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Romanzo napolista\ La partita, fino all’intervallo

Diciottesima puntata del romanzo “Hard Boilin’ Football” di Pasquale Guadagni.

Romanzo napolista\ La partita, fino all’intervallo

Il modulo varato da La Cruz nel campionato 1953/54 fu per molti versi un pazzo esperimento pionieristico del football moderno e totale, fatto di corsa e pressing, ma la sua fama non uscì mai fuori dalla Tessaglia di quegli anni, in cui mancavano critici e filologi professionisti che potessero formalizzare le caratteristiche di gioco di quel Dinamis, facendone un momento ufficiale di novità e rottura nella storia dell’evoluzione tattica di quello sport. Il Dinamis non aveva cantori e inoltre i risultati, per quanto migliori, non furono tali da permettere il grande salto e la ribalta internazionale. E poiché nel football ha sempre ragione chi porta a casa più punti, la rivoluzione del periodo medio-alto della gestione La Cruz rimase viva solo nel limbo della tradizione orale dei bar del paese. A dire il vero, a parte una vaga somiglianza delle intenzioni di fondo, ce n’erano di differenze rispetto a quanto avrebbe fatto vedere l’Olanda vent’anni più tardi, a cominciare dal modestissimo bagaglio tecnico degli uomini di La Cruz che, cercando di sopperire a questa tara, impiantava nella traccia di un gioco corale elementi che il football moderno avrebbe ricusato, in modo particolare lo zoccolo ideologico heideggeriano e l’apologia del consumo di alcolici nel prepartita. Sotto questo aspetto, quello di La Cruz era ancora un football troppo umanistico, che inseguiva la chimera di un undici imbattibile e insieme amatoriale, un undici che sapesse muoversi spavaldo tra una riflessione metafisica e una bottiglia di ouzo, piuttosto che tra cinismo e ricchi contratti, e in fondo fu questa la misconosciuta utopia che il Dinamis Football consegnò alla storia nota e meno nota del calcio giocato.

Lo Sporting Megiston di Agenores Niarkos, alla prima di campionato, si presentò in casa del Dinamis in condizioni precarie. Le cinque partite di qualificazione alla coppa intersociale giocate contro il Zyras erano state molto dure e non solo perché i guardiani di pecore, nelle due partite interne, li avevano bastonati nel dopogara. Il Zyras aveva fatto davvero scintille, grazie all’innesto di un pepato centravanti, un ragazzino di tredici anni molto arrogante e sicuro di sé che, mettendola dentro ripetutamente, aveva strappato allo Sporting tre pareggi e una vittoria nella quinta partita. Così, impattando, le due squadre erano andate avanti entrambe e la sorte volle che, già qualificate, si ritrovassero di fronte nella finale, la cui vincitrice avrebbe esordito in coppa al secondo turno. Niarkos era depresso di giocarsela altre due volte col Zyras ad una settimana dall’inizio del campionato, lo Sporting vinse l’andata in casa e poi anche in trasferta, ma ad un prezzo altissimo. Alla fine della partita di ritorno, quelli del Zyras come al solito gonfiarono gli ospiti, guidati dall’agguerrito tredicenne, che era diventato leader indiscusso della squadra e aveva giocato tutta la partita sputando continuamente in faccia ai suoi marcatori, rubando loro il tempo per aprirsi varchi in area di rigore.

Sapendo degli sviluppi delle qualificazioni estive, quelli del Dinamis non si stupirono, il giorno dell’esordio, di vedere i loro avversari variamente tumefatti. Nello Sporting il portiere titolare, reo di aver parato un rigore al tredicenne nell’ultima gara, quando il Zyras perdeva già 3-0, a fine partita era stato spinto contro un muro da quattro uomini che gli bacchettarono le mani a sangue, costringendolo ad uno stop di settimane. Così, opposto ad Orson, si schierò il secondo portiere, che non stava molto meglio, anzi era quasi fuori uso, perché una legnata ricevuta sul naso lo costringeva con la testa interamente fasciata, con due piccoli buchi davanti agli occhi.

In quelle condizioni, il varo del 5-5 di La Cruz fu travolgente. Alla fine del primo tempo i padroni di casa, attaccando tutti insieme in modo arrembante, vincevano 4-0, con doppiette di Fargas, il centromediano metodista, e di Killer. I movimenti chiesti da La Cruz funzionavano bene, per lunghi tratti gli uomini della difesa e del centrocampo si erano portati oltre Mazzola e Spoudaios, che diligentemente arretravano in copertura, mentre le marcature predisposte dal mister dello Sporting saltavano in aria.

Nello spogliatoio La Cruz offrì ouzo a tutti e urlò: “Bevete! Non perdete tempo! Bevete! Ora nello spogliatoio qui a fianco l’allenatore sta predicando lucidità, nuove marcature e ancora lucidità, ma noi non stiamo al suo gioco! Bevete, vi dico! Annebbiate la coscienza del vostro ruolo, così sarete in ogni ruolo! Occultare, occultare per risplendere!” Poi andò da Orson, che nel primo tempo aveva preso palla solo da qualche alleggerimento delle sue ali, e gli fece: “Orson, nessuna regola prevede che un portiere all’esordio non possa segnare! Voglio che su ogni calcio d’angolo per noi tu mandi giù un sorso e corri come un pazzo nell’area avversaria. Fammi vedere che ci sai fare di testa, tanto Mazzola ti copre!” Era tempo di tornare in campo, Reginaldo prese in disparte Tetrakis e gli disse: “Lasciali a qualcun altro i calci d’angolo, se mi segni con una botta centrale, stasera ti pago il cesso nuovo, parola di mister!” Tetrakis era ubriaco perso, fece un sorriso, alzò da terra Reginaldo e lo portò in trionfo fino alla panchina, urlando ai divertiti spettatori che il Dinamis aveva il miglior mister di tutta la Grecia.

