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Io, napoletano, presidente del Liverpool Club Italia: «Qui si parla troppo, quella volta di Messico 86…»

Tifare Liverpool da Napoli e dall’Italia: come nasce la passione per un club straniero, come si conciliano gli amori per la squadra della propria città e per “l’amante inglese”.

Io, napoletano, presidente del Liverpool Club Italia: «Qui si parla troppo, quella volta di Messico 86…»

Intervista a Nunzio Esposito, napoletano e presidente dell’Official Liverpool Suppoerters Club Italy.

Ma davvero il Presidente dell’Official Liverpool FC Supporters Club Italy, detto anche Italian Branch, è napoletano? E come mai?

Napoletano doc, la mia passione nasce nella metà degli anni Settanta: erano anni in cui era possibile seguire il calcio estero solo sul Guerin Sportivo. Una foto di Kevin Keegan “Facette o’ guaio”: mi colpì quella maglia rosso fuoco, da lì iniziai a raccogliere quante più notizie possibili. Sfogliavo avidamente quelle pagine, attendevo il mercoledì con ansia e trepidazione solo per conoscere il risultato. Poi il Subbuteo con la mitica Ref. 41; la trasmissione Eurogol, dedicata alle coppe europee e condotta da Gianfranco De Laurentiis e Giorgio Martino; la grandissima idea di Michele Plastino con “Football Please”, fu lui il primo a portare le immagini del “Beautiful Game” in Italia. Quelle maglie, quegli stadi, i nomi dei calciatori, erano tutte scoperte che mi portavano con altri amici a riproporle sul panno verde. Negli anni Ottanta provai tramite la “Palestra dei lettori” (una rubrica del Guerino) a fondare il primo club italiano dei Reds: ebbi molte richieste, solo che i tragici fatti di Bruxelles e una serie di lettere non proprio piacevoli fecero sì che io abbandonassi l’idea. Negli anni continuavo a seguire le vicende dei nostri, erano anni in cui si dominava in Inghilterra e in Europa, il Liverpool era una delle squadre più seguite al mondo. La storia si ripropone sul finire degli anni Novanta, quando una lettera della coordinatrice dei Supporters europei mi informava che in Italia un ragazzo aveva fondato il Branch: era il 1999, si trattava di Filippo Rossi (un ragazzo di Firenze). Contattai Filippo e con il mio entusiasmo e perseveranza portammo avanti il progetto fino a diventare ufficiali nel 2002. Scrivevamo ancora le comunicazioni a mano, ma stampavamo la fanzine “The Reds” che ci veniva richiesta da tutta Europa e finanche dal Giappone. Insomma, ho tantissimi bei ricordi di quegli anni. Nel 2007 ho assunto la carica di Presidente dell’Italian Branch, e con l’avvento dei social network la struttura è cresciuta davvero in modo esponenziale.

In quanti siete in Italia e come siete dislocati?

In Italia oggi contiamo circa 400 soci, dislocati in ogni punto della penisola, isole comprese. La sede legale del Branch è registrata all’indirizzo di casa mia in quanto non abbiamo una vera e propria struttura. Abbiamo diviso il Branch in Nord, Centro e Sud, con dei referenti per ogni zona. Abbiamo una redazione composta da circa venti ragazzi e ragazze che mantengono sempre aggiornato il nostro sito www.liverpoolitalia.it, gestiamo l’account ufficiale italiano dei Reds grazie al nostro Andrea Ciccotosto. In più abbiamo una pagina ufficiale su Facebook, più un gruppo aperto a tutti e un gruppo chiuso solo per soci. E in più gli account Twitter, Instagram e Youtube oltre che un forum: non ci facciamo mancare niente.

Per un membro del Branch la fede per il Liverpool è esclusiva oppure si accompagna al tifo per le squadre italiane?

Tanti soci tifano solo Liverpool, con il tempo hanno lasciato perdere il calcio italiano, sempre pieno di scandali e molto spesso più parlato che giocato. Eppure, c’è anche chi ha “la moglie e l’amante”. La moglie è la squadra del cuore con cui sono cresciuti, mentre con il tempo il Liverpool è diventato l’amante. Il luogo dove sognare, e ritornare ad appassionarsi.

Tifare per due squadre comporta anche, immagino, incroci complicati per via dei gemellaggi. Ad esempio Napoli e Roma erano gemellate ai tempi della finale di coppa dei campioni all’Olimpico tra i giallorossi e il Liverpool. Tu personalmente come vivesti quella partita?

Io ho avuto la fortuna di averla vista e vissuta di persona, all’epoca grazie al gemellaggio, degli amici mi procurarono il prezioso tagliando. Ricordo che i Boys, gruppo che stava riprendendo quota nella Sud, fece togliere uno striscione dalla Tevere. Era un drappo azzurro, che recitava più o meno un qualcosa del genere: “ Da Napoli con amore… Forza Roma”. Dissero che lo stadio doveva essere solo giallorosso, la cosa fu riportata a Napoli e non venne presa bene da chi, allora, comandava la tifoseria. Di lì a poco la rottura fu totale.

Se penso agli azzurri e ai Reds negli ultimi anni mi vengono in mente due cose: la doppia sfida in Europa League e Rafa Benitez. Parlami un po’ di come il vostro ambiente ha vissuto quella partita e di come accoglieste Rafa qualche tempo dopo.

Da napoletano vissi il mio momento di gloria: venivo continuamente intervistato dalle radio locali, vennero pubblicate diverse interviste sui maggiori quotidiani cittadini, e fui ospite della trasmissione televisiva al Teatro Sannazaro. Rafa a Liverpool ha vinto una Champions League e una Fa Cup. Ha sfiorato il titolo ha dato una buona dimensione europea alla squadra. Di conseguenza ancora oggi viene accolto da cori calorosi. E la scelta della sua famiglia di vivere a Liverpool è molto sentita e apprezzata dalla comunità.

