Speravamo in un Europeo che ci riconciliasse con il calcio giocato, al momento invece la rassegna continentale in Francia rischia di passare alla storia per i gravi incidenti e non per le faccende di campo. Il terrorismo, per fortuna, non c’entra (non ancora, almeno), ma la recrudescenza del fenomeno hooligans su così vasta scala, con gli scontri di questi giorni a Marsiglia, Nizza, Lille, è preoccupante. E forse il peggio deve ancora venire: nei prossimi giorni, sono in programma partite delicatissime come Germania-Polonia, Inghilterra-Galles e Polonia-Ucraina.
Le lancette sembrano tornate indietro di almeno 30 anni, per il mondo del calcio ma non solo. Quanto accaduto nell’ultimo weekend di paura fa cadere il velo, forse definitivamente, sull’ultima illusione: il sogno di un’Europa davvero unita è destinato a rimanere tale. I fatti parlano piuttosto chiaramente. Sono mancate le più elementari norme di buonsenso, dato che far giocare una gara della nazionale dei Tre Leoni a Marsiglia era come minimo sconsigliabile, alla luce del precedente scabroso di Inghilterra-Tunisia, giocata nel corso dei Mondiali del 1998 sempre al Vélodrome. E visto il palinsesto dei prossimi giorni descritto qualche riga più su, diciamo che forse non è stata posta la dovuta attenzione nella compilazione dei gironi.
Senza fare le vergini e scandalizzarsi, la storia è piena di sorteggi “aggiustati” in ossequio alla ragion di stato: nei mondiali inglesi del 1966 la Corea del Nord, il cui governo non era riconosciuto dal Foreign Office, fu spedita a giocare a Middlesbrough e Sunderland, i due stadi più lontani da Londra, e più o meno lo stesso fu fatto a Italia ’90, dove il contenimento dei temutissimi hooligans inglesi avvenne dirottando la nazionale britannica nel girone che si giocava sulle isole, ossia a Cagliari e Palermo. Inoltre, la prevenzione non ha funzionato né a livello nazionale né sovranazionale: al di là delle enormi lacune evidenziate dal sistema di sicurezza francese (il divieto di vendita di alcolici in centro prima delle partite, scattato a Lione per Belgio-Italia, è a dir poco tardivo), non c’è stato un grande aiuto nemmeno da parte degli altri paesi, se è vero che tra gli inglesi protagonisti della follia di Marsiglia in mille non avrebbero mai dovuto partire da Londra ma il 1 giugno era scaduta (senza essere rinnovata) la diffida a loro carico a seguire partite fuori dal paese. Per paradossale che sia, a complicare la situazione ci si mettono gli stessi francesi, che hanno avuto parte attiva negli scontri di Marsiglia e sono stati gli iniziatori di quelli di Nizza, dove fino a quel momento polacchi e nordirlandesi erano andati d’amore e d’accordo. E dire che una delle partite teoricamente più a rischio, Turchia-Croazia, si è svolta sostanzialmente senza intoppi.
Emerge, da tutto questo, un quadro desolante. Le violenze e i nazionalismi che hanno dilaniato storicamente il vecchio continente non erano sopiti, semplicemente covavano sotto la cenere e trovano terreno fertile nella situazione attuale. In un’Europa che si è riscoperta divisa su temi fondanti come le politiche economiche ed umanitarie, che giorno dopo giorno si interroga sul suo futuro – quasi inquietante la coincidenza che vede, nei giorni degli incidenti di Inghilterra-Russia, la discussione crescente sulla possibile uscita del Regno Unito dal mercato unico, con conseguenze immaginabili solo fino a un certo punto – e in cui sembrano, di nuovo, prevalere gli interessi particolari anziché quelli collettivi, è quasi troppo facile creare scompiglio: si chiudono le frontiere davanti all’emergenza profughi e le si aprono con troppa leggerezza per squadriglie di picchiatori. E vengono i brividi a pensare che i disordini cui stiamo assistendo potrebbero fornire il migliore degli assist per i signori del terrore, che avrebbero buon gioco nel passare sotto traccia. Il motivo principale, ma non certo l’unico, per cui serve trovare soluzioni e farlo alla svelta.