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Romanzo Napolista / La Seria A 1938/39 è l’ultimo racconto di La Cruz

Diciannovesima puntata del romanzo “Hard Boilin’ Football” di Pasquale Guadagni.

Romanzo Napolista / La Seria A 1938/39 è l’ultimo racconto di La Cruz

Chiede i risultati della serie A! Così esclamò al capo uno scagnozzo di Onassis. Si chiamava Gaspare ed era un siciliano di Giarre. Era stato un piccolo luogotenente di una famiglia mafiosa legata alla tradizione del brigantaggio, caduta poi in disgrazia. Prima che qualche regolamento di conti lo raggiungesse alla schiena, aveva tagliato la corda fuggendo in Grecia e lì, per non dissipare la sua professionalità, era entrato nel giro degli amici di Onassis a Patrasso. Da alcuni anni faceva l’autista del boss.

Gaspare, patito di football e tifoso della Juventus, riconobbe la maglia del Napoli addosso a Reginaldo e gli assestò due schiaffi per ragioni puramente calcistiche. Rivolgendosi ad Onassis, il siciliano gli spiegò: “Capo, è un bastardo italiano e tifa pure per il Napoli, questa è la maglia del Napoli. Quei fessi ora ci mandano gli italiani per trattare!” Il boss si sedette di fronte a Reginaldo e, servendosi di Gaspare come interprete, iniziò a fargli domande. – Voglio sapere il tuo nome e il tuo ruolo nell’organizzazione. – Reginaldo La Cruz. Sono responsabile della flotta di Achille Lauro nel Mediterraneo occidentale. – Onassis si fece una grossa risata e aggiunse: -Allora siamo colleghi! Io sono il responsabile di Aristotele Onassis a Patrasso! – Io credevo che voi foste Aristotele Onassis in persona! Altre risate. – E già, io sono Aristotele Onassis, arrivo a Patrasso con la corriera e mi faccio venire a prendere da un lercio con una maglia azzurra addosso che ha in mano un cartone con il mio nome. Tu sei un vero coglione, però simpatico nella tua ostinazione. – Insomma basta! Io e Lauro siamo venuti qui per incontrare Aristotele Onassis e ora siamo stufi degli intermediari! Lungo silenzio. – Va bene, hai fatto un po’ il pagliaccio, mi hai fatto fare pure due risate, va bene! Ora basta, dimmi che cazzo fai nell’organizzazione e poi ti lascio andare. – Te l’ho già detto che ruolo ho con Lauro! Portami da Aristotele Onassis!

Capo! – intervenne Gaspare – Quest’ubriacone è suonato! Non ci servirà a niente. Ma Onassis non voleva mollare la presa. – Stà a sentire, furbetto! Io sono Egeiros Onassis e voglio sapere chi cazzo ti ha mandato al capolinea e soprattutto come facevi a sapere che stavo su quella corriera. – Egeiros Onassis? Ma allora sei il fratello di Aristotele? Dove cazzo sta tuo fratello? – Fanculo, pezzente!

Onassis si imbufalì e mandò giù altri pestoni, mentre Reginaldo sperava almeno di capirci qualcosa, prima che quei tipi lo facessero fuori. Quando il boss si fu sfogato, iniziò a fare su e giù per il capannone e Gaspare, che fino a quel momento aveva tradotto minuziosamente anche le bestemmie, si rivolse a La Cruz. – Non fare il furbo con il capo! Sputa il rospo e facciamola finita. – Ma che cazzo devo fare? Io stavo al capolinea ad aspettare Aristotele Onassis, se la cosa vi fa ridere, ridete, ma smettetela di gonfiarmi. Se il tuo capo si chiama Egeiros e non Aristotele poteva pure chiedermi quale Onassis stavo aspettando, prima di darmi addosso. Io non ne so un cazzo dei vostri nemici, sono appena arrivato dall’Italia. – Se arrivi ora dall’Italia, dimostramelo! – E come te lo dimostro? – La classifica della serie A, mi devi dire! Qui non si riesce a sapere una minchia della serie A. – Mancano altre due partite. Il Bologna in pratica è già campione d’Italia, seguono Torino, Ambrosiana, Genova, Roma, Liguria, Napoli e Juventus. – Non me la bevo, fesso! La mia Juventus sempre al vertice è! – Ma sei di Torino? – Torino? Siciliano sono. – Voi siciliani avete solo squadre del cazzo e leccate subito il culo alla FIAT. – Minchia morta, a noi siciliani il calcio vero ci piace e perciò siamo juventini, hai capito? – Comunque la tua Juventus quest’anno ha fatto schifo, è ottava e il Napoli sta avanti.

E per dimostrare di non raccontare balle, Reginaldo elencò in sequenza i risultati del Napoli e della Juventus, dalla prima alla terz’ultima giornata, con tanto di marcatori, minuto dei gol e aggiornamento della classifica giornata per giornata. Quando finì, Gaspare era basito e, non osando più dubitare della sua buonafede, esclamò: “Minchia, un vero tecnico sei!” Poi si rivolse ad Onassis e, cambiando lingua, fece: “Capo, questo bastardo sa tutto di pallone e veramente è appena arrivato dall’Italia, mi ha raccontato tutto il campionato in cinque minuti, mi ha detto pure chi ha fatto gol, uno alla volta!”

Ma Onassis era meno disposto a intenerirsi e decise che, per dare una lezione ai nemici, bisognava allungare il sequestro, portarsi quel tipo in paese, semplicemente impedirgli di fare ritorno da chi lo aveva mandato. Se poi ne sa di football, tanto meglio! – tagliò corto Onassis – Gli metto il coltello alla gola e lo costringo a dare una mano al mio Dinamis. Aspettatemi qui e non lo slegate. Sarò di ritorno all’alba. Mi basta qualche ora e ce ne torniamo a casa.

Così, rapito e sequestrato, Reginaldo andò a finire in Tessaglia. Il Comandante e La Cruz non si rividero e Lauro, dopo aver atteso un paio d’ore nei suoi uffici, capì che Aristotele Onassis aveva voluto solo umiliarlo. Il tipo che sembrava il capo, verso mezzanotte andò a prelevarlo e disse che era il caso di tornare al punto convenuto in mare, perché Onassis, scusandosi, aveva comunicato di non poter lasciare Atene. Poi, passando a un tono più tagliente, invitò Lauro a dimenticarsi del suo amico, perché di lui si erano perse le tracce e il naviglio non poteva aspettare oltre, per consegnare l’armatore napoletano al suo equipaggio. Il Comandante, come un elefante ferito, si consegnò al diportista chiudendosi in uno sprezzante silenzio. Quando l’imbarcazione prese il largo, pensando che Aristotele Onassis in quel momento stesse dando disposizioni su come far sparire il cadavere di La Cruz, il Comandante si inumidì gli occhi di lacrime, maledicendo il momento in cui aveva coinvolto il messicano nel suo piano. Dopo un profondo respiro, Achille Lauro guardò le stelle e disse: “Egidio perdonatemi, volevate allenare il Napoli e invece vi ho fatto morire con la maglia del Napoli addosso. Perdonatemi!”

Alle prime luci dell’aurora, in mare aperto, l’imbarcazione greca avvistò la nave di Lauro e durante l’abbordaggio il Comandante in un rigurgito nazionalista fece al suo traghettatore: “Quando il Duce entrerà in armi ad Atene, io sarò con lui e verrò ad appendere Onassis per le palle!” Ma Aristotele Onassis, trent’anni più tardi, vivo e vegeto avrebbe addirittura sposato Jacqueline Bouvier

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