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Lavezzi al boss Lorusso: «Striscioni per me, in cambio non accetterò Juve o Inter»

La Pm anticamorra Parascandolo in Antimafia. «All’epoca di Napoli-Parma, Lo Russo non era latitante». Nessun rapporto con il Calcio Napoli.

Lavezzi al boss Lorusso: «Striscioni per me, in cambio non accetterò Juve o Inter»
Lo striscione che il Pocho chiese a Lo Russo

Il patto scellerato

Non chiede la segretazione della sua audizione. E dunque, dal monitor dell’aula del secondo piano di Palazzo San Macuto, nella sala stampa di piano terra, arrivano le immagini e l’audio del Pm antimafia napoletana, Enrica Parascandolo, che svela il patto scellerato tra due “amici”, un mito del Napoli, El Pocho, Ezequiel Lavezzi, e un disoccupato «capo degli ultras», Antonio Lorusso. «Ho bisogno che nella prossima partita compaiano sia in curva A che in curva B degli striscioni a mia difesa. Se tutto andrà come mi aspetto, ti prometto che se dovessi andare via dal Napoli non finirò mai all’Inter o alla Juventus. Andrò all’estero».

Costernata, scossa per quanto appena ascoltato dal Pm Parascandolo, la presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi, si chiede, chiede cosa significhi, come si traduce concretamente la presenza dei clan della camorra nelle curve del San Paolo. Ha difficoltà, la presidente, ad accettare che questa presenza si limiti soltanto alla presenza di tifosi che sono anche camorristi.

In tutta Italia

Che sconforto, l’indagine esplorativa dell’Antimafia sui rapporti tra curve, ultras, criminalità organizzata, società. Una miscela espolosiva che in alcune aree del Paese si fonde, in altre si disperde in diversi rivoli.

Torino, la Juventus, ma poi Napoli, Bergamo, Roma. Sarà un viaggio, quello intrapreso dal gruppo di lavoro dell’onorevole Marco Di Lello, ricco di sorprese, di pericolose incrostazioni, di rapporti indicibili tra tifoserie e clan, di “aree grigie” che dilagano in stadi di città “babbe”, sonnolenti.

Nessun rapporto con la società

Oggi abbiamo assistito a un assaggio del viaggio dell’Antimafia nel passato e nel presente di Napoli. La Pm Parascandalo in estrema sintesi ha ricostruito la vicenda del boss Antonio Lorusso, immortalato da un fotografo a bordo campo il 10 aprile del 2010 quando al San Paolo si giocava Napoli-Parma. Ma ha parlato anche del pentimento di Lorusso e dei suoi rapporti con Lavezzi e altri giocatori del Napoli. E della suddivisione territoriale delle curve e dunque della presenza di camorristi. Annunciando anche che su episodi di bagarinaggio sono in corso indagini della Procura ordinaria. Completamente esclusi, invece, rapporti con la dirigenza partenopea. Non ci sono mai stati, e «sono state fatte delle indagini per verificare questa cosa».

Naturalmente Antonio Lorusso che fa da mediatore tra Lavezzi e le curve per gli striscioni è lo stesso presente a bordo campo durante alcune partite (come hanno accertato gli investigatori) e il nuovo collaboratore di giustizia che ha parlato, sta verbalizzando anche sui rapporti con altri giocatori del Napoli.

L’audizione

Dunque, l’audizione della Pm napoletana: «Chiarisco subito l’equivoco della presenza di un latitante a bordo campo. Al 10 aprile del 2010, giorno di Napoli-Parma, Antonio Lorusso non era latitante. Lo diventerà il 5 maggio successivo, quando sarà raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare».

«Già due giorni dopo la partita, il 12 ottobre del 2010, un ufficiale di polizia giudiziaria dei carabinieri di Castello di Cisterna ci avvisò che da fonte fiduciaria aveva appreso della presenza di Antonio Lorusso a bordo campo. Il Pm Amato avviò una indagine accertando intanto che effettivamente Lorusso si trovava a bordo campo. E non era la prima volta. Nel febbraio di quel 2010, Napoli-Roma, nel marzo Napoli-Fiorentina e Napoli-Catania, e poi in aprile Napoli-Cagliari».

