ilNapolista

Carlos Bacca, il centravanti classico che faceva il controllore e ama la Rabona

Dovevano essere in tre, inizialmente: Gonzalo Higuain, Edin Dzeko e Carlos Bacca. I tre grandi attaccanti stranieri appena dietro la Juventus che aveva dato via il centravanti dal grande nome, Tevez, per raggiunti limiti di età, ed aveva acquistato un attaccante più di fatica che di gol: Mario Mandzukic. Poi Dzeko ha deciso di darsi malato, di vivere una stagione al di sotto delle aspettative. Ed ecco quindi che l’unico davvero in grado di essere accostato, seppur alla lontana, al fenomeno-Higuain, resta Carlos Bacca. Storia strana, quella dell’attaccante colombiano, e basta un solo dato per capire: zero partite di Champions League a 29 anni compiuti. Eppure una patente certa di grande bomber europeo.

Arriva al San Paolo lanciando il guanto di sfida al Pipita: «La prima palla la metto dentro». Ha già segnato 15 gol in 18 partite, con una media di 0,53 gol a partita e una rete ogni 155 minuti stagionali. Niente male, considerando l’annata un po’ così del Milan, sospesa tra alti e bassi. Gli alti sono quasi tutti merito suo, di Carlos Bacca da Puerto Colombia, cittadina di 26mila abitanti della Colombia settentrionale: la doppietta al Palermo della quarta giornata, il gol nel derby (stra)vinto 3-0 contro l’Inter, le cinque realizzazioni nelle ultime sei partite. E poi, pure due gol fondamentali in Coppa Italia, con la gemma di follia e sfrontatezza nel quarto di finale contro il Carpi. Questa roba qui, tanto per ricordare: 

Non è un caso, ci sono anche altre testimonianze video su Youtube. Qui, ad esempio, ma anche qui e qui. Bacca è uno studioso e tirocinante della Rabona, ma anche e soprattutto un attaccante capace di costruirsi da solo, attraverso una lunghissima gavetta, l’immagine e il curriculum del grande cannoniere, titolare inamovibile in una nazionale che vive una fioritura irripetibile di talenti e ha potuto convocare, negli ultimi anni, attaccanti come Jackson Martinez, Falcao e James Rodriguez. L’infanzia insieme al papà sui bus di linea colombiani, ad aiutarlo a controllare i biglietti dei viaggiatori; poi l’ascesa, nelle squadre di casa (Barranquilla, Minerven, Junior) e infine l’Europa, anche abbastanza tardi, a 26 anni compiuti e in un club di un campionato di seconda fascia, il Bruges. Dove si capisce quasi subito che è fuori posto. I primi sei mesi della stagione 2011/2012 e poi l’esplosione fragorosa in quella successiva. Bacca segna 25 volte in campionato e altre tre in quella che diventerà la sua competizione preferita: l’Europa League. 

Il Siviglia lo acquista nella stessa stagione in cui assume Unai Emery per la panchina, pagando al Bruges una cifra ragionevole: sette milioni di euro. Il triangolo Siviglia-Bacca-Emery è un colpo di fulmine immediato: il colombiano balla tra campo e panchina, fino a una doppietta col Rayo Vallecano che lo consacra inamovibile nell’attacco degli andalusi. Nella Liga, il Siviglia ha un ruolo da comprimario che però si ribalta in Europa League, competizione iniziata coi preliminari e che vede la squadra di Emery e lo stesso Bacca avanzare sicuri verso la fase finale. Carlos segna nella sfida-rimonta in casa dei cugini del Betis, pure in semifinale col Valencia. Nella finale di Torino, realizza uno dei rigori della lotteria che esalta Beto e porta l’ex Coppa Uefa a Siviglia. La stagione successiva, giusto la scorsa, va se possibile anche meglio. Bacca ha giochicciato ai Mondiali, appena 20 minuti nei quarti col Brasile, e ha tutta la voglia di confermarsi. Anche perché, parole sue, «mi è costato tanto arrivare fin qui, ma ne è valsa la pena. Ho lottato sempre per essere un buon calciatore». Non solo si conferma, ma si migliora addirittura: 20 gol nella Liga, altri 7 nella seconda cavalcata consecutiva in Europa league. Stavolta pure la finale celebra il magic-moment di Bacca, con una doppietta che abbatte il Dnipro e dà al Siviglia la sua quarta affermazione nella seconda competizione europea.

Diverse squadre su di lui quest’estate ma alla fine la spunta il Milan che con larghissimo anticipo annuncia il suo arrivo in Italia (30 milioni per il cartellino) già il 2 luglio del 2015. Le sue prime parole da rossonero: «Ho scelto il Milan perché è un club grande, molto ambizioso, uno dei migliori in Italia. Mi ha convinto il progetto». Parte anche bene, poi si inabissa insieme alla squadra. All’andata, nel largo successo del Napoli a San Siro, è l’unico che prova a dare un minimo di verve a un attacco asfittico, bloccato, privo di idee. Poi la quadratura trovata da Mihajlovic e un ritorno a livelli apprezzabili, della squadra e quindi suoi. Sì, perché il rapporto tra Bacca e la sua squadra è una partita doppia, dare avere entrate uscite. Perché se la squadra non gira, un attaccante come Bacca, da solo, può far poco. Il colombiano è un finalizzatore puro, un centravanti completo che però resta centravanti e basta. Non un regista offensivo aggiunto alla Higuain, né tantomeno un uomo squadra o un fine dicitore. Uno che segna e basta, e che proprio per questo promette di «mettere dentro» la prima palla che capita. E che, ogni tanto, si ricorda di amare tanto la Rabona. Lunedì sera, in uno stadio che di questi colpi se ne intende, bisognerà tenere d’occhio soprattutto lui. 

ilnapolista © riproduzione riservata