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La notte in cui Insigne si è finalmente (forse) preso la Nazionale

La notte in cui Insigne si è finalmente (forse) preso la Nazionale

Il cuore disegnato con le mani, l’abbraccio con un altro giovane (Bernardeschi, in foto) che vuol dire tanto per il futuro suo e della Nazionale. E poi il gol, last but not least della serata di Insigne: un gol da centravanti per lui, che centravanti non è e che quindi, forse, è il primo ad essersi stupito per quella scivolata di prima che fa tanto bomber di professione.

Il day after di Italia-Spagna è un’ode continua al numero 24 del Napoli, ieri in campo con l’undici di un’altra maglia azzurra ma più tenedente al blu. Insigne è stato il migliore in campo per acclamazione nazional-popolare, nonostante la sua partita sia iniziata al settimo del secondo tempo. E nonostante uno schema tutto nuovo per lui, che è “nato”, nel Napoli, con la difesa a tre di Mazzarri ma non l’ha mai più rivista. Certo, di questa serie di situazioni è copmplice anche la pessima prestazione di Edewr, un calciatore irriconoscibile da quando ha lasciato la Sampdoria per l’Inter. Primo tempo inguardabile, avvio di ripresa ancora peggiore e poi ecco Insigne. Il fantasista azzurro si sistema a sinistra, ma riesce subito a fare i conti con un modulo diverso, più asimmetrico rispetto a quello del Napoli. Perché il suo dirimpettaio nel 3-4-3 virtuale voluto da Antonio Conte, Candreva (sotituito poi da Bernardeschi), funge più da esterno di raccordo che da ala pura, costringendo il talento di Frattamaggiore ad avvicinarsi il più possibile a Pellé e poi a Zaza, punte uniche scelte dal ct.

Otto minuti dopo il suo ingresso in campo, Insigne fa capire subito quale sarà la sua interpretazione personale del ruolo ritagliatogli addosso dal “nemico” Conte: l’attaccante mi apre gli spazi, io rientro verso il campo e cerco la porta. Il tocco di Giaccherini, in un’azione di ripartenza, apre a Insigne la prima possibilità di tiro verso la porta di De Gea. Il destro a giro è una certezza, altro che ipotesi o soluzione: bravo il portiere dello United a chiudere sul secondo palo e a smanacciare in angolo. 

Il gol, pochi minuti dopo, nasce da un altro tipo di movimento. L’azione di contropied stavolta si sviluppa a destra, con il bravissimo Bernardeschi che cambia lato e trova ancora Giaccherini. Insigne, stavolta, attacca l’area spagnola. Gli iberici difendono malissimo, sono in inferiorità numerica: il centro area è sguarnito, e l’esterno del Bologna indovina il corridoio. Scivolata, porta spalancata. Gol. A quasi tre anni dal primo acuto in Nazionale, Italia-Argentina 1-2 all’Olimpico e splendido tiro a giro, roba dei suoi, spostato a sinistra fuori area.

Già allora si parlò di Insigne che si prende il posto da titolare, la tanto agognata maglia azzurra, l’idolo Del Piero e mille altre robe così. Sarebbe andata, è andata diversamente. Venne una convocazione ai Mondiali, al posto di Giuseppe Rossi, che fu più una cosa emergenziale che un vero premio a Insigne. Poi il pasticciaccio brutto con Conte, ma anche la stagione di miglior “secondo violino” della Serie A accanto e insieme al cannibale Higuain: Insigne re degli assist, ma anche autore di 11 gol, massimo score mai raggiunto in un massimo campionato.

Anche qui sul Napolista abbiamo criticato Conte per l’ostracizzazione forzata e forzosa di Insigne, a poi Conte ha voluto in qualche modo smentirci e smentirsi ed è tornato sui suoi passi. Bene per Insigne, ma soprattutto bene per lui. Perché, gol a parte, Insigne è entrato e ha cambiato la Nazionale. Il gol, una prestazione elettrica, positiva, convincente. E poi l’attacco d’arte finale, un pallonetto meraviglioso su servizio (ancora) di Bernardeschi.

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Due letture per questo momento, per questa giocata. Quella tattica e quella estetica. La prima ci dice che Insigne, schierato in posizione di seconda punta, può essere molto pericoloso. Fondamentale l’apporto degli esterni, qui Bernardeschi taglia il campo in una difesa alta e trova Insigne in una zona perfetta per inventare una conclusione. Quella estetica è superflua, ma la scriviamo lo stesso: tocco di sinistro a controllare, poi di prima il destro a cercare di scavalcare De Gea. Giocata da campione per Insigne, risposta da campione per il goalkeeper del Manchester United. Tutto bellissimo.

Così come la prestazione generale di Insigne, inserito in un contesto, quello disegnato da Conte, in grado di tenere testa, per qualche frangente di partita, anche alla Spagna di Del Bosque. Fare trionfalismi ora, dopo un’amichevole, è quantomeno esagerato. Italia-Argentina avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Certo è che oggi Insigne è una pedina irrinunciabile per questa Nazionale. Tolto Giovinco, stella abbagliante di un campionato di scarse qualità e competitività, è l’unico talento in grado di cambiare l’azione offensiva e la partita con una singola giocata. Lo ha detto e lo dice ancora il campionato, lo ha detto un’amichevole di prestigio contro la Spagna. Servirebbe la conferma in un altro super-match, magari quello con la Germania a Monaco, martedì sera. Insigne titolare per ribadire che le ruggini con Conte «sono state chiarite». E che, in questo momento, la Nazionale non può proprio fare a meno di lui.

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