendere due uomini spietati e lasciarli completamente soli. Uomini accecati dalla sete di potere, alla continua ricerca di qualcuno da dominare. Per questo MaLaMèNTI, nella doppia accezione che il termine ha in napoletano e nel senso di menti malate».

Hai girato tutto il corto con uno smartphone. In genere proprio l’uso diffuso (e a volte indiscriminato) di questo mezzo viene considerato un po’ il nemico del professionismo. Come mai questa scelta?

«Oggi si assiste al successo del non professionismo.  Anche nella recitazione è così. Fanno gli attori i non attori. Ma ci sono lati positivi e negativi in tutto questo. Ci vuole una via di mezzo, che a volte manca. Sembra che se sei un attore non puoi fare più niente, serve a tutti i costi la novità, e va bene purché non diventi una moda. Ho voluto usare un cellulare (e un’applicazione che trasforma le immagini in cartoon) un po’ come un esperimento, un po’ per mancanza di fondi e un po’ per provocazione. Ma soprattutto perché credo fermamente che tutto dipenda da come si usa il mezzo. Ho usato un telefonino, ma con tutte le tecniche cinematografiche e tutti i criteri per fare un film. C’è poi un lavoro post produzione con persone specializzate. D’altra parte se metti uno smartphone in mano a Mario Martone, penso che potrebbe fare un capolavoro».

È vero anche che la possibilità di postare sui social foto e video può far sentire chiunque un fotografo o un regista…

«Feci un incontro con Ferdinando Scianna, maestro di fotografia e qualcuno gli chiese cosa pensava di tutti coloro che si sentivano artisti con un telefonino. Lui rispose: “io che amo la fotografia devo sperare che queste cose accadano”. Per lui è bello vedere che ci si appassiona alla fotografia. È un punto di vista interessante. Ma è vero anche che ci stiamo abituando alla non bellezza, perché non abbiamo “cura” di ciò che facciamo, non badiamo alla qualità. Giustifichiamo quello che di “non bello” facciamo, parlando di “scelta”. Un attore che recita male? Ma no, è voluto, è una scelta».

Cosa ti ha lasciato l’esperienza di Venezia?

«Una grande speranza a livello personale e anche uno sprone per le nuove generazioni. Oggi la tecnologia sta invadendo la nostra vita in maniera spropositata, siamo condizionati dai social, postiamo tutto quello che facciamo, ma non tutto è negativo. Un ragazzo che esce da un centro sperimentale ed ha una grande idea ma non trova produttori, oggi con questa tecnologia ha una possibilità.  Io ho girato con un telefonino e sono andato a Venezia. Ovviamente ho chiamato dei grandi professionisti e ho usato mezzi sofisticati. Ma se Venezia prende un corto fatto con un cellulare e apre le porte ad una proposta simile, vuole dire che si può fare».

Cosa ti aspetti dal Napoli Film Festival?

«Di incontrare tanti amici. E poi non lo so. Sicuramente vorrei vincere, sarei ipocrita a dire il contrario. Ma adoro tutto quello che crea la mia città e Napoli quest’anno è entrata a gamba tesa nel cinema italiano: questo mi rende felicissimo».

Progetti futuri?

«Come attore ho due progetti con il teatro Nest di San Giovanni a Teduccio. Facciamo “Gli onesti della banda” tratto dalla “Banda degli onesti” con riscrittura di Diego de Silva. Sono uno dei protagonisti dell’adattamento teatrale del “Sindaco del rione Sanità” di Mario Martone. Girerò un altro corto, rigorosamente con il cellulare, ambientato tra Napoli, la Sardegna e New York e poi nel cassetto c’è una love story. Vedremo che succede».

Stasera, nell’ambito della rassegna Napoli Film Festival, il cortometraggio MaLaMèNTI  sarà proiettato al Cinema Hart, alle ore 20.00.

ilnapolista © riproduzione riservata