ilNapolista

Napoli-Bologna e i due addii di Juliano e Savoldi

Ferlaino li lasciò andare via in due anni consecutivi. All’origine i dissapori con Di Marzio e Vinicio. Beppe e Totonno si stimavano.

Napoli-Bologna e i due addii di Juliano e Savoldi
Juliano con la maglia del Bologna stringe la mano a Savoldi capitano del Napoli. È la stagione 1978-79 (Archivio Morgera)

Strani amori che ritornano e come due fidanzati si lasciano, si riprendono, litigano ma non scendono mai a compromessi. Fu quello che successe sulla autostrada Napoli-Bologna sul finire degli anni ’70 con due casi, a modo loro, clamorosi. I protagonisti di questa vicenda di cappa, spada e vendetta si chiamano Antonio Juliano e Giuseppe Savoldi, due giocatori dell’altro calcio, uno sport che chiameremo così perché oggi è tutta un’altra storia. Le due vite parallele appaiono legate da un comune fil rouge, quello di un fallimento che nessuno dei due volle accettare perché convinto, a ragione, di aver ancora qualcosa da dare al Napoli e al calcio in generale. Esagerata fu, in entrambi i casi, la messa alla porta, “prego, non ci servi più, trovati un’altra squadra, se vuoi”, furono questi i toni di Ferlaino che mandò al rogo i due ribelli nel giro di due anni.

Juliano e Savoldi con Nino Taranto

Juliano e Savoldi con Nino Taranto

Il primo caso scoppia nell’estate del 1978. È un tardo luglio quando Juliano, dopo 16 anni di onorata milizia partenopea, viene ceduto al Bologna dove ritrova il suo mentore, colui che l’aveva fatto esordire in serie A, tale Bruno Pesaola da Buenos Aires. In pratica, però, “Totonno” non verrà mai adeguatamente sostituito poiché il Napoli compra una vagonata di centrocampisti ma nessuno col piglio da leader del trentaseienne giocatore. Infatti i nuovi arrivi Majo, Caso e Filippi hanno caratteristiche diverse dal regista di San Giovanni a Teduccio che risponde picche all’offerta di 50 milioni di ingaggio della società. Ne vuole 120, Ferlaino gli dà la lista gratuita e Juliano, per ripicca, si accasa sotto le Due Torri. Si parlò anche di un divorzio tecnico perché Gianni Di Marzio voleva ringiovanire la squadra a tutti i costi e probabilmente non vedeva di buon occhio la leadership in campo e fuori della mezzala napoletana. Come andò lo sappiamo, Di Marzio fu esonerato alla seconda giornata di campionato dopo una sconfitta a Firenze e, a furor di popolo, fu richiamato Luis Vinicio che guidò gli azzurri verso un malinconico sesto posto finale. È vero, era arrivato anche il momento di svecchiare la squadra ma è diverso vendere Chiarugi, Favaro e Pogliana piuttosto che dare la lista gratuita ad una bandiera come Juliano. A Bologna il nostro va a fare da chioccia ad una squadra rinnovata per sei undicesimi con giocatori giovani e tutti da tastare sui grandi palcoscenici della serie A, insegna un po’ di mestiere ai vari Colomba, Paris e Maselli, anche loro spaesati dal grande nome che non c’è più, Giacomino Bulgarelli. In difesa hanno il sosia di Breitner, ovvero Sali, poi il mastino Bachlechner,in porta la rivelazione Memo. In attacco i fragili Bordon e Vincenzi formano una coppia tutta da scoprire. Alla fine solo 15 presenze con due reti e salvezza conquistata. Il secondo anno da contratto non fu mai giocato, Juliano appese le scarpe al chiodo e tornò a Napoli per fare il dirigente.

bolo

“Totonno” tornò a Napoli da avversario solo in una occasione, il 22 aprile del 1979. Il Bologna perse 2 a 1, segnarono Pellegrini, poi Vincenzi, risolse Vinazzani, ma rischiò di pareggiare. Paris si fece parare un rigore da Castellini che, tenendo fede al suo nomignolo, con un balzo felino, deviò la palla in angolo. Guardando le immagini di Youtube si vede Juliano che, dopo il rigore fallito dal compagno, va dall’arbitro a protestare, forse perché Castellini si era mosso prima. Scherzando, ci verrebbe voglia di dire che è una sorta di foto-video montaggio. Ve lo immaginate Juliano che vuole ribattere il rigore contro il Napoli per togliere i due punti alla squadra della sua vita? Sì, il professionismo, la serietà, la nuova maglia ma che sceneggiata, Totonno…

L’anno dopo tocca a Savoldi fare le valigie, abbandonare la città che da lui voleva lo scudetto, quel salto di qualità del dopo Vinicio che non arrivò mai. “Beppe gol” fece appena 9 reti nel campionato 1978-9, una cifra ridicola per uno come lui, abituato ad essere tra i primi bomber d’Italia. Ferlaino si stringe in uno dei suoi dubbi amletici, di quelli che hanno tormentato il suo animo di tifoso prima ancora di presidente. È l’anno dell’esplosione di Paolo Rossi e il massimo dirigente si incaponisce. Lo cerca, lo vuole, Giussy Farina glielo fa annusare, perché di fronte ai due miliardi e mezzo offerti per il prestito di due anni il presidente del Vicenza vacilla, tentenna, sa di avere un gioiello tra le mani a lo vuole dare al migliore offerente. Non se ne fece più nulla, come sappiamo Rossi rifiutò Napoli ma Savoldi era già in lista di sbarco. Aveva 32 anni e dopo un campionato così così fu considerato sul viale del tramonto. Invece il giocatore, che tornerà al Bologna, suo vecchio amore, e continuerà a segnare, era convinto di essere stato allontanato dopo quanto successe negli spogliatoi di Napoli-Perugia. Pare che volarono parole grosse con Vinicio, che invero era un po’ suscettibile. Il mister, brontolando, affermò invece che Savoldi non si era mai adeguato ai suoi schemi e fece capire per l’ennesima volta che non lo aveva chiesto lui. Luis, infatti, stravedeva per Clerici e quando Ferlaino concluse l’affare con Conti dando “El Gringo” e Rampanti più un miliardo e 300 milioni per avere Savoldi, aveva la faccia verde come la bile. Insomma Speggiorin e Damiani l’anno dopo fecero 5 gol in due, “Mister due miliardi” al Bologna infilò la rete per ben 11 volte. Vendetta fu consumata.

Due anni fa Savoldi pubblicò “Lo ziballone” il suo libro autobiografico e in diversi passi ci sono riferimenti a Juliano, all’amicizia che li aveva legati a Napoli e a quello che era rimasto tra di loro anche dopo la fine delle loro carriere. In un passo molto bello “Beppe gol” scrive: «Totò, gli dicevo, tu non sei napoletano (ndr, Ghirelli docet): sei preciso, puntuale, assomigli più a un bolognese». Dopo qualche anno ci siamo incontrati sul molo di Procida, mi sono avvicinato senza che lui mi vedesse e gli ho chiesto se avesse bisogno di aiuto. Lui, senza girarsi, mi ha riconosciuto e mi ha detto: “A Bologna stavo bene ma mi mancava il mare”.

savoldi

ilnapolista © riproduzione riservata