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La metamorfosi del tifoso del Napoli, c’erano una volta centomila cuori

La freddezza del pubblico, le responsabilità di De Laurentiis. A Ferlaino, quando aumentò gli abbonamenti, rubarono la Porsche.

La metamorfosi del tifoso del Napoli, c’erano una volta centomila cuori
Una locandina del film “Operazione San Gennaro”

L’estate riconcilia con qualche bel film in bianco e nero ma anche con qualche epica e prima pellicola a colori di anni che qualcuno inizia a rimpiangere. L’ennesima visione di un capolavoro quale “Operazione San Gennaro” del 1966 mi ha di nuovo divertito e mi ha fatto fare per ben 5 volte il ralenti (o moviola che dir si voglia) di una scena del film, quella in cui Dudù, alias Nino Manfredi, per completare il trittico di compari da affiancare al Barone e ad Agonia va allo stadio San Paolo per cercare, tra i centomila, il terzo uomo, il Capitano. E lo trova puntualmente. E in quei fotogrammi, in quel minuto scarso, si vede una folla festante e gaudente, a metà tra fiction e realtà perché gli attori sono attori ma il San Paolo è quello vero. Caciarone, folklorista, azzurro nel cuore e nell’esternazione del tifo. Vera è anche l’azione del gol di Altafini, dopo una splendida triangolazione con Sivori, contro l’Inter in maglia bianca. Una apoteosi, lo stadio esulta, la vittoria netta del Napoli. Adesso il Capitano può andare con Dudù a progettare il colpo al tesoro di San Gennaro. Non prima di aver esclamato “Sivori, si ‘o mare ‘e Napule!”.

Lo stadio San Paolo di questi tempi, sempre più vuoto, è apparso malinconico al levare del sole, lo scorso primo agosto. Dopo 77 giorni di assenza, il Napoli è tornato a giocare a Fuorigrotta, ma il primo incontro tra pubblico e squadra è stato alquanto freddo. Tre gol al Nizza, qualche buona giocata, alcuni schemi già mandati a memoria nonostante l’assenza di un centravanti, appena diecimila col biglietto in tasca, gli altri erano entrati gratis. Eppure il Napoli si presenta con ottime referenze: è in Europa da sei anni, fa per la terza volta la Champions League, le amichevoli estive hanno mostrato una squadra già in “palla”, venti gol all’attivo e uno al passivo, il giustamente apprezzato gioco di Sarri come biglietto da visita e sintomo di continuità con il recente passato. Allora, perché pochi spettatori? L’eccessivo costo dei biglietti per un’amichevole, una forma di contestazione civile e silenziosa da parte della maggioranza degli sportivi, con persone che non hanno nemmeno acquistato l’evento su Sky a 10 euro, ma anche forme di protesta che serpeggiavano e che sono venute fuori dopo con gli striscioni contro De Laurentiis a firma ‘Quartieri Spagnoli’. Gli anni scorsi lo stadio non era pienissimo ma nemmeno vuoto, anzi la prima amichevole al San Paolo, per tradizione, è sempre stata onorata dal pubblico della sirena Partenope, indipendentemente dalla presentazione di Cavani o Higuain. Il mare e la montagna, le spiagge e le passeggiate sul lungomare, il solleone e l’abbronzatura non c’entrano. Perché la passione è passione. Chi ha memoria ricorda che, anche ai tempi di Savoldi, in cui le prime amichevoli al San Paolo capitavano più in là nel calendario, nel periodo più ‘caldo’ delle ferie, di solito a cavallo di Ferragosto, si superavano abbondantemente i 50.000 spettatori.

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Perché i napoletani hanno disertato lo stadio in questa ma anche in altre occasioni del passato? Pensate, nella sera col Nizza sarebbe stato battuto il record negativo delle presenze di spettatori per la prima amichevole a Napoli se De Laurentiis non avesse “aperto” i cancelli. Nemmeno i giornali erano d’accordo sulla cifra esatta di spettatori. C’è chi ha riportato 22000 e chi 25000, mistero fitto. Quanti siano stati non ci è dato sapere con esattezza ma erano la metà di quelli che seguivano gli azzurri in trasferta a Roma per il derby del Sole dei tempi andati e di Torino della sfida scudetto con la Juve nel 1975. La metà ed il Napoli giocava in casa.

Non è una questione di moduli e schemi che funzionano, lo ribadiamo. Una volta Chiappella disse, dopo una brutta gara del Napoli contro il Catania, “Il biglietto non l’avrei pagato, francamente fossi stato uno spettatore, avrei fischiato..”. Altri tempi, oggi il Napoli ha un bel gioco e il suo coach difende a spada tratta i suoi giocatori. Eppure una volta, e lo testimonia un disco e tutta una leggenda che metropolitana non è, il San Paolo era lo stadio dei “centomila”. Fiore, il boom, gli abbonamenti a rate che sfiorarono il miliardo, tutta la provincia che fluiva verso il Tempio, non c’erano le televisioni, la comodità del divano, il freddo dei posticipi di inverno, il troppo caldo degli anticipi a mezzogiorno. Oggi i cuori non sono più centomila ed i personaggi che si vedono nel film ‘Operazione San Gennaro’ non esistono più così come non ci sono più i tifosi che bardavano un ciuccio d’azzurro e gli facevano fare il giro del Collana. Non c’è più ’O Trombettiere che suonava la carica, non c’è più chi portava allo stadio striscioni come “Vavà, Didì e Pelè sita ‘a guallera e Canè”, non ci sono più le belle coreografie degli anni di Maradona. “Oh, molto pittoresco” direbbe Enrico Montesano parafrasando la romantica donna inglese delle sue imitazioni. Ed allora questi cuori sono sempre azzurri? Certo che lo sono, la Passione si tramanda di padre in figlio, nella nostra vita raccontiamo a tutti la favola del “ricordo quando mio padre mi portò allo stadio”. È un classico e lo sarà sempre perché il romanticismo e la lacrimuccia arrivano puntuali quando si ricorda la nostra “prima volta”. Forse il nuovo popolo dei tifosi, nativi digitali o meno che siano, è molto più critico ed informato e lascia da parte i sentimentalismi. Basta ascoltare qualcuna delle tante trasmissioni radiofoniche che danno spazio alla voce dei tifosi. Li senti competenti e pronti alla critica, tanti football manager in erba, parlano di tattica come insegnanti e consigliano acquisti, ogni tanto il giudizio si fa aspro nei confronti del presidente ma le romanticherie ed i sentimenti sembrano ormai messi in un cassetto.

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Sorge, dunque, legittimo il dubbio sul camaleontico mutamento di pelle del tifoso azzurro. La storia del Napoli, però, non va considerata da quando si inizia a seguire la squadra, essa nasce all’inizio del secolo scorso ed anche i nuovi tifosi la dovrebbero conoscere. La Storia del Napoli non è sui libri di scuola ma è come se lo fosse. Anzi è un libro aperto che va continuamente letto ed aggiornato con tutti gli avvenimenti ed i campionati che si susseguono. E scusate se cito le sacrosante parole del “nostro” Carratelli dal Mattino: “La storia del Napoli, i suoi 90 anni, bisogna conoscerla, averla vissuta e amata, e sofferto con essa, per avere ancora il cuore dolce e accorrere in massa allo stadio per salutare il compleanno storico delle maglie azzurre e gli ultimi eredi di questa grande storia, tra cui il caro, fedelissimo Marek Hamsik”.

Eppure De Laurentiis non appare preoccupato, mette da parte la storia del Napoli non invitando gli ex calciatori che lo avrebbero meritato, non fa giocare la squadra con una maglia celebrativa come hanno fatto società storiche come il Genoa (non ci sembra una grande idea quella di aggiungere una toppa su una maglia moderna), è convinto che il Napoli fosse l’Arzanese prima del suo arrivo (due scudetti, tre Coppe Italia, una Coppa Uefa, una Coppa Italo Inglese, una Supercoppa italiana, una Coppa delle Alpi e diversi secondi posti non ci sembra un palmares da buttare), degli abbonamenti se ne frega e se potesse li abolirebbe (Ferlaino “campava” quasi esclusivamente sulla cifra che il botteghino gli comunicava a fine estate ). Nel momento in cui De Laurentiis “Va a comandare” in tribuna, quando dispone della maggioranza assoluta e azionaria, il produttore cinematografico (che è di Torre Annunziata quando risulta simpatico ma è romano quando non fa gli acquisti ) dovrebbe prendersi le sue responsabilità ed essere chiaro come lo è stato nella conferenza stampa del dopo Higuain. Lunedì sera contro il Nizza si è trovato faccia a faccia con la folla ma non ha osato sfidare i quattro gatti del San Paolo. Non ha fatto la temuta passerella ma scommettiamo che, se fosse arrivato Icardi, sarebbe sceso in campo da novello Achille Lauro. Ha così mascherato a stento, con qualche saltello, la sua inquietudine. Oggi i tifosi appaiono sconcertati, come quando si facevano gli acquisti di Frappampina o Ferradini. Meno male che i tempi sono cambiati ed anche, fortunatamente, l’animo delle persone. Oggi il tifoso attacca De Laurentiis ma lo fa con leggero distacco, azzarda al massimo qualche striscione. Nel 1970 a Ferlaino, dopo che l’ingegnere aveva aumentato i prezzi degli abbonamenti solo perché aveva preso Sormani, rubarono una fiammante Porsche rossa sotto casa, in Via Tasso. Non la trovò più e si disse che fu uno ‘scherzo’ dei tifosi e non di ladri di professione. Allora la contestazione non fu velata o aperta, fu strana. Rubare la macchina fu un messaggio lanciato al presidente, “O fai la squadra o disertiamo lo stadio”. Che bel clima. Oggi questo sarebbe assurdo e quando lo yacht di Don Aurelio l’anno scorso bruciò, solo un comico ebbe l’idea di dire che erano stati i tifosi. Appunto, raccontò una cosa per far ridere.

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