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Atalanta-Napoli 1972: l’ultima di Zoff e Altafini, la vendetta di Bianchi

Il racconto di un precedente ricco di storie: la più bella è il gol dell’ex di un bresciano che poi avrebbe vinto, da tecnico, il primo scudetto della storia partenopea.

Atalanta-Napoli 1972: l’ultima di Zoff e Altafini, la vendetta di Bianchi

Il Napoli non vinceva in campionato da tre mesi quando all’ultima giornata della stagione si presentò a Bergamo al cospetto dell’Atalanta. Pensate se una cosa del genere accadesse oggi, apriti cielo. Infatti dopo il 3 a 0 di febbraio rifilato al Varese in casa, con doppietta di Improta e gol di Perego, gli azzurri giunsero alla trentesima giornata del torneo 71-72 mettendo in fila sei pareggi e quattro sconfitte. Quando la squadra arrivò in Lombardia per la rifinitura ed il mini ritiro Chiappella si guardò intorno, contò i morti ed i feriti e sperò in cuor suo che il Napoli non andasse incontro all’ennesima debacle della stagione.

Sembrava una gita fuori porta, la squadra appariva in disarmo. Faceva molto caldo ed il rischio di un rilassamento generale c’era tutto, altrimenti Magistrelli non avrebbe fatto il fenomeno. Alle porte solo il girone finale di Coppa Italia. I risultati non erano arrivati fino a quel momento, figurarsi in casa delle belve atalantine.  Le uniche sicurezze si chiamavano Zoff in porta ed Altafini in attacco, tra l’altro alla loro ultima partita ufficiale con gli azzurri, Zurlini, Juliano e Montefusco. All’ala sinistra fu schierato il carneade Andrea Esposito, che aveva segnato una unica doppietta sei mesi prima con la Roma; a fluidificare c’era De Gennaro, il mediano lo faceva Vianello adattandosi alla meglio e la punta ‘spuntata’ era Manservisi. Macchi subentrò al vecchio Dino Panzanato a frittata ormai fatta.

magistrelli

Dall’altra parte della barricata, oltre ai piedi educati di Moro e la tecnica di Doldi, c’era un ex giocatore del Napoli che segnò, si vendicò e poi si fece sostituire da Moruzzi. Il suo nome era ed è Ottavio Bianchi, 5 splendidi campionati nel Napoli prima di essere ceduto all’Atalanta. Morale della favola, sconfitta netta, Altafini, al canto del cigno, la mette dentro mentre Zoff subisce tre palloni, due da Magistrelli ed uno dal suo ex compagno di squadra Bianchi. Finisce così ingloriosamente la carriera napoletana di due campioni, due esempi da seguire, uno galvanizzatore della folla ad ogni rete realizzata, l’altro freddo e determinato, probabilmente il migliore portiere italiano di sempre. Chissà se, senza nulla togliere alla loro professionalità, erano già d’accordo con la Juve e con quel volpone di Allodi.

figubianchi

Bianchi, bresciano doc, figlio di un tipografo e ragioniere mancato, arrivò a Napoli dal Brescia nell’estate del 1966 dopo un bellissimo campionato con le rondinelle. Con i soldi che Fiore voleva spendere per Meroni, netto il ‘no’ di Lauro, il Napoli, aggiungendo qualche spicciolo, prese Braca, Micelli, Orlando e appunto Bianchi. Lo paragonarono al terribile mediano inglese Stiles ma lui nelle interviste un po’ si scherniva ed un po’ avanzava la candidatura ad erede di Beckenbauer. Era stempiato già ma aveva ancora qualche riccioletto biondo qua e là, gli occhi di ghiaccio ed un carattere dove alternava qualche muso lungo a sorrisi solari. Sapeva essere serio e compassato ma anche spiritoso, soprattutto nello spogliatoio dove fu considerato uno dei capi di quel Napoli. Fu un antesignano di Pepe Reina e “capo” lo divenne veramente quando tutti capirono che Ottavio poteva essere il vero sindacalista della squadra, quello che, con Juliano, sarebbe andato a discutere di premi ed ingaggi, a muso duro, con Ferlaino. Legò un po’ con tutti ma era amico inseparabile di Micelli, anche egli biondino e tenace sulla mezzala avversaria. E fu, per tornare all’attualità, l’Hamsik di quel Napoli. Infatti non era certo una consuetudine che i centrocampisti dell’epoca facessero 6 reti in 23 partite. Lui, nonostante fosse portato sia ad impostare che a rompere il gioco degli avversari, si iscrisse per una mezza dozzina di volte nel tabellino dei marcatori in un campionato dove il Napoli fu quarto a 5 punti dalla Juve campione.

Nel 1969-70 Bianchi, al quale non erano state date tantissime chance da Pesaola nei due tornei precedenti, è ormai padrone del centrocampo che parla napoletano con Improta, Montefusco e Juliano. Toh, trova l’intruso, un bresciano purosangue tra i figli di Partenope. L’anno dopo, l’ormai quasi calvo giocatore si esibisce per l’ultima stagione al San Paolo ripetendo quasi presenze e reti, 27 e 4 contro le 28 e 3 dell’anno precedente. Doveva essere una sicurezza, a 28 anni Bianchi non era cero un giocatore finito ma il Napoli decise di venderlo proprio all’Atalanta. Il giocatore, che in passato aveva anche cullato il sogno della Nazionale e che dava fastidio a Ferlaino in sede di contrattazione, lasciò la casa, prese la civetta che gli faceva compagnia e che aveva in bagno, raccolse le canne da pesca che era solito portare a Castel Volturno e si avvicinò a casa sua. Tra Bergamo e Brescia corre un’inezia. Dalle figurine sembrava un po’ imbolsito, il suo fisico non appariva tirato a lucido come quando, scattante e forte nel tackle, lottatore accanito, generoso, duro senza essere scorretto, dinamico e resistente alla fatica, calcava l’erba di Fuorigrotta. Eppure quella domenica di fine maggio Ottavio prese la palla, si ricordò che aveva fatto 110 presenze e 14 reti nel Napoli, pensò che Ripari, Vianello e Perego arrivati al suo posto non lo valevano, si caricò come un torello che vede rosso e bucò la rete di Zoff. E vendetta fu.

julbia

Quindici anni dopo Ferlaino lo chiamò ad allenare gli azzurri, consigliato da Allodi, proprio colui che gli aveva ‘rubato’ Zoff e Altafini. E l’Orso bresciano-bergamasco, nel giorno dello scudetto, uscendo dal campo, disse : “Sono soddisfatto, abbiamo fatto un buon lavoro, sono due anni che facciamo sacrifici, lo abbiamo meritato”. Due anni, proprio come Mister Sarri. E a Galeazzi che gli chiese : «Quando pensi di aver avuto lo scudetto in mano?» il Martello bresciano-bergamasco rispose : «Penso dopo la vittoria di Bergamo». Che sia una profezia anche per quest’anno?

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