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Insigne è ancora un comprimario in nazionale: colpa sua o di un gioco che non lo valorizza?

L’esterno del Napoli è un pretesto per parlare di come si costruisce una nazionale di calcio. Avremmo scritto lo stesso per Bernardeschi: per quale motivo si sacrificano in una posizione che non gli appartiene? È giusto?

Insigne è ancora un comprimario in nazionale: colpa sua o di un gioco che non lo valorizza?

Presunzione d’innocenza o inversione della prova

L’idea iniziale del pezzo era: come esce il Napoli dalla settimana internazionale? In redazione abbiamo argomentato la risposta. Bene perché: Zielinski ha fatto l’assist, Milik non ha giocato, Hamsik nemmeno, Koulibaly è rientrato prima, Reina si è fatto male ma non troppo, e così via. Poi ecco il nome più atteso: Lorenzo Insigne. Che è stato chiamato a furor di popolo da Ventura, altrettanto a furor di popolo è stato titolare contro l’Albania e poi è rimasto in panchina ad Amsterdam. Come possiamo definire il suo bilancio? Positivo? Parola grossa. Negativo? Si esagererebbe. In linea con le aspettative riferite al campionato? Purtroppo no, è andata peggio.

Diciamo che è andata come al solito: a parte gli exploit con Argentina e Spagna, roba episodica e distante nel tempo (la punizione nell’estate 2013, il gol a Udine giusto un anno fa, il gran ingresso a partita in corso agli Europei), Insigne in nazionale è un comprimario. Uno che sta defilato, che non riesce a essere determinante. L’esatto contrario di quello che, vivaddio, sta succedendo nel Napoli.

Dopo aver emesso questa sentenza, ci siamo detti: ma stavolta è colpa sua? Non abbiamo saputo darci una risposta. Nel senso: Insigne, in questo momento, sta mostrando la miglior versione possibile di se stesso. La maglia della nazionale incide così tanto sulla sua emotività da farlo retrocedere così tanto nel rendimento? Può essere. Allo stesso tempo, ci siamo chiesti: ma non potrebbe trattarsi anche di una questione tattica? La risposta: può essere anche questo. Quindi, come dire: siamo a metà. Non sappiamo se è l’imputato a dover dimostrare di essere innocente oppure siamo noi che dobbiamo esplicare le prove che lo rendono colpevole.

Insigne come Bernardeschi

Già sappiamo come andrà a finire. Lo premettiamo: questo pezzo difende Lorenzo Insigne, nel senso che non gli riconosce colpe particolari. Anzi, sottolinea come sia e sia stato l’attuale selezionatore a non dargli la possibilità di esprimersi al meglio. Nell’unica partita giocata, Insigne ha giocato in una posizione non congeniale al suo gioco. Esterno di sinistra in un 4-2-4 che in realtà non è mai esistito, si è sempre trattato di un 4-4-2. Quindi, centrocampista di sinistra propriamente detto, non esterno alto come nel Napoli. Un ruolo che Insigne ha imparato a interpretare alla perfezione.

E che, per Ventura, non esiste in questa Italia. Figurarsi, scelta sacrosanta. Il ct è lui. Però, come dire: c’è un po’ di amaro in bocca, in verità. Perché noi siamo il Napolista, scriviamo di Napoli e guardiamo il Napoli, e sappiamo che Insigne può essere decisivo in quel ruolo. Quindi basiamo su di lui un pezzo. Ma potremmo essere il Fiorentinista e chiedere a Ventura il perché di un 4-2-4 che, come per Insigne, esclude Bernardeschi. O che magari lo include pure, ma non in un ruolo congeniale. La stessa situazione di Insigne. In realtà, lo diciamo e lo facciamo pur essendo il Napolista. Ventura, perché?

Il calcio moderno

Perché la coppia Immobile-Belotti funziona, certo, è una gran soluzione per un reparto offensivo. Però è anacronistica. È roba vecchia. Con le due punte, nel mondo, non gioca più nessuno. Persino Allegri, ultimo baluardo italico della coppia offensiva, è dovuto scendere a patti con la punta unica. Con due centrocampisti in più e un difensore in meno. Non cadiamo nell’errore di considerare i moduli come la guida assoluta di questo sport, parliamo di principi tattici.

I principi del calcio internazionale digeriscono con fatica la coppia d’attacco e privilegiano due esterni e un centravanti. Oppure un centravanti e tre uomini dietro. Il Napoli, la Roma, la già citata Juventus. L’Inter, il Milan, il Real Madrid, il Bayern Monaco, il Barcellona. Il Chelsea di Conte, addirittura lui. Lo United, il City. La Spagna, la Germania, la Francia. L’Italia del 2006, ultima nazionale vincente vincente. Il Portogallo. La Lazio di Immobile, il Torino di Belotti. Proprio loro. Il calcio moderno. Non l’Italia. Ventura, perché?

Il concetto di tattica per le nazionali

Svestiamo i panni del Napolista e dimentichiamoci di Insigne. Oltre Bernardeschi, l’Italia ha tantissimi attaccanti esterni di valore. Giovani, e di valore. In panchina contro Albania e Olanda c’era Nicola Sansone; nell’Under 21 giocano Berardi, Chiesa, Ricci. Poi ci sono Politano, El Shaarawy, Di Francesco. Candreva ha sempre lavorato meglio in un attacco a tre o dietro una prima punta piuttosto che da esterno di centrocampo, se proprio vogliamo dirla tutta. Insomma, l’Italia ha una batteria di giovani assolutamente invidiabile in quel ruolo. Eppure, sceglie di depotenziarsi proprio lì in nome di una coppia d’attacco che oltre Immobile e Belotti può fare affidamento (?) su Eder, Petagna, Pellé. Insomma, è proprio una questione di opportunità.

Certo, immediatamente dopo si aprirebbe il lungo dibattito sull’essenza della nazionale, sul fatto che un ct debba essere prima allenatore poi selezionatore o viceversa. Ventura sta cercando di ripercorrere pedissequamente le orme del suo predecessore, impostando dei moduli e incastrandovi calciatori dentro. Giusto, una scelta possibile. Pure comprensibile. Ma quando il campionario di calciatori a disposizione diventa ampio e variegato, oltreché fortissimo e di prospettiva, ha senso continuare a insistere sul ruolo di tecnico di club dimenticandosi la selezione dei migliori? Bernardeschi è stato convocato ma è tornato a casa infortunato. Avrebbe giocato? Al posto di chi? In un ruolo propriamente suo?

Il dibattito

Ecco, con Insigne abbiamo aperto un dibattito sulla costruzione della nazionale. Sulla costruzione di una squadra di calcio che però si riunisce una volta ogni due/tre mesi per giocare una partita o due. In vista di un torneo breve che si decide tutto sull’onda cortissima degli episodi. In quel caso, vincono i migliori giocatori. Sempre, o comunque quasi sempre. Affermare che Insigne non sia tra i migliori d’Italia, esattamente come Bernardeschi, equivale oggi a bestemmiare. Eppure, se il Mondiale si giocasse domani, sarebbe schierato in un ruolo non suo. Per noi non è giusto, sarebbe uno spreco. ma siamo pronti al confronto. E, ripetiamo: Insigne è solo un pretesto. Per parlare di una cosa che fa parte del calcio. Per vedere come la pensate. Noi abbiamo detto la nostra.

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