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La ragazzina down che gioca a pallavolo e firma autografi ai compagni di scuola

La ragazzina down che gioca a pallavolo e firma autografi ai compagni di scuola

Eleonora Buono è una ragazzina di quasi 13 anni (li compie il 20 maggio) affetta dalla sindrome di Down. Ha esordito qualche settimana fa nel campionato federale Under 13 con la sua squadra l’Ischia Pallavolo. Eleonora vive a Ischia e la sua storia è stata raccontata da Pasquale Raicaldo sul giornale isolano, Il Dispari, e poi ripresa da La Repubblica. «Dopo essersi vista su La Repubblica è diventata ancora più peperina – ha commentato il papà, Giovanni Buono, al telefono con noi – E’ una casinara, le piace stare con gli altri ragazzi, è benvoluta da tutti, anche a scuola, ma è vivacissima. Anzi, se si calmasse un po’ non sarebbe male. Vederla sul giornale è stato stranissimo. All’inizio tornava a casa dicendo che i suoi compagni volevano il suo autografo sulla pagina del giornale. Era piena di orgoglio».
Ecco la storia di Eleonora nelle parole di Pasquale Raicaldo su Il Dispari.

Le brillavano gli occhi. E quasi non ci credeva, Eleonora. Il suo esordio nella pallavolo agonistica, roba da ricordare. Perché il minivolley, in fondo, è un’altra cosa: allenamenti, partitelle, ma l’adrenalina della partita è qualcosa di profondamente diverso. E quando è arrivato il suo momento, anche se era l’ultimo punto dell’ultimo set di una partita stregata (Pgs contro la sua Ischia Pallavolo), il cuore batteva fortissimo. «Sì, ero emozionata. Certo che lo ero», sorride lei, sgranocchiando un pacchetto di crackers dopo l’allenamento. «E’ il suo rito – racconta papà Giovanni – Non è particolarmente golosa, ma al pacchetto di crackers non rinuncia mai». Questa è la meravigliosa storia dell’esordio di una bellissima dodicenne in un campionato agonistico interisolano, l’Under 13. E sarebbe meravigliosa comunque, perché sono sempre memorabili i traguardi delle adolescenti che amano lo sport e vi si dedicano anima e corpo. Per crescere e socializzare. Per stare bene. Sarebbe meravigliosa, questa storia, anche se Eleonora Buono, dodici anni, non fosse affetta dalla sindrome di Down. Un cromosoma in più: nella coppia di cromosomi numero ventuno, tre invece di due.

E così, quell’esordio che è durato appena il tempo di un punto è stato anche e soprattutto una festa: amiche e allenatore, papà e mamma, la sorella Maria Cristina – diciassettenne, gioca in serie D e allena, perché questa è una passione che contagia – e le piccole avversarie, anche. Eleonora fa pallavolo da sei anni. Le vogliono bene tutti, da Mario Cambria – che l’ha allenata negli anni scorsi – a Francesco Buono, che l’ha fatta esordire e la segue senza attenzioni particolari. Assolutamente. «Eleonora – ci racconta – è una della squadra, le compagne la adorano. Nessun esercizio le è precluso e quando sbaglia il bagher, pazienza, ci riproverà con più applicazione. Con molte delle sue compagne di squadra è cresciuta, alle ultime arrivate non c’è stato bisogno di fare nessuna premessa: Eleonora è una di loro, la diversità non è un ostacolo». Hanno molto da insegnarci, i bambini, e quando lo sport riesce a farsi veicolo di inclusione e integrazione – un pallone che rotola e piccole atlete che sorridono, rincorrendolo – viene da domandarsi come e perché i grandi, con i loro loschi affari, il business e le smisurate ambizioni, riescano sovente a rovinare tutto. Ma questa è un’altra storia.

Quella che vi raccontiamo oggi è invece la storia di Eleonora, pallavolista in erba, inno vivente a De Coubertin perché davvero partecipare è già vincere, mai come nel suo caso. Papà Giovanni e mamma Lula (nome di origini greche) sono i primi fan, naturalmente. E per loro il bicchiere è sempre stato mezzo pieno. «Certo, quando ci comunicarono che Eleonora era affetta dalla sindrome di Down, subito dopo la sua nascita, ci sembrò crollare il mondo addosso. E certo abbiamo dovuto fare dei sacrifici, e ne facciamo. Ma siamo assolutamente fortunati: lei è completamente indipendente, le piace giocare, va bene a scuola (frequenta le medie Scotti, n.d.r.). Ha sempre frequentato il DhC, il Centro di Riabilitazione Motoria, e quando l’abbiamo avvicinata alla pallavolo è scoccata la scintilla. L’importante è che faccia sport e si diverta».
Da un lato e dall’altro, si direbbe. «
Eleonora – racconta coach Mario Cambria – ha fatto tutto il percorso con noi. Con Marianna, con Ciro, con me. Oggi sta con Francesco. E’ in gamba, le vogliamo bene». E quando si spegne il rumore delle pallonate che si infrangono contro le mura della palestra del Polifunzionale, dove le piccole atlete si allenano prima di fare spazio a bimbi minuscoli (non è mai troppo presto per fare sport), Eleonora – finito il suo puntuale pacchetto di crackers – si incappuccia per bene e, sorridendo, ci fa: «La migliore della squadra? Sono io». Lo è davvero, d’altronde, perché è una campionessa l’adolescente che vive e gioca senza avvertire i limiti, batte il cinque con le compagne di squadra dopo ogni scambio e due volte a settimana si allena senza saltare nessun esercizio, seguendo alla lettera i suggerimenti dell’allenatore, Francesco Buono, e qualche volta anche della sorella più grande, Maria Cristina (che però allena i più piccoli).  
Il mondo – ha scritto Coelho – è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. «Una volta – racconta papà Giovanni, che lavora alle Terme di Ischia – tornò a casa, frequentava le elementari, e ci disse: “A scuola hanno detto che sono Down. Che significa?”. Le abbiamo parlato di piccole diversità, che nel suo caso sono realmente piccole. Abbiamo imparato che ci sono diverse gradualità attraverso cui si manifesta la sindrome e nel caso di Eleonora siamo stati, a nostro modo, fortunati». Eccolo, il bicchiere mezzo pieno di una splendida famiglia che vive a Piedimonte e che condivide i più sani tra i principi possibili (Giovanni è anche attivissimo donatore di sangue Fidas, mamma Lula si occupa delle faccende di case e mostra con orgoglio su Facebook l’amore per le due principesse di casa).
Il risultato è negli occhi, diversamente identici, di due sorelle che si vogliono bene e giocano a pallavolo: campionessa l’una, Maria Cristina, che a diciassette anni è apprezzata palleggiatrice della compagine femminile dell’Ischia Pallavolo; campionessa l’altra, Eleonora, che prova e riprova la battuta perché – spiega l’allenatore alle ragazze in semicerchio – nell’ultima partita ne abbiamo sbagliate troppe. Lei, magari, quella volta lì era troppo felice per il suo esordio per badare agli errori tecnici che avevano consegnato i due set agli avversari. Ma si applicherà, altroché se lo farà. Sorridendo sempre, con quegli occhi che rivelano la sua anima. E  testimoniano all’isola e al mondo che, per dirla con Albert Einstein, ci sono due modi di vivere la vita. Uno è pensare che niente sia un miracolo. L’altro è pensare che ogni cosa lo sia.

Foto fornite al Napolista dal papà di Eleonora

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