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La guida Napolista alla trasferta di Firenze

Consigli sulla città fiesole, per soddisfare la fame di cultura e non solo. Dal complesso di Santa Maria Novella alle migliori trattorie fino al panino col lampredotto.

La guida Napolista alla trasferta di Firenze

Eccoci arrivati a Firenze per l’ultima trasferta e anche l’ultima giornata del 2016.

Impossibile non approfittare per visitare la città, prima o dopo il match all’Artemio Franchi. Firenze è una città addobbata a festa, con F-Light, il Festival delle Luci, che fino all’8 gennaio illumina i monumenti e le piazze con video-mapping, proiezioni, giochi di luce, attività educative e incontri in 15 spazi urbani della città. Tra gli eventi in programma, si legge sul sito del Comune, il video-mapping su Ponte Vecchio (tutti i giorni dalle 17.30 a mezzanotte) e l’installazione Colonna senza fine al Forte Belvedere (da domenica a giovedì, ore 18-22.30, venerdì e sabato, ore 17.30-24), con un fascio di luce puntato verso il cielo.

Non possono mancare i tradizionali alberi di Natale: alle consuete installazioni del centro storico si affiancano anche diverse piante posizionate nelle periferie, dall’Isolotto a Gavinana, coinvolgendo anche le zone attraversate dai cantieri della tramvia. Poi mercatini, come quello in piazza Santa Croce e i percorsi dello shopping per le vie del centro storico intorno a Piazza della Signoria.

Luoghi d’arte

Per chi avesse tempo – magari avete approfittato della partita del Napoli per programmare un ponte lungo in città – si consiglia, tra le altre visite nei stupendi luoghi d’arte fiorentini, una tappa nel complesso di Santa Maria Novella, dove “fino al 15 gennaio (tutti i giorni, dalle 11 alle 16,30, ingresso da piazza Stazione), si possono ammirare, gratuitamente, alcuni magnifici spazi che facevano parte della Scuola dei Marescialli (in trasferimento nella nuova sede di Castello) e che ora sono tornati a disposizione della città”.

Nel dettaglio si tratta della Cappella del Papa (prezioso capolavoro della pittura fiorentina nella fase di transizione fra Rinascimento e Manierismo). Fu edificata per Leone X de’ Medici in occasione della sua entrata a Firenze il 30 novembre 1515. La decorazione fu affidata a Ridolfo del Ghirlandaio e portata a termine dal giovane Pontormo che vi dipinse una stupenda lunetta con la Veronica).

Il Chiostro Grande è così definito per le monumentali dimensioni dei suoi lati, costituiti da 56 campate a tutto sesto. Risale al 1300 e ospita un ciclo di affreschi dipinti in massima parte nel Cinquecento dai maggiori pittori dell’Accademia fiorentina, tra i quali Alessandro Allori, Santi di Tito e Poccetti). Il Dormitorio: costruito entro i primi decenni del Trecento, si caratterizza per la maestosità dell’ambiente, spartito da due sequenze di snelli pilastri che sostengono volte a crociera. Sulle sue pareti si conservano alcuni resti dell’originaria decorazione pittorica che ne rivestiva le superfici.

Soddisfare il palato

Infine, saziati gli appetiti culturali, bisogna pensare anche allo stomaco e al palato. Di possibilità di pranzare o cenare anche a prezzi bassi, a Firenze ce ne sono una infinità. Dal panino con il lampredotto consumato per strada alle numerose declinazioni della cucina locale presso i punti ristoro del Mercato Centrale, in via dell’Ariento, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Tra i tanti locali storici, “Il Gambero Rozzo” consiglia la trattoria “da Burde”, in via Pistoiese, a una mezz’ora circa dal centro, facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. E a circa 50 minuti dallo Stadio, con le linee 17 e 35 degli autobus cittadini.

“Entrare da Burde – scrive Carlo Cambi – significa fare un tuffo nel passato di oltre 100 anni; è dal 1901 infatti che esiste questa trattoria, ormai punto di riferimento per gli appassionati della buona cucina toscana, sia fiorentini che non. Il menù è un tripudio di sapori autentici del territorio: pappa al pomodoro, ribollita, pasta e fagioli, acquacotta, pasta al ragù scappato, farinata gialla con cavolo nero, cacciucco, baccalà e ancora bistecca alla fiorentina, fegatelli di maiale in rete e alloro, carne alla brace, umidi e bolliti”.

Una versione vegana del nostro ragù

Una curiosità sul sugo finto o ragù-scappato, una versione vegana del nostro ragù. Ce ne parla il blog ‘I sapori dei ricordi, piccolo prontuario di cucina’: “Beppe Bigazzi raccontava che nell’immediato dopoguerra, nelle case che si affacciavano nei vicoli dei paesi del Valdarno e che erano abitate in prevalenza da operai, la domenica mattina le massaie cominciavano di buon ora a fare il battuto e il soffritto. I rumori, i profumi e gli aromi che ne uscivano erano quelli del ricco sugo di carne, ma la carne, in realtà, non la usavano perché spesso non c’erano soldi per comprarla.

In ogni famiglia del vicolo rimaneva però il dubbio: nel sugo del vicino c’era la carne o no? “Per me – scrive Marcella – il cosiddetto sugo finto è sempre stato il sugo veloce, senza nome, che preparo di tanto in tanto, quando ho voglia di qualcosa di buono e di semplice e che la mamma cucinava quando aveva poco tempo a disposizione. E se il tempo era proprio poco, toccava a me andare nell’orto a sbarbare due cipolle, due carote e un sedano”.

Quella del calcio è l’unica forma di amore eterno che esiste al mondo. Chi è tifoso di una squadra lo resterà per tutta la vita. Potrà cambiare moglie, amante e partito politico, ma mai la squadra del cuore.

Luciano De Crescenzo, I pensieri di Bellavista.

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