La qualifica di giardiniere

«Naturalmente ci siamo posti il problema di come fosse stato possibile che ad Antonio Lorusso fossero stati aperti i cancelli dello stadio fino a raggiungere il campo. E la società Calcio Napoli ci ha aiutato, fornendoci gli elenchi delle persone che avevano l’accesso al bordo campo. Il pass gli era stato concesso con la qualifica di giardiniere. Siamo risaliti alla ditta “Vivai Marrone”, che curava il giardinaggio del campo e abbiamo sentito il titolare Francesco Marrone e altri dipendenti. Marrone ha ammesso di aver fatto un favore a un suo cliente».

L’estraneità del Napoli

La Pm Enrica Parascandolo sottolinea in diversi passaggi l’estraneità del Calcio Napoli: «La società – precisa – non aveva la possibilità di modificare gli elenchi degli accrediti».

Gli atti della indagine sulla presenza di Antonio Lorusso a bordo campo sono stati trasmessi alla Procura federale che nel provvedimento di archiviazione specifica che la il “Calcio Napoli” non «aveva il potere di scelta dei nominativi degli elenchi di accrediti».

Napoli 2010 e dintorni. Antonio Lorusso dal 4 novembre scorso ha deciso di collaborare con la giustizia. Ha sei mesi di tempo per raccontare tutto quello che sa. E al termine di questo periodo, la Procura di Napoli valuterà l’apporto del contributo del boss, per decidere se chiedere per lui la patente di collaboratore.

La ricostruzione coincide con le indagini

La Pm Enrica Parascandolo: «La sua ricostruzione sulla presenza a bordo campo è sostanzialmente coincidente con le nostre indagini. Fu un capo ultras a metterlo in contatto con il vivaio. Lorusso non ci ha detto nulla che coinvolge la società Calcio Napoli. Ha parlato dei suoi rapporti con Lavezzi e con diversi altri giocatori. A differenza di quanto dichiarato a suo tempo nel processo a carico di Bruno Potenza e Marco Iorio, quando il giocatore ceduto al Paris Saint Germain e oggi a una squadra cinese, disse che Lorusso gli fu presentato da un capo ultras (”a casa mia giocavamo con la play station”), il boss oggi pentito ha ammesso invece che Lavezzi gli fu presentato dal ristoratore processato per riciclaggio Marco Iorio».

«La presenza degli ultras nelle curve? La suddivisione nelle curve A e B rispecchia la provenienza territoriale. La curva a sicuramente ospita le tifoserie del centro della città. Un esempio? Genny a carogna. La curva b Miano, Secondigliano. Il clan Lorusso. Il collaboratore ha confermato questa suddivisione territoriale». E ha raccontato l’episodio della richiesta di Lavezzi avanzata ad Antonio Lorusso di avere striscioni a favore in ambedue le curve.

Suddivisione territoriale

I commissari – con in testa il presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi – hanno difficoltà ad accettare che la presenza dei clan nelle curve sia limitata ai camorristi tifosi. Ma nello stesso tempo proprio perché le curve non sono zona franca è in vigore la regola non scritta della suddivisione territoriale delle curve, per evitare appunto che appartenenti a clan contrapposti si ritrovano sugli stessi spalti.

Altro episodio che ha lasciato perplessi e inquieti i commissari (in testa Rosy Bindi) è quel telefono “dedicato” con cui Lorusso parlava con Lavezzi. Che senso aveva? La Pm napoletana ricorda: «Quando il 5 maggio del 2010 Lorusso diventò latitante, si premurò di fare sapere a Lavezzi di disfarsi di quel cellulare con la scheda dedicata». Come valutare questa indicazione? «La scheda dedicata – risponde Enrica Parascandalo – non serviva per coprire comportamenti illeciti. Probabilmente serviva per evitare che le forze di polizia arrivassero a individuare Lorusso». Una giustificazione che non convince l’Antimafia e la Presidente Rosy Bindi parla esplicitamente di «sottovalutazione».

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