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Bonnici, capo-regista Lega Serie A: «Sette-otto turni di campionato per capire il Var»

Parla Popi Bonnici, oggi coordinatore dei registi tv della Lega Calcio: «Avrei preferito più sperimentazione, faremo il possibile per ridurre i tempi».

Bonnici, capo-regista Lega Serie A: «Sette-otto turni di campionato per capire il Var»

L’intervista a Repubblica

Il Var, nella sua versione più tecnica, è un fatto di Popi Bonnici. Storico regista del calcio Mediaset, oggi è coordinatore di categoria per la Lega Serie A. Insomma, il flusso delle immagini delle partite dipende dalle sue direttive. Di conseguenza, anche la lettura e la scrittura dei video che supporteranno l’arbitro, anche se indirettamente, dipende dalle sue direttive. C’è tanta responsabilità in più, ora, per Bonnici. Ne parla in un’intervista a Repubblica: «Si è corso un po’ troppo, ma ora bisogna partire. Avrei preferito più sperimentazione, però ormai ci siamo. Ma la definizione finale del protocollo, diciamo, sarà
nelle prossime ore. Non abbiamo ancora una direttiva completa».

Il problema principale: «Vorrei massima trasparenza. Le immagini, quelle decisive, quelle su cui l’arbitro ha preso una decisione, deve vederle anche il pubblico allo stadio, sul maxischermo. Ma per il vertice del calcio ci sono timori, sento che non se ne farà nulla. Ma il Var o è la rivoluzione oppure non è: bisogna fare il salto di mentalità».

Il problema del tempo: «La mia ipotesi è che serviranno sette-otto turni di campionato per andare a regime. O almeno per avere una quantità di precedenti che consentano a tutti di tenere una linea di condotta riconoscibile».

Come funziona

Anche Bonnici vuole spiegare/ricordare come funziona davvero il dispositivo Var: «L’arbitro controllerà il monitor in campo solo quando gli verrà chiesto dai due colleghi al Var. O meglio ancora: nel caso in cui l’arbitro stesso, quello in campo, non sarà
convinto fino in fondo di quanto gli stanno suggerendo in cuffia».

Il problema dei tempi: «Non c’è un solo addetto ai lavori che non farà di tutto per evitare il più possibile che succeda. Ma gli snodi saranno altri, esiste per esempio la casistica degli episodi che vanno valutati a velocità normale, dove il replay rallentato
altera la percezione invece di migliorarla. Non sarà semplice. Il calcio estivo ci ha mostrato cose stranissime. Il ridicolo caso Kakà, le decisioni modificate giustamente».

La scelta delle immagini

Dopo il Var, si passa a parlare di scelte. Di immagini scelte, quindi del ruolo dei registi: «Si chiama linea editoriale. La Lega vende un prodotto che si chiama serie A, scegliere di mostrarlo al meglio è più che legittimo. Non siamo sprovveduti al
punto di negare le immagini di ciò che interessa di più o fa discutere, ma che sia nello spirito di un gioco che si vuole mostrare al meglio. Se notate, ormai lo sport in tv è soprattutto primi piani, emozioni buone o meno buone ma forti, c’è molto meno contorno. Da me non avrete mai un’immagine di un esagitato in tribuna che dà di matto o inalbera uno striscione razzista. È censura? Bene, allora è censura. Non manderò mai in onda qualcosa che offenda la dignità delle persone. E non insisterò mai su un’immagine morbosa, un fallo violento o cose simili. Tutto qui».

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