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La crisi del gol non è altro che un momento di umanità di Gonzalo Higuain

La crisi del gol non è altro che un momento di umanità di Gonzalo Higuain

Da cinque partite, il Napoli non riesce a segnare più di un gol. Non è solo un record negativo nella stagione azzurra, ma addirittura una prima volta assoluta: mai, infatti, prima di questo filotto, la squadra di Sarri era rimasta per più di una partita con un solo gol realizzato, calcolando pure le varie intersezioni tra le competizioni e la successione tra campionato, Europa League e Coppa Italia.

Anche il primo periodo in campionato, le tre partite iniziali con due pareggi e una sconfitta furono comunque accompagnati dai numeri di un attacco in salute: il gol a Sassuolo, i due in casa con la Sampdoria e i due della trasferta ad Empoli. Poi venne il passaggio al 4-3-3, e con esso l’esplosione assoluta di questa squadra, soprattutto in attacco: roba da 74 reti realizzate in 33 partite, per una media clamorosa di 2,24 gol ogni novanta minuti. E poi gli altri numeri, quelli del predominio totale di azioni offensive: il Napoli ha una media di 17,3 tiri a partita, 6 in porta. E un totale di 354 chance create solo nelle 26 gare di campionato, per un totale di 13 occasioni ogni novanta minuti. 

E poi c’è la statistica che dovrebbe in qualche modo chiudere il cerchio del gioco con l’accento dei risultati: shot accuracy in inglese, che suona molto meglio della traduzione letterale (“accuratezza del tiro”) in italiano. In parole più povere, percentuale di realizzazione tra tiri in generale e tiri in porta, quindi precisione dell’attacco azzurro. È qui, proprio qui, che il Napoli sta vivendo il suo calo: la percentuale di campionato si attesta attorno al 44%, ma la media è influenzata dalle ultime tre, pessime, esibizioni: 37% contro il Carpi, addirittura 17% contro la Juventus e 29% contro il Milan. Nemmeno quattro tiri su dieci nella sfida con gli emiliani e uno su dieci, a Torino, hanno inquadrato lo specchio della porta. Da qui, è facile capire quale sia il problema alla base di questo primo calo del Napoli di Sarri: la freddezza e la precisione in zona gol.

E qui, ovviamente, entra in gioco il nome dei nomi: Gonzalo Higuain. L’argentino, ovviamente, non è stato solo un centravanti per il Napoli. Uno che realizza 24 gol in altrettanti match di campionato è, deve essere, per forza, qualcosa di più. Semplicemente decisivo. Ha segnato in tutti i modi possibili: 13 volte col destro, 8 col sinistro, 2 di testa e persino una col tronco, di rimpallo, in casa della Lazio. Ha una media di 4,15 tiri a partita in campionato, e quindi una percentuale di realizzazione pari al 22,2%. Un gol ogni quattro tiri, mentre più di un tiro su due (il 55%, per la precisione) ha centrato lo specchio della porta. Una roba mostruosa, cifre eccezionali. Cifre che sono in calo, però. Quelle del Napoli come quelle di Higuain: forse, le prime sono in calo proprio a causa di quelle del Pipita. Che nelle ultime tre in campionato ha tirato 10 volte in tutto, di cui 6 col Carpi e una con la Juventus, e ha segnato solo su calcio di rigore. Una percentuale di conversione del 10% su un dato comunque già in picchiata, quello della media-tiri: non più 4,15, ma 3,3. Un tiro in meno, una possibilità in meno di segnare.

Quindi: un periodo poco brillante dal punto di vista non solo della fortuna, ma anche, se non soprattutto, sotto l’aspetto fisico e mentale. Lo dicono i numeri, lo vedi in campo in un atteggiamento che ricorda il calciatore spaurito e smarrrito della scorsa stagione. E se si ferma Higuain, si ferma l’attacco azzurro, c’è poco da fare: perché Insigne ha una shot accuracy del 38%, mentre Callejon ha segnato 3 volte su 29 tiri, quest’anno, in campionato. Il problema, quindi, sta nell’umanizzazione di Higuain e pure nell’atteggiamento delle squadre affrontate in questo febbraio così difficile: Juventus a parte (11 occasioni), Carpi, Milan e Villarreal (in quattro partite) hanno messo insieme 22 occasioni da gol, non più di cinque a partita. Di queste, dieci solo il Villarreal nella sfida del Madrigal. In tutti questi match, gli avversari sono stati più interessati a distruggere il gioco del Napoli piuttosto che a proporre il proprio, per caratteristiche endemiche della rosa (il Villarreal, un po’ lo stesso Milan) o per una reale inferiorità tecnica (il Carpi e il “resto” del Milan). Persino la Juventus si è presentata in una versione riveduta e corretta al big match dello Stadium: schema zoppo, due giocatori sulla destra e Pogba esterno nominale a sinistra in modo da arginare la fascia più pericolosa del Napoli, quella di Ghoulam, Hamsik e Insigne. Eppure, il Napoli ha saputo costruire gioco e occasioni. Ma non ha trovato davanti il solito attacco, non ha trovato il solito Pipita. O, forse, ne ha trovato solo uno un po’ più umano. Per chi è abituato agli alieni, può anche non bastare.   

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