OLSC Black Tie Dinner

Non voglio mettere il dito nella piaga, ma tifare per il Liverpool implica anche tifare per la nazionale inglese?

Non tutti tifano Inghilterra. Anche l’Italia è una nazionale molto forte, oltre che di tradizione, e a volte gli viene anche bene che riesce pure a vincere un Mondiale. Per cui la beffa è doppia per noi “stranieri in patria”. Per quello che mi riguarda, ho un Kevin Keggan di troppo a favorire la mia doppia malattia, anche per i Three Lions.

Visto che molti di voi tifano anche Inghilterra, per te napoletano e tifoso del Napoli quel quarto di finale del 1986 deve essere stato un supplizio…

Il mio racconto di quel giorno è caratterizzato da un aneddoto divertente. Eravamo in un Pub ad Anzio, all’epoca stavo per terminare il servizio di leva, guardavo la partita con un folto gruppo di amici napoletani ed eravamo tutti devoti a Diego. Io per forza maggiore e per coerenza non potevo non supportare i Bianch di Albione ed al primo gol di mano dissi a tutti: “Solo così poteva segnare…”. Passarono pochi minuti ed il resto è storia. Diego segnò il più bel gol che si ricordi a un mondiale. Dovetti sorbirmi tanti di quegli sfottò…

Dopo il referendum britannico sull’uscita dall’Unione Europea siete diventati tifosi di una squadra extracomunitaria. Scherzi a parte, si è parlato di Brexit all’interno del gruppo? Pensi che l’uscita finirà per influire anche sul calcio?

Nel Branch se ne è parlato tantissimo, alcuni dei nostri ragazzi vivono in Inghilterra, altri studiano lì, e tanti pianificavano a breve un trasferimento viste le buone possibilità lavorative che offre il Regno Unito. Per tutti è stato un duro colpo, ma anche tastando i polsi alle nostre innumerevoli amicizie sui social se ne parla tanto. Laa sensazione è che a decidere il futuro di una generazione siano state le persone ultrasessantenni e settantenni. E la cosa è abbastanza curiosa, se si pensa che ragazzi dai sedici ai quasi diciotto non possono votare, non possono esprimere un parere su quello che sarà il loro futuro. Mentre lo hanno potuto fare tutti gli over 60. Per il calcio non credo cambierà qualcosa: solo se alla fine i calciatori europei saranno considerati extracomunitari ci sarà da divertirsi. Dal punto di vista economico, in due anni la sterlina troverà una sua stabilità e la Premier resterà sempre uno dei campionati più ambiti. E di sicuro il più ricco.

Klopp è un altro elemento che collega Napoli e Liverpool. Quando era al Borussia ci ricordiamo tutti di quella scenata contro l’arbitro che gli costò l’espulsione al San Paolo, durante un match di Champions. Raccontaci del suo arrivo al Liverpool e dell’accoglienza della Kop.

Ricordo bene il siparietto con il quarto uomo. In quel momento vedemmo tutto quello che contraddistingue il personaggio Klopp: concentrazione, rabbia, grinta, trance agonistica. Poco dopo, tutto però sfocia in un sorriso a trentadue denti. JK è stato accolto come un Messia a Liverpool. Lui e Simeone sono stati gli unici allenatori che, pur senza grandi budget ed essendo costretti a cedere i loro pezzi migliori, hanno sempre saputo reinventare le loro squadre e individuare i giusti ricambi al mercato. Ecco, questo è quello che ci aspettiamo noi a Liverpool da JK. Abbiamo fiducia in lui e crediamo nel suo calcio, nella sua visione di progetto. Ci auguriamo che JK, come Bill Shankly, riesca di nuovo a porre quelle fondamenta per ricostruire un Liverpool altamente competitivo.

Vs Newcastle 23 04 2016

Cosa vi aspettate dalla stagione 2016/2017?

Ci auguriamo soprattutto un Liverpool forte mentalmente, cinico e spietato con le squadre sulla carta meno forti e competitive. È sempre in partite semplici, sulla carta, che ormai da anni perdiamo i punti decisivi. Un Liverpool affamato che scende in campo ogni singola partita come se fosse una finale. Questo è quello che ci aspettiamo da JK. Basta cali di tensione, o black out improvvisi. Altro settore fondamentale su cui hanno lavorato il nuovo manager ed il suo staff è quello riguardante la parte sanitaria. Ci sono stati dei profondi cambiamenti, con arrivi di un certo livello. Tra cui Andreas Kornmayer, ex preparatore atletico del Bayern di Monaco.

E cosa avete in programma come italian branch?

Tante trasferte, innanzitutto. L’ingresso di nuovi soci, poi, comporta l’organizzare di diversi raduni regionali, oltre che quello nazionale. Abbiamo tre selezioni calcistiche divise per comodità logistica in Nord, Centro e Sud. Partecipiamo a tanti tornei e attività a sfondo benefico. Il must rimane sempre il torneo di Milano dell’Italian Connection dove a sfidarsi sono i Branch delle tante squadre Inglesi presenti in Italia. Ospiti graditi i ragazzi del Celtic, dell’Hearts e dell’Atletico Bilbao. Sicuramente sarà un altro anno ricco di emozioni da vivere insieme, nuove amicizie, tante storie da raccontare e viaggi indimenticabili. E tutto questo che ci rende appagati e orgogliosi del nostro duro lavoro. #You’ll Never Walk Alone

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