Al fischio d’inizio, benché la battuta fosse degli ospiti, tutto il Dinamis, tranne Castano, si riversò nella metà campo avversaria senza badare alla palla. Lo Sporting segnò subito facendo involare sul filo del fuorigioco il suo numero nove che, solo davanti ad Orson in uscita, infilò il portiere con un rasoterra affilato. Reginaldo si infuriò selvaggiamente: “Stronzi! Vi ho detto di occultare i ruoli, non il vostro culo!” Poi, tra sé e sé, aggiunse: “Forse l’entusiasmo mi ha fatto dare troppi beveraggi nell’intervallo”.

Onassis dalla tribuna si era invaghito di quel Dinamis lunare, di come le stesse suonando alla squadra di Niarkos e per la prima volta, allo stadio gli capitava di lavorarsi la bottiglia di bourbon non per obliare il dissenso, ma per accompagnare lo spettacolo. Al quarto gol, in preda all’entusiasmo, scattò in piedi con tutta la tribuna e, tenendo la bottiglia nella sinistra, affondò la mano destra sul sedere di Zora, che la prese male e se ne andò sul più bello. Zora! – fece Onassis – Dove vai, Zora? Il Dinamis fa scintille! Ma era già troppo tardi.

I padroni di casa ripresero subito a dominare. Al primo angolo a favore, Orson mandò giù un sorso di ouzo e, tenendo la bottiglia in mano, corse verso l’area avversaria. Prima di fischiare, l’arbitro lo vide nel mucchio e gli intimò di consegnare la bottiglia al guardalinee. Tetrakis aveva consegnato la palla al Toro Pamidis che, riluttante, andò a battere. Al suo primo corner in gare ufficiali, Pamidis scagliò una bomba con l’esterno destro, con la noncuranza che usava per spazzare via dalla sua area. Uscì fuori una rasoiata a pelo d’erba e la palla, seccamente respinta dalla base del palo, schizzò al limite dell’area dov’era Tetrakis, che senza pensarci su preparò il sinistro. Alzando bene la traiettoria, Tetrakis liberò un collo pieno. Sbam! Coperto da molti uomini, il portiere non vide la palla e solo al risveglio, dopo minuti drammatici, capì di aver salvato la porta di testa. Con il portiere avversario appena svenuto, La Cruz entrò in campo battendo le mani e dicendo a Tetrakis di provarci ancora, perché il suo tiro era stato grandioso. Quando lo sventurato si riprese, i compagni cercarono di farlo desistere, ma lui esclamò che lo Sporting Megiston non poteva andare avanti senza portiere di ruolo e, facendosi fasciare di nuovo la testa, tornò tra i pali. A partire da quella sera, in tutto il clan di Niarkos, sarebbe diventato ‘il Temerario’. L’inzuccata del Temerario aveva sortito un altro corner e, mentre il gioco era sospeso, Orson, vedendo che il guardalinee trincava dalla sua bottiglia, andò a chiederla indietro. – Ragazzo! Torni in porta o resti avanti? – C’è un corner! Mi faccio il corner e torno in porta. – Allora la bottiglia l’avrai dopo! – Ma quello è il mio ouzo! – Sì, ma per il momento è in mia consegna!
E detto questo corse verso il suo collega all’estremo opposto del campo. Anche l’altro gradì l’ouzo di Orson e, vedendo che si andava per le lunghe, mandò giù altri sorsi. L’arbitro, che era un tipo metodico, su indicazione di Orson notò i suoi colleghi a bordocampo che ridevano a crepapelle scambiandosi la bottiglia. Corse da loro e li riprese con parole sdegnate. Invocò un comportamento più riguardoso nei confronti del portiere svenuto, quindi si fece consegnare l’ouzo e tenne un breve discorso sulla gerarchia piramidale che presiede al concetto di terna arbitrale.

Quando la nuova fasciatura integrale alla testa del Temerario fu pronta, l’arbitro sollevò in alto la bottiglia e fischiò. Il Toro Pamidis stavolta espresse un molle campanile e il Temerario uscì dai pali per bloccare. Nella guerra di gomiti di chi attende l’angolo, un braccio spostò le pieghe della fasciatura e i fori per gli occhi salirono sulla fronte. Orson, scegliendo il tempo meglio di tutti, la prese di testa con decisione. La palla centrò il Temerario al naso e un suo compagno spazzò via. L’arbitro promise ad Orson la sua bottiglia a fine partita, dicendo che la trovava comoda per indicare il punto preciso in cui doveva riprendere il gioco. In seguito lo Sporting prese altri due gol, da Fargas e Mazzola, e la partita si chiuse sul 6-1, ma per il Temerario fu un piccolo trionfo. Tetrakis e Orson, uscendo dal campo, gli chiesero scusa per i loro tiri, che gli avevano riaperto le ferite, ma lui, sorridendo, disse loro: “Non chiedetemi scusa, per quello che ho parato!” L’ala sinistra, per un fatto di principio, non la mandò giù e cercò di dargli addosso, ma alcuni compagni lo fermarono in tempo. Tetrakis, tenuto dai suoi, si ricordò della promessa di La Cruz nell’intervallo e, sbraitando più forte, disse: “Datemi un pallone, stavolta gliela stacco la testa!” Ma i Megiston non risposero alla provocazione e, credendo che il portiere fosse andato a irridere Tetrakis, a dispetto del passivo di cinque gol, iniziarono a dargli del Temerario. L’arbitro andò da Orson e, consegnandogli la bottiglia ormai vuota, esclamò: “Spiacente per l’ouzo, ragazzo, ma un guardalinee si è tenuto il tappo”.

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