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Quell’Udinese-Napoli nel giorno in cui l’Italia scoprì che il calcio era truccato

Quell’Udinese-Napoli nel giorno in cui l’Italia scoprì che il calcio era truccato

LA PARTITA – Terreno allentato per la copiosa pioggia scesa in nottata e per la insistente pioggerella che continua a cadere sullo stadio Friuli. Gli ombrelli la fanno da padrone sugli spalti, il clima è quello tipico del periodo pasquale, ovvero scuro, nuvoloso, con qualche raro sprazzo di sereno. La primavera, da due giorni, è sbocciata solo sul calendario ma i bei tempi saranno ancora da venire. In tutti i sensi. Si gioca la nona giornata di ritorno del campionato 1979-80, l’Udinese è una neo promossa, il Napoli veleggia verso un fantomatico rinnovamento, con gli acquisti di Bellugi, Guidetti, Damiani, Agostinelli, Lucido, Badiani e Bomben ma anche verso l’ennesimo campionato in cui non sarà protagonista. Lo stadio di Udine non ha i sediolini multicolorati di oggi ma una ampia pista di atletica e la struttura di un impianto dove fino all’anno prima si è giocata la serie B e dove ventimila spettatori sono il pienone. L’Udinese era stata promossa l’anno precedente dopo un campionato monstre sotto la guida di Massimo Giacomini che, anche grazie a quell’impresa, sarà l’allenatore del Napoli due anni più tardi. Non ci soffermeremo, ovviamente, su come andò, tutti sanno che quell’anno in città aumentarono a dismisura le visite cardiologiche. Cuori a pezzi e cuori infranti, la sofferenza degli azzurri aveva il volto tondo ed il capello squadrato e ben pettinato di Massimo Giacomini, un trainer che sembrava più un inviato “macchietta” di Novantesimo minuto che uno che poteva fare bene a Napoli. Il salto fu triplo per lui ma noi… saltammo il burrone della serie B per un pelo. Campionati così fanno capire, anche a distanza di anni, come non sia facile fare un balzo da una provinciale ad una squadra di una grande città se non hai gli attributi. Sarri, in questo, ci sembra essere abbastanza “tripalllico” per dirla alla Brera.

IL SISMA -Terremoto e scossa sismica, cosa hanno in comune queste catastrofi naturali col mondo del pallone? Il giorno curiosamente coincide, i mesi di differenza sono solo otto ma l’anno è lo stesso. Dunque, 23 è il giorno, l’anno è il 1980, il terremoto in Campania e Basilicata è a novembre mentre quello nel calcio è a marzo. Otto mesi esatti passarono tra i due terremoti ma entrambi furono devastanti, con le dovute proporzioni e la dovuta importanza ovviamente. Non possiamo paragonare la perdita di tante vite umane e la distruzione di interi centri urbani con delle scommesse dove al massimo un giocatore o un presidente di calcio (già ricchi, tra l’altro) vengono radiati o una società di calcio viene penalizzata o retrocessa di categoria. Eppure anche quello fu un dramma e la nazione intera sembrò piombare in una cappa di pessimismo cosmico sul circo Barnum del pallone.

Moltissimi ebbero una sorta di “dis-amoramento” per il calcio (la domenica successiva, Napoli-Milna si giocò in uno stadio semivuoto, come da foto qui in basso), un fallimento che ancora oggi è difficile spiegare; amiamo così tanto questo gioco che non ricordiamo neanche quanto tempo ne siamo stati lontani. Smisi, per la forte disillusione e lo sconforto provato in quell’occasione, di acquistare il Guerin Sportivo, di leggere giornali sportivi, il mio disincanto per le trasmissioni sportive fu sempre più crescente. Non accettavo, in fondo, che i gol che si segnavano la domenica in campo e che rivedevo in splendide foto a colori sul Guerino potevano essere finti o comunque parte di una combine, di un risultato aggiustato alla vigilia. Giocatori. Idoli incontrastati fino a quel momento, prima che mi crollasse il mondo addosso. Non accettavo che i quotidiani sportivi parlassero dell’argomento trovando improbabili giustificazioni ad un fenomeno triste o cercando di appianare le pene anche di chi meritava la radiazione. Non accettavo di vedere La Domenica Sportiva o Novantesimo Minuto con lo stesso entusiasmo che avevo coltivato da bambino, mi sembrava tutto finto e posticcio. Marcio, ecco come ci appariva il pallone che, in manette, aveva distrutto i sogni di migliaia di bambini. Non era più un gioco, era diventato una cosa più grande di noi, qualcosa che non riuscivamo a spiegarci. Lo scandalo fu di proporzioni inimmaginabili anche se successivamente altri processi ridimensioneranno la vicenda ma il calcio, e lo si capì proprio allora, non era più la nostra giostra, il gioco che distraeva dai problemi e che ci faceva essere più felici. Noi che correvamo dietro una palla, sull’asfalto, su impervi prati pieni di buche e con l’erba alta. E due maglioni a terra a fare da pali. Dove era quel gioco? Sul calcio calò una oscura falce da cui fu difficile liberarsi. E oggi ci rifiutiamo di contare tutti gli altri scandali scoppiati nel mondo del pallone da quell’anno in poi. Perché quello fu solo l’inizio.

QUELLA DOMENICA – Il 23 marzo 1980, il giorno in cui il mondo del calcio tremò, il Napoli giocò proprio ad Udine contro una squadra con due ex come Catellani e Pin ed un futuro azzurro come Vagheggi. Quella gara non la ricordo bene ma il dato di fatto, come emerse poi dalle indagini successive, fu che nessuna delle due formazioni era stata coinvolta in partite truccate. I bianconeri friulani, con la retrocessione finale, ed il Napoli, che vagava per la bassa classifica, non avevano usufruito di nessuna “combine”. Anzi, per lo zero a zero del Friuli le cronache parlarono di gara combattuta e vivace con occasioni da gol su entrambi i fronti. Tre interventi spettacolari di “Giaguaro” Castellini e dei salvataggi di Della Corna, portiere dell’Udinese, su Improta e Filippi, inchiodarono il risultato sul pari. Dunque da ciò si evince che, spente le radioline ed ascoltati i commenti, eravamo abbastanza contenti della prestazione del Napoli e del punto fuori casa. Non immaginavamo quello quel che sarebbe successo quando, alle 18, avremmo sintonizzato la tv su “Novantesimo minuto”.

Quello che ho ancora davanti agli occhi sono le camionette della polizia e della Guardia di Finanza che arrivano, con un colpo di scena hollywoodiano, negli stadi italiani. Li andarono a prendere direttamente negli spogliatoi e poi tutti a Regina Coeli. Albertosi e Morini del Milan, Wilson, Cacciatori, Manfredonia e Giordano della Lazio, il presidente del Milan Colombo. Restarono coinvolti anche l’ Avellino con Stefano Pellegrini, il Genoa con Girardi, il Perugia con Paolo Rossi, Casarsa, Della Martira e Zecchini, il Lecce con Merlo, il Palermo con Magherini. Ad altri saranno notificati degli ordini di comparizione, tra cui Agostinelli e Damiani del Napoli, questi ultimi per omessa denuncia. Tutti saranno successivamente prosciolti in sede penale ma la magistratura sportiva aveva comunque contestato l’illecito sportivo.

La prima sentenza della Commissione disciplinare fu emessa subito dopo la fine del campionato e si decise per la retrocessione in serie B del Milan, la penalizzazione di 5 punti di Avellino, Bologna e Perugia da scontarsi nel campionato 1980-1 ed una multa per diffida alla Lazio. Tra i calciatori furono radiati Albertosi, Cacciatori e Wilson e vari anni di squalifica per gli altri coinvolti, dai sei anni a Stefano Pellegrini dell’Avellino ai tre mesi per Colomba del Bologna. Damiani beccò 4 mesi di squalifica mentre Agostinelli, insieme ad altri, fu assolto. Nel grado di appello la seconda sentenza decise anche la retrocessione in B della Lazio e a quest’ultima decisione non si potè più ricorrere. Fu proprio questo ennesimo ribaltone che lasciò in serie A l’Udinese che, sul campo, era retrocessa. Era il 31 luglio 1980 e si stava, con tutti i sentimenti del caso, pensando già al nuovo campionato.

IL PRE ED IL POST SISMA – Ma cerchiamo di riassumere cosa era accaduto quel marzo del 1980. Ad inizio mese Massimo Cruciani, un commerciante di frutta, presenta un esposto alla Procura della Repubblica della capitale affermando di essere stato truffato dai giocatori della Lazio che lui aveva contattato tramite Alvaro Trinca, proprietario di un ristorante, sempre a Roma. Questi lo avrebbe convinto a scommettere soldi sul risultato finale di alcuni incontri che dovevano finire in un modo e sarebbero poi terminati con un punteggio diverso. Cruciani aveva così perso tantissimi soldi. Dopo questa denuncia la Procura ordina degli arresti e non solo di giocatori e dirigenti, viene fuori il bubbone. Da qui nasce la domenica nera del calcio italiano ma nel 1982, in seguito alla vittoria del Mundial in Spagna, verranno condonati due anni di squalifica a chi non aveva ancora finito di scontare la pena. E fu Italietta anche allora. E fu Italietta anche perché nell’estate del 1980 si riaprirono le frontiere ai calciatori stranieri, rigorosamente uno per ogni squadra, chiuse dal 1966, dal dopo Corea. Anche quella fu nuova droga, fumo negli occhi per cercare di far dimenticare quello che era successo. La speranza di rinnovare un mondo fatto di scandali e di scommesse poggiò sui nuovi stranieri. E meno male che, oltre a Luis Silvio, Juary, Neumann e Fortunato, arrivarono anche il “nostro” Krol, Brady, Falcao, Prohaska, Bertoni e Van der Korput. Altrimenti era meglio l’autarchia!
(foto Archivio Morgera)

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