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Johan Cruijff, quando il Pelé bianco incontrò il Napoli

Johan Cruijff, quando il Pelé bianco incontrò il Napoli

Il “Profeta del gol”, secondo il titolo del docu-film che il nostro Sandro Ciotti gli dedicò, totalmente innamorato del talento olandese, si disputa il nomignolo più diffuso insieme a quello di “Pelè bianco” coniato da un Gianni Brera sempre in vena. In verità con l’uomo in orange gli aggettivi si sono sprecati e si sprecheranno in questi momenti post mortem quando tutti vogliono dire la loro, perciò più che di aggettivi in questa sede diremmo delle sensazioni che una fine così improvvisa ma anche attesa mette a chi ha visto il calcio in bianco e nero. A chi, come lo scrivente, tirava per il pantalone il papà per farsi dire a che ora iniziava la ‘sintesi’  di questa o quella partita delle coppe europee perchè quando si beccava l’Ajax di Cruijff in Coppa U.E.F.A. o Coppa dei Campioni lo spettacolo era assicurato. Tutto rigorosamente di mercoledì, tutto a seguire lo show o il film di prima serata. Molto spesso, infatti, la sintesi era registrata e l’ora mediamente tarda non era il massimo per un bimbo ma la voglia, l’attesa e la fame di calcio internazionale era tanta che si era disposti a qualunque sacrificio pur di imparare a memoria qualche formazione estera.

Le immagini sembravano arrivare da un altro pianeta, l’HD era il futuro Orwelliano, l’audio del telecronista, attraverso il microfono, sembrava farti arrivare le folate di gelo che si vivevano in campo, il dolby surround era avveniristica tecnologia, le inquadrature erano improbabili e spesso in campo lungo, le decine di replay di oggi erano la fantascienza applicata al calcio. Ma restavi attaccato al televisore, godevi di quei fotogrammi, di quegli attimi che un campione vero come Johan Cruijff improvvisamente velocizzava come in un film di Ridolini e tu, con gli occhi, dovevi seguire quel folletto impazzito che iniziava a fare sterzate, a far sedere col culo in terra difensori avversari, a pennellare cross in area che i suoi amici capelloni dovevano solo spingere in rete. Si metteva in moto come un giocattolino a cui devi solo dare la corda, il nostro olandese volante. Si accendeva la luce, dunque, e l‘Ajax saliva sulla giostra ed iniziavano a correre tutti come forsennati, coi capelloni al vento, i basettoni lunghi, la bellissima maglia con la banda verticale rossa. Era tutto un movimento armonico e melodioso, sinfonico e struggente, era il calcio totale di Rinus Michels dove tutti facevano tutto ma dove emergeva Lui, l’uomo delle “finte”. Quei giocatori sembravano scesi da un altro pianeta, da una navicella spaziale che era passata un attimo per l’Università di Amsterdam, aveva tolto i camicioni a quadri agli studenti ‘sessantottini’ che si godevano birra e fumo sui gradoni delle facoltà, aveva messo loro magliette e pantaloncini per farli giocare al calcio e aveva detto loro “Andate ad insegnare il football”. Sorta di alieni prestati all’umanità per addestrare al calcio quando Maradona faceva ancora i palleggi nelle strade di Villa Fiorito. “Aiace”, del resto, è un nome che non ammette discussioni, è l’eroe della mitologia greca, il ‘brave heart’ dell’Iliade e fu a lui che i pionieri olandesi pensarono quando diedero il nome alla loro squadra.

Cruijff ha affrontato due volte il Napoli nella sua carriera di calciatore, prima con l’Ajax in Coppa delle Fiere ( poi Coppa U.E.F.A. ) e poi con il Barcellona in amichevole al San Paolo prima del trasferimento in America ai Los Angeles Atzecs. Nell’edizione 1969-70 della prestigiosa Coppa delle Fiere il Napoli fa un discreto filotto eliminando prima i francesi del Metz e poi i tedeschi dello Stoccarda, al terzo turno il sorteggio gli mette di fronte gli olandesi dell’Ajax che il 10 dicembre vengono al San Paolo e le buscano per 1 a 0, rete di Pierpaolo Manservisi. In campo c’è Krol ma non Cruijff. Al ritorno gli azzurri vanno in Olanda speranzosi di poter portare a casa la qualificazione, comunque consapevoli che la squadra di casa si sarebbe trasformata. Dalla loro, infatti, gli olandesi hanno un clima favorevole, a cui sono più abituati, spesso hanno giocato anche con la neve ed il Natale ad Amsterdam non è da meno. Infatti la gara si gioca il 7 gennaio dopo essere stata rimandata due settimane prima proprio per neve.

In campo questa volta c’ è anche Lui, con la maglia numero 9 e non la 14,  il Genio. Con lui, disseminati per il campo, ci sono una serie di diamanti grezzi e pepite preziose come Krol, Suurbier, Hulshoff, Muhren, Keizer e Swaart, insomma l’ossatura della futura nazionale olandese. Sì il Napoli quella sera giocò contro l’Olanda. Quella gara è rimasta negli annali del calcio azzurro per due motivi, uno calcistico ed uno essenzialmente legato alla rigidissima temperatura di quella sera. Nel caso ‘sportivo’ il Napoli riuscì ad andare ai supplementari perchè subì la rete di Swaart nel primo tempo e tenne botta per il resto della partita rintuzzando le folate avversarie e rispondendo con accenni di contropiede. Niente da fare, supplementari! Cosa succede nell’extra time? Beh, ti entra dalla panchina una riserva, uno che giocava poco, certo Suurendonk e in 6 minuti, dal 109′ al 115′ ti fa tre gol, Napoli eliminato. L’altra curiosità è che tutto gli azzurri, come si può vedere dalle foto e dalle immagini di Youtube, scesero in campo con la calzamaglia, una cosa mai più successa nella storia del Napoli che di trasferte in terre fredde ne ha fatte diverse. Ed allora gli uomini che sfiorarono l’impresa ma che poi caddero inermi sotto i colpi di Suurendonk, un gregario stempiato già a 25 anni, furono gli spaesati Zoff, Nardin, Pogliana, Vianello ( 46′ Improta ), Panzanato, Monticolo, Bosdaves (46′ Canzi), Juliano, Manservisi, Bianchi, Barison. Troppo semplice dire il caro, buon e vecchio calcio alla “italiana” di Chiappella contro il calcio “moderno” degli olandesi ma il nocciolo della questione fu essenzialmente questo tanto che Ottavio Bianchi, non abituato a quei ritmi, dovette fermare anche per i… capelli un mingherlino ma scatenato e sgusciante Cruijff che mise il suo sigillo sulla partita servendo la palla del 2 a 0 che il buon Suurendonk piazzò all’incrocio dei pali di Zoff. Quella squadra, dall’anno successivo, vincerà per tre anni consecutivi la Coppa dei Campioni. Era nata una squadra mito, il Napoli era stata una delle sue tante cavie.

La seconda volta che le strade di Cruijff e del Napoli si incrociarono fu per una amichevole-spettacolo a Fuorigrotta il 25 maggio 1978. Una gara capitata nel bel mezzo del girone finale della Coppa Italia, giocata dopo Milan-Napoli 1-1 (Savoldi) e prima di Juventus-Napoli 1-0, partite che comunque daranno poi l’accesso alla finalissima di Roma contro l’Inter. Una gara che perderemo per una rete di Bini all’87  dopo il vantaggio napoletano con Restelli, acciuffato poi da Altobelli. Nella gara esibizione, facente parte di una serie di amichevoli che il Barcellona di un Cruijff appena trentunenne fece in Europa prima della sua avventura americana agli Atzecs di Los Angeles, il Napoli non volle sfigurare davanti al suo pubblico e fece un buon allenamento. E nel buio del San Paolo (parlare di illuminazione scarsa in quegli anni era una sorta di eufemismo) gli azzurri tennero testa all’avversario davanti a circa 20000 spettatori. Di Marzio schierò una mista di titolari e riserve e si misero in evidenza soprattutto Favaro, che parò un rigore, Ferrario, che mise a segno il suo primo gol col Napoli dopo il vantaggio blugrana e Chiarugi, autore di una spumeggiante prestazione. Uscì dal campo un pò malconcio il solo Vinazzani, marcatore dell’asso olandese. Non perchè quest’ultimo avesse fatto sfracelli. Il nostro buon capitano ne aveva solo sentito l’odore.

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