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Luciano Cimmino, fondatore Yamamay, replica a Postiglione: «Ho dedicato la mia vita a Napoli, non consento a nessuno di offendermi»

Luciano Cimmino, fondatore Yamamay, replica a Postiglione: «Ho dedicato la mia vita a Napoli, non consento a nessuno di offendermi»

Due giorni fa, Alessio Postiglione, collaboratore del sindaco Luigi de Magistris, sulla sua pagina facebook ha scritto uno status (che al momento non riusciamo a ritrovare, non sappiamo se sia stato cancellato) in cui attaccava la Yamamay per la scritta Milano sotto il logo. Ecco lo scritto: “Yamamay e Carpisa, vergogne di Napoli. Pensavo fossero l’eccellenza di due progetti imprenditoriali vincenti, nati dall’estro made in Naples di Gianluigi Pellegrino. L’estro di chi rivendica con orgoglio le proprie origini napoletane. Invece, questi provinciali hanno vergogna di rivendicare le loro radici napoletane, di una città dell’arte e della cultura. E si propongono in Spagna come “Yamamay Milano”. Caro Cimmino, se non credi in ciò che sei perché ci dovrebbero credere gli altri? A Milano sarai sempre un terrone. Sono sinceramente indignato da chi nasconde le proprie origini invece di dimostrare che anche a Sud si fa impresa a livello internazionale”. Quella che segue è una lettera di Luciano Cimmino che affida al Napolista la sua risposta a Postiglione.

Caro Postiglione, stanotte alle tre un mio amico, in viaggio all’estero, mi ha inviato su WhatsApp il resoconto di quanto è apparso su Facebook per essere poi ripreso da “Giornalettismo”.

Non pratico i social da tempo e comunque, in qualche modo, debbo risponderti.

Innanzitutto voglio chiarirti che ho trascorso tutto il mese di dicembre fino ad oggi a Napoli per lavorare tutti i giorni (compreso vigilia, Natale, ed altre feste comandate) e per essere vicino a qualcuno che è rimasto indietro lungo il percorso della vita.

Il giorno 30 mi sono incrociato con Luigi De Magistris a Scampia, dove mi sono recato per salutare la Boldrini, approfittando del fatto che l’Associazione che aveva organizzato l’evento è retta dai tanti amici che ho a Scampia ed a cui, in un modo o nell’altro, sono da tempo vicino.

Naturalmente credo ti sia facile immaginare come, in alternativa, mi sarei potuto organizzare una bella vacanza senza nessun complesso di colpa, essendo entrato nel settantaduesimo anno di vita ed avendo maturato 54 anni di attività lavorativa.

Attività lavorativa iniziata a Napoli, esattamente al Corso Umberto, dove ho imparato a conoscere anche il ventre della mia città, dopo essermi cullato nell’ambiente borghese del quartiere Vomero, dove sono nato, ma non senza un’esperienza scolastica al Vico Zuroli, cuore di Forcella, dove l’Istituto Tecnico Diaz aveva ben pensato di aprire una succursale.

Sono quindi napoletano di origine DOCG e rivendico con orgooglio questa mia prerogativa.

A Napoli, fino ad ora, ho solo dato, come è giusto che fosse, e non mi aspetto certo nulla in cambio dopo tanti anni, ma non permetto a nessuno di offendermi con pretestuose insinuazioni che naturalmente non colpiscono le migliaia di persone che mi conoscono ma potrebbero insinuare qualche dubbio in tanti altri che non mi hanno mai frequentato.

Ti spiego brevemente la storia che ha dato origine alla tua immotivata reprimenda.

Nel 1983 fondai, semprea Napoli, una società con il marchio Original Marines.

Società ancora oggi attiva con sede in Campania e che dà lavoro a centinaia di persone.

Nel 2001 per questioni familiari fui costretto a vendere la mia partecipazione in questa società. Realizzai una cospicua cifra che mi avrebbe potuto indirizzare verso soluzioni di minore impegno. Ma io ho una sola fede: il lavoro! E su iniziativa di mio figlio Gianluigi demmo vita al marchio Yamamay con una società avente sede a Gallarate semplicemente perché in quella città operava un industriale dell’intimo, pronto ad investire su di noi e a diventare nostro socio.

La società è ancora lì, in Lombardia e decine di napoletani si sono trasferiti a Gallarate per lavorare con noi insieme ai colleghi lombardi.

Nel frattempo avevamo avviato a Napoli il progetto Carpisa con un’altra famiglia napoletana, quella dei Carlino.

Dopo alcuni anni decidemmo di liquidare il socio lombardo e così ci indebitammo fino agli occhi per portare avanti questa operazione.

Pertanto sia il marchio Carpisa che quello Yamamay sono saldamente in mani napoletane dando lavoro direttamente a quasi 1500 persone di cui l’80% donne, con un età media inferiore ai 28 anni. Intanto abbiamo preso atto che nel corso degli anni il modo di fare impresa è completamente cambiato.

In Spagna era sorta una società completamente autonoma, con sede a Barcellona, per distribuire il marchio Yamamay. Questa società ottenne dal nostro socio lombardo la possibilità di aggiungere Milano al logo. Si tratta di un caso unico cui sarebbe stato inutile ad anche sciocco opporsi, per una questione di rapporti che in quel momento andavano mantenuti in equilibrio.

D’altra parte non so se l’anagrafe ti ha consentito di registrare il periodo in cui l’Italia si identificava con la Fiat e la stessa Torino ERA la Fiat.

Oggi il processo di internazionalizzazione ha smantellato questo mito dopo quasi cento anni.

Noi non ci paragoniamo certo alla Fiat ma è normale che nei rapporti internazionali bisogna usare il cervello e gestire le cose secondo i momenti e le circostanze.

Le mie convinzioni sul dover mantenere orgogliosamente tutte le prerogative di napoletanità, e di come  abbia inteso inculcare questi concetti nelle seconde generazioni, lo potrai verificare andando in rete a cercarti l’intervista rilasciata da mio figlio a Nicola Porro nella sua trasmissione “Virus” su Rai Due.

L’intervista è stata vista da migliaia di napoletani. In questa intervista mio figlio rivendica con forza e decisione non solo la sua napoletanità ma l’orgoglio di poterlo dimostrare in tutto il mondo.

Ho trascorso un intera notte, mentre ero in Cile, sempre per lavoro, a leggere centinaia di messaggi che mi hanno inviato i napoletani dopo aver visto questa intervista.

Caro Postiglione, una vita di lavoro e una storia non si cancellano con una parola.

Bastava conoscerci o chiedere una spiegazione, che non sarebbe mancata, così come è codificato nelle buone norme della comunicazione. Ma tant’è, oggi prima si spara lo scoop e poi si aspettano le repliche.

Sono comunque sempre pronto, disponibile ad accettare critiche ed aperto a qualsiasi confronto, ma su questo fronte non può esserci dialogo.

So di essere immodesto con questa affermazione ma la modestia può diventare lo scudo dei fessi e, credimi, fesso non sono.

Al piacere di conoscerti personalmente, ti invio, comunque, un