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Che cosa ci dicono i quattro gol subiti dal Napoli in due partite

Due gol provenienti dalle fasce laterali e due per errate letture di Koulibaly. Gli errori del Napoli e un problema cronico.

Che cosa ci dicono i quattro gol subiti dal Napoli in due partite
(foto Matteo Ciambelli)

Il primo Napoli 2016/2017 ha un problema in difesa. Nelle prime due giornate, 4 gol subiti. Due provenienti dalle fasce laterali, altri due nati da errate letture di Koulibaly, rese fatali dalla mancata copertura preventiva della linea mediana. In entrambe le analisi tattiche delle partite, abbiamo in qualche modo derubricato queste situazioni come dovute a un problema di condizione, e quindi di automatismo non raggiunto perché non ancora raggiungibile. Il Napoli di Sarri, a differenza della Juventus (ad esempio), è una squadra estremamente elastica e quindi intensa: utilizza la quasi totalità dei suoi calciatori di movimento in fase di non possesso, tutti e dieci se consideriamo anche il primo pressing portato dalla prima punta. In questo modo, il pallone può essere recuperato in una zona più avanzata e velocemente, e gli spazi che questo deve coprire per essere scambiato tra i vari giocatori si accorcia. In modo, così, da favorire la transizione.

La spettacolarità e l’intensità del Napoli sono parte di una scelta innanzitutto difensiva: come il possesso palla del Barcellona o lo slow play della Juventus, questo è un modo per cercare l’equilibrio tra le due fasi. Un equilibrio che il Napoli non ha ancora raggiunto in queste prime due partite per una mancanza importante di brillantezza fisica. Che non può essere coperta da un anno di conoscenza, ma che proprio questo anno di conoscenza fa in qualche modo sparire nei momenti buoni della partita: il secondo tempo di Pescara e la fase di dominio assoluto contro il Milan (diciamo i secondi 25 minuti di ambedue le frazioni di gioco) ci hanno fatto rivedere il Napoli che conoscevamo. La stessa analisi statistica delle due partite ci dice che in questi due periodi di gioco, il Napoli ha concesso 2 conclusioni: una al Pescara e una al Milan, entrambe da fuori area. Non può essere un caso.

I gol, è bene rivederli, nascono da errori individuali o comunque da letture sbagliate che poi peggiorano nel momento in cui viene meno il supporto dei compagni. Copincolliamo dalle nostre analisi tattiche le descrizioni sotto ogni animazione.

Pessima la lettura di Koulibaly e Ghoulam, con la palla verticale di Verre alle spalle di una difesa sfalsata, con Hysaj ed Albiol sulla linea giusta e Koulibaly e Ghoulam qualche metro più indietro, giusto lo spazio per tenere in gioco il fantasista libico del Pescara.

Sul secondo gol, più che d’attenzione, si tratta di una mancanza organizzativa. Quindi, se vogliamo, ancora peggio. Qui manca tutto: l’aiuto di Insigne a Ghoulam nel duello contro Zampano, l’uscita avventata di Koulibaly sulla mezzala pescarese, lo scivolamento lento e soprattutto il mancato perché lento rientro di tutti i mediani azzurri a supporto dello scompenso difensivo. Pure quello, tra l’altro, gestito in scarsa velocità: nel caso il pallone fosse passato oltre Caprari, c’era l’esterno sinistro libero ben oltre Hysaj

Il primo, sotto, si sviluppa dopo un contrasto tra Bonaventura e Jorginho a centrocampo e con Koulibaly che sale altissimo per seguire Suso bravo a convergere e ad evitare che Ghoulam possa seguirlo fino dentro il campo. La difesa del francosenegalese è avventata, perché lascia scoperto un lato che è difficile da coprire con uno scivolamento veloce. Hysaj è indeciso e lento, e il supporto di Callejon è leggermente in ritardo. Il fatto che il francese del Milan sia mancino e che il suo tiro sorprenda Reina fanno il resto. Manca ed è tardiva anche la copertura del centrocampo: nel replay, si vede infatti come Hamsik sia pigro nell’andare a coprire il buco sullo scivolamento indotto dalla salita di Koulibaly e ci siano al centro Bacca e Abate. Tante concause, tante casualità. Ma anche un mancato supporto di squadra nella fase di non possesso (come detto da Sarri nel postpartita).

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Il secondo gol nasce ancora, e nuovamente, da una lettura avventata di Koulibaly. Che starebbe pure nella giusta posizione, alta pure oltre il centrocampo. Solo che i suoi compagni scappano all’indietro, essendo esagerata la distanza dal centrocampo saltato. Lo sviluppo dell’azione è simile a quello del primo gol: scompenso difensivo, inferiorità numerica, rientro tardivo ma palla comunque rilanciata. Poi arriva Suso che indovina il gol della giornata con un tiro bello e imprendibile. Ma è solo la conseguenza. Più che la Gif, in questo caso utilizziamo un frame perché il resto dell’azione è casuale. Per capire che si tratta di un problema di distanze e di automatismi, che poi diventa grave quando l’avversario indovina una giocata fortunata o quando un tuo difensore (Hysaj, nel caso del primo gol) non è esattamente reattivo.

Come abbiamo visto prima, però, questi momenti di “panico” sono circoscritti ad alcuni periodi della partita. Quelli in cui, fisiologicamente, il Napoli rifiata. Una cosa accettabile al 28 di agosto, che dovrebbe essere migliorata al ritorno dalla sosta e che comunque dovrebbe scomparire con il tempo. Anche perché, come abbiamo scritto ieri in un pezzo di rilevamento statistico, il problema del Napoli è il numero (eccessivo) di tiri concessi agli avversari: 21 tra Pescara e Milan. Anzi: tra il primo tempo di Pescara e 40 minuti della partita con il Milan. Il Napoli ha guadagnato cinque minuti in più di solidità difensiva in una settimana, e se vi sembra una quota bassa c’è da mettere in conto anche l’approccio molle di Pescara. La cosa di cui Sarri, probabilmente consapevole della condizione ancora non brillante dei suoi ragazzi, si è lamentato di più nella conferenza stampa pre-partita di Napoli-Milan.

Un’analisi globale, più a freddo, ci porta a dire che oltre a una questione di smalto e di attenzione (due cose che camminano in parallelo con la crescita fisica della squadra), c’è anche l’eredità dello scorso anno. Ovvero, la difficoltà del Napoli di coprire uno dei suoi lati. Quello “debole”, per dirla facile. Che non è sempre lo stesso, ovviamente, ma varia in base all’azione. Purtroppo è un problema genetico del Napoli che proprio in base alla sua identità, per colpa del suo modo di giocare – ovvero delle distanze minime in senso verticale e orizzontale tra i calciatori – soffrirà sempre i cambi di gioco. Che costringono dieci giocatori a spostarsi armonicamente sull’asse orizzontale senza perdere linee e distanze. Una cosa che abbiamo visto fare tantissimo al Milan nei suoi momenti di controllo del pallone (soprattutto nella prima fase) e che anche la scorsa stagione, nelle partite in cui il Napoli boccheggiava (l’immagine del duello di Udine Widmer-Ghoulam è eloquente, in questo senso), aveva costituito un’occasione offensiva per gli avversari.

Il problema difensivo del Napoli è quindi destinato ad attenuarsi col tempo, esattamente come avvenuto l’anno scorso. Quando ci fu anche un cambio di modulo benedetto, vero, ma il tutto fu in qualche modo spinto e aiutato anche dalla crescita fisica della squadra. Quello che ci aspettiamo anche quest’anno, e che dobbiamo aspettare prima di giudicare e condannare sommariamente. I miglioramenti si sono visti già col Milan. Minimi, limitati nel tempo. Ma è già qualcosa. Vedremo al ritorno della sosta. Ci sarà anche la Champions, e non si potrà sbagliare più.

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