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La rincorsa del Verona, che da Napoli può ancora credere alla salvezza

La rincorsa del Verona, che da Napoli può ancora credere alla salvezza

La squadra ultima in classifica, un (pessimo) ruolino da 3 vittorie, 13 pareggi e 15 sconfitte. Eppure, questo Verona ha ancora possibilità di salvarsi, anche perché le altre vanno addirittur peggio. Infatti, se guardiamo la classifica riferita alle ultime dieci partite, scopriamo che la squadra di Delneri ha messo insieme 12 punti. Il 54% del suo score, per l’andamento numero dieci di tutto il campionato. Nelle ultime dieci, infatti, la metà delle squadre di Serie A ha fatto peggio degli scaligeri. 

La verità sta nel mezzo, nel senso che stanno meglio loro e molto peggio tutte le altre, ma è innegabile che questa squadra abbia compiuto un deciso cambio di passo. Merito, in primis, dell’allenatore Delneri, che da queste parti deve probabilmente conoscere qualche fonte miracolosa in grado di moltiplicare per 100 il suo rendimento come allenatore. Quindici anni fa, Verona ospitò il suo Chievo dei miracoli, e solo a Genova, anno di grazia 2010, si è rivisto un Delneri così; oggi, la città della Scala potrebbe essere il teatro di un altro incredibile miracolo, che però è ancora pienamente possibile. Perché la quota salvezza, rappresentata da Carpi o Palermo, per i gialloblu, dista appena sei punti.

Il merito numero due va ascritto alla società, che ha rifatto di sana pianta la squadra a gennaio. Al ribasso, secondo alcuni, preparando già il terreno per il prossimo campionato in Serie B. In realtà, le scelte di Bigon si sono dimostrate giuste anche per questo finale di campionato, e nonostante alcuni addii eccellenti. Basti pensare ad Hallfredsson e Sala, pezzi pregiati dell’ultimo mercato finiti rottamati rispettivamente a Udine e Genoa sponda Samp. Oppure ai due alfieri Rafael, il portiere brasiliano (omonimo del Rafael di Sarri) e il messicano Marquez, assoluti protagonisti nella scorsa stagione sbolognati pure con un senso di liberazione. Sono arrivati, per sostituirli, calciatori giovani che in qualche modo hanno rinfrescato il telaio di Delneri (Samir, decisivo all’esordio lunedì in casa del Bologna, ma anche l’eterno incompiuto Marrone e i due ex viola Gilberto e Rebic) e qualche altro alfiere dal passato glorioso e oggi in disarmo, vedi alla voce Urby Emanuelson. 

Il resto lo stanno facendo i valori comunque non disprezzabili di una squadra che, in questa stagione, ha pagato prima e più di ogni altra cosa la mancanza di un piano strategico reale per sostituire Toni, che per infortunio ha saltato una decina di partite. Come dire: il giovane di sicuro avvenire Gollini, Moras, Pazzini, Juanito Gomez e l’altro baby Helander hanno fatto quanto nelle proprie possibilità, ma se ti giochi la larghissima parte della tua stagione sulla fiducia nei confronti di un 38enne rischi di finire a gambe all’aria. Anche un po’ la legge dei grandi numeri ha fregato il Verona: dopo due annate da 42 gol, era almeno preventivabile un rallentamento di Luca Toni. Che però, e questo dice tanto sul rendimento disegnato dagli scaligeri, è ancora il miglior marcatore della squadra con 6 gol.

Il resto l’hanno fatto le palle inattive. Il Verona, infatti, è la squadra che segna di più sfruttando i tiri da fermo. 19 da inizio stagione, con appena 4 rigori. 15 gol su 27 totali, quindi, sono arrivati da calcio di punizione indiretto (6), direttto (2) o da corner (7). Questione di struttura fisica, innanzitutto: a settembre, il Verona era la squadra con l’altezza media più alta dell’intero campionatlo (186 cm). Difficile credere che a gennaio, col mercato, sia cambiato granché. E poi, ovviamente, anche di una forte preparazione specifica, sia da parte di Mandorlini che del successore Delneri. Che poi ha risollevato anche i numeri relativi al gioco d’attacco dei gialloblu, che al contrario di quello che dice la classifica e la cifra dei gol segnati (27, il peggior score della Serie A) non sono la squadra che costruisce meno occasioni. C’è chi riesce a far peggio, infatti, delle 253 chance create dai gialloblu, per una media di 8,16 a partita tra key passes e assist puri. Un risultato migliore, insospettabilmente, di squadre come Chievo, Carpi e Bologna.

Ci sarà da stare con gli cchi aperti, quindi, anche per una condizione psicofisica tutt’altro che in disarmo. La vittoria di Bologna, la prima in trasferta del campionato, ha mostrato che la truppa di Delneri crede ancora nella salvezza. Fa bene, alla luce di un tredicesimo posto nella graduatoria riferita solo al girone di ritorno e di un calendatio che, Napoli e Juventus (alla 37esima) a parte, vede i gialloblu impegnati contro Sassuolo, Milan ed Empoli, ma soprattutto Frosinone e Palermo. Scontri diretti che diranno tutto, o quasi, sul futuro del Verona. Quello con i rosanero, arriverà addirittura all’ultima giornata, il 15 di maggio. L’obiettivo è arrivare a quel giorno con la possibilità ancora viva di restare in Serie A. Quest’obiettivo passa prima, necessariamente, dalla sfida proibitiva contro Napoli. La prima di sette “ultime spiagge” per Delneri e i suoi. 

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