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Le tre coppe di Mourinho col Manchester United: ha vinto 12 finali su 14

L’Europa League non voleva giocarla, eppure grazie al successo sull’Ajax ha conquistato anche la Champions

Le tre coppe di Mourinho col Manchester United: ha vinto 12 finali su 14
Mourinho con la coppa vinta lo scorso anno col Manchester United

Considerazioni preliminari

«This is not a competition that Manchester United wants, this is not a competition I want, this is not a competition the players want. But we want to win this competition». Aveva parlato così, a inizio anno, José Mourinho. Il manager portoghese, al primo anno sulla panchina che fu di Alex Ferguson, si era ritrovato a dover preparare l’impegno in Europa League a quindici anni dall’ultima partecipazione. L’ultima volta che aveva giocato la manifestazione era il 2002/2003, con il Porto. Anche allora vinse, solo che i rapporti di forza tra il club lusitano e quella che si chiamava Coppa Uefa erano un tantino diversi.

Il suo Manchester United di oggi era partito con altre ambizioni, forse. Il rientro ai piani alti della Premier, nel senso di lotta per il titolo, e un lavoro di upgrade mentale e tecnico in grado di far metabolizzare finalmente il post-Ferguson, a ormai quattro anni dall’addio dello storico manager. Alla fine è andata discretamente, anche se passando per un campo minato. Perché il Man United ha perso lo stesso numero di partite del Chelsea, ma è arrivato sesto in campionato. Nel frattempo, però, si è portato a casa tre trofei sui sei cui era iscritto la scorsa estate. La Community Shield, ovvero la nostra Supercoppa; la League Cup.

E poi l’Europa League, che si è rivelata essere la strada migliore e più breve per il ritorno in Champions. Ed è uno schiaffo al Napoli che a meno di clamorosi ribaltoni nei preliminari (degli altri) resterà fuori dalla seconda fascia proprio per colpa di Mou.

L’inizio del progetto

Il campo minato di cui abbiamo scritto prima è una costruzione diretta e voluta di José Mourinho. Che, in estate, ha speso tantissimo per assemblare un Man United grandi firme, con Ibrahimovic e Pogba e Mkhitarian. Ma poi si è reso conto che questa squadra non sarebbe bastata per una Premier estremamente equilibrata, dominata dal calcio organizzato del Chelsea e in cui pareggiare era un riparo dai rischi ma anche dal coraggio. Tantissime le partite finite con il segno ics dai Red Devils, addirittura 15 in tutto il campionato.

A quel punto, con la spada di Damocle dei grandi investimenti, ecco l’all-in sulle coppe. Quella di Lega, archiviata già a febbraio. Quella europea “piccolina”, condotta in surplace praticamente per tutta la sua durata. Le eliminazioni sfiorate contro Anderlecht e Celta Vigo, la finale dominata emotivamente e tatticamente contro i ragazzini dell’Ajax. Del resto, il tecnico portoghese era “solo” alla 14esima finale in carriera. Ne ha vinte 12.

Il campo minato superato senza grosse perdite (a parte il gregge di calciatori in stampelle, ieri sera a Stoccolma) è l’apertura di credito di cui Mourinho aveva bisogno per continuare il suo progetto. Anzi, per iniziarlo e poi per poterlo continuare. La prossima stagione, che inizierà dopo una probabile seconda ondata di grandi colpi (Griezmann?) sarà il primo esame a questo Man United ricostruito dal basso. Ma sempre vincente.

Precedente

Una storia simile a quella di Mourinho. Che questa Europa League non voleva proprio vincerla e ora si ritrova a benedirla. Per l’accesso Champions, ma anche per una questione scaramantica: nel 2003, quella conquistata contro il Celtig Glasgow fu la prima coppa di una serie di trofei, almeno uno per ogni stagione completa, che continuerà fino a tutta la stagione 2013/2014. Poi ha ripreso l’anno successivo, con la Premier vinta con il Chelsea. Poi il Man United, dove ha calato un tris iniziale. Non altissimo, diciamo di 6 o di 7. In attesa del full, del poker, della scala reale. Difficile pensare che possa andare diversamente, per Mourinho. Vincere è il suo destino, praticamente.

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