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Mertens, l’avvio da favola e la meritocrazia: oggi il Napoli è proprio lui (ma aspettiamo anche Insigne)

Il belga è il calciatore simbolo di questo inizio e pure del progetto tecnico: ha costretto Insigne alla panchina, ha rovesciato le gerarchie. Con vitalità e intraprendenza.

Mertens, l’avvio da favola e la meritocrazia: oggi il Napoli è proprio lui (ma aspettiamo anche Insigne)

Nel pezzo di commento a caldo di Napoli-Milan, Massimiliano Gallo ha parlato di «meritocrazia». Mertens è stato la meritocrazia, l’ha impersonata. Fin da Dimaro, un momento di preparazione cui si presentò in una forma a dir poco smagliante. Contro la Virtus Entella, sua prima partita, il fantasista belga entrò in campo e spaccò completamente il gioco. Tanto da far dire, a qualcuno, impostiamo Mertens come falso nueve che tanto le caratteristiche ce l’ha. Forzature tipiche da sbornia di gol, momenti di scarsa lucidità tattica: al di là delle suggestioni Mertens, serve a questo Napoli proprio nei momenti come questo. Quelli in cui Insigne si perde dietro la sua suscettibilità mentale, quelli in cui c’è da togliere le castagne dal fuoco con un paio di giocate. Successe l’anno scorso, era Napoli-Bologna. Mertens non era titolare, in campionato, da Frosinone-Napoli, ultima del girone d’andata. Praticamente, 15 partite. Insigne giocò malissimo a Milano contro l’Inter, al termine di uno dei suoi periodi di buio. Mertens segnò una splendida tripletta coi felsinei, una roba da antologia della giocata: tiro dopo una serie di finte, conclusione a tu per tu col portiere, botta da fuori area. E anche l’assist per il gol finale di David Lopez, giusto per non farsi mancare nulla.

Il Mertens di oggi è molto vicino a questo Mertens qui. L’hai visto a Pescara, quando è subentrato a un Insigne fuori fase e ha realizzato una doppietta. Un gol bello, di quelli che piacciono tanto a lui: azione convergente dalla sinistra e tiro di destro, a giro, sul secondo palo; un altro forse meno appariscente, ma di grande importanza. Ma poi, soprattutto, la vitalità tecnica mancata al ragazzo di Frattamaggiore, una cosa che leggi nei dati riferiti alla partita: 4 conclusioni verso la porta, 2 occasioni costruite. 3 cross tentati. Insomma, un giocatore pienamente all’interno della partita, anzi superiore agli altri per intraprendenza e fantasia. La stessa cosa vista col Milan, e non c’è bisogno del raffronto perché basta la narrazione del primo tempo: il gol di Milik nasce da una sua conclusione (a giro, ovviamente), così come il terzo gol (quello di Callejon). In mezzo e attorno, per chi ama le statistiche, altre cifre che sottolineano il golden moment del calciatore: 7 conclusioni verso la porta e 2 dribbling riusciti su 3 tentati. E poi, soprattutto, la condizione mentale imposta all’avversario: la paura di un Mertens in forma, sempre pronto a sfruttare ogni tua disattenzione.

In questo momento, in questa delicata fase di transizione da Higuain a una nuova squadra ancora tutta da scoprire, Mertens è il Napoli. Ne è la sua espressione più gioiosa, frizzante, spettacolare. Identifica in sé alcune caratteristiche fondamentali di questa squadra e di questo progetto: la bellezza del gioco, il gusto estetico, quasi il suo sciovinismo tecnico. E poi, nel rinnovato dualismo con Insigne, la possibilità di ruotare praticamente tutti gli uomini senza perdere troppo in qualità assoluta. Se un eventuale cambio tra Mertens e Insigne, l’anno scorso, era da considerare come uno dei pochi proponibili perché la differenza non era tanta, oggi il concetto si è esteso a tutta la squadra. Che ha perso Higuain, che peccato, ma ha costruito e trovato tanti dualismi paritetici o quasi in altre zone del campo.

La stessa gestione del caso Mertens-Insigne nelle prime due partite, forse, ci dice che anche (e persino) Sarri ha capito questa cosa. La storia della meritocrazia, del fatto che adesso cambiare è una possibilità di fare diversamente e non un’imposizione che ti spariglia le carte e ti abbassa i punti. Sì, c’è una questione di esperienza e di gerarchie da rispettare, ma c’è anche da far fruttare un capitale tecnico importante. Mertens (con Milik) titolare dopo le titubanze di chi l’aveva relegato in panchina è un segnale giusto, in questo senso: Insigne, pungolato, dovrà reagire proprio come fatto dal belga al 53esimo di Pescara, quando si è caricato la baracca sulle spalle. Per il momento, il ragazzo di Fratta ha risposto platinandosi la testa. Può darsi che simboleggi un cambiamento anche di testa, non solo in testa: l’abbandono della lunaticità, dell’umoralità. Noi lo aspettiamo, ci mancherebbe. In un contesto come questo, in una stagione come questa, i grandi giocatori servono anche se il loro slot, in questo momento, è occupato. Persino da Mertens, che forse mai avevamo visto così continuo e decisivo. Così bello e utile, con 3 interventi difensivi in 2 partite e un solo cartellino giallo. È cresciuto Dries, pur rimanendo sempre fedele a sé stesso. Il modo più giusto per migliorare.

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