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La “nuova” Champions: dal 2018 big sicure della fase a gironi. Riforma giusta, ma con le wild card si esagera

Sembra vicina alla bocciatura la riforma in chiave democratica voluta cinque anni fa da Platini: si studia anche un sistema di wild card per “storia e blasone” (che proprio non ci va giù)

Champions, si cambia. E per cambiare, si torna indietro. Secondo le indiscrezioni riportate oggi dalla Gazzetta dello Sport, è in pieno svolgimento la trattativa tra l’Uefa e i club europei, desiderosi di una revisione della massima competizione continentale. La volontà sarebbe quella di rendere minime le possibilità di mancata qualificazione di grandi club alla fase a gironi. Una scelta obbligata, e basta guardare il tabellone dei playoff di quest’anno per rendersi conto di quanto la svolta democratica introdotta da Platini abbia finito per svilire la competitività del torneo: Porto e Roma si giocheranno un posto nel tabellone principale, esattamente come Dundalk e Legia Varsavia. Come dire: quando è troppo, è troppo.

Quindi, come detto, si torna indietro. Non tanto per la formula, che dovrebbe rimanere invariata (8 gironi da quattro squadre, poi fase a eliminazione diretta), quanto per i criteri d’accesso alla fase a gironi: fino alla stagione 2008/2009, infatti, il percorso dei preliminari non si divideva in due parti separate, quella dei “Campioni” (che garantisce cinque posti ai club campioni nazionali di paesi dal 13esimo posto in giù del ranking Uefa) e quella dei “Piazzati”, ma ospitava tutte le squadre in una sola urna con ingressi progressivi in base alla qualità del campionato di riferimento. Per il triennio 2018/2021, le richieste “di accesso” dei grandi club saranno snellite ancora di più: quattro club fissi ai gironi per le quattro leghe più importanti (Spagna, Inghilterra, Germania e Italia) più due per nazioni medio-grandi (Francia, Portogallo e Russia) e altri 4 o 5 posti per i campioni nazionali degli altri paesi, dall’Olanda fino all’Ucraina, al Belgio, alla Svizzera. Playoff per tutti gli altri club.

Allo studio anche un sistema di wild card, che differenzierebbe gli accessi (almeno per i grandi campionati): per l’Italia, ad esempio, tre posti sarebbero sicuri mentre il quarto sarebbe assegnato in base ai meriti storici, attraverso il ranking Uefa rielaborato in base ai risultati con l’obiettivo di garantire un posto ai top club (Milan, Inter, Liverpool, United, Chelsea). Se la prima parte della riforma finisce per privilegiare, giustamente perché lo fa attraverso criteri sportivi, i club più forti provenienti dai campionati migliori, quest’ultimissima postilla ci lascia un attimino più perplessi. Il grande problema riferito alla tanto agognata Superlega riguardava proprio lo svilimento dei campionati nazionali, a livello sportivo quanto economico. L’eventuale qualificazione di squadre che non hanno ottenuto i meriti necessari per entrare nella massima competizione continentale, anche solo per un anno, andrebbe a toccare proprio questo principio meritocratico che ci pare fondamentale, soprattutto per consentire a tutte le squadre di poter almeno coltivare il sogno di giocare la Champions contro le grandi. Se da una parte la corda è stata tirata fin troppo da Platini, che in cambio di qualche voto dalle federazioni meno potenti ha letteralmente barattato la competitività della fase a gironi, dall’altra una riforma tanto drastica da riscrivere i termini di accesso in termini di storia e blasone ci sembra comunque eccessiva, anche se la bilancia pende dal lato opposto.

In ogni caso, siamo solo all’inizio delle scaramucce, alle prime schermaglie: anche la Gazzetta spiega e scrive che la partita più importante si giocherà a ridosso delle elezioni del nuovo presidente Uefa, previste per il 14 settembre. Ma la strada imboccata sembra essere proprio questa, e stavolta sarà molto più difficile tornare indietro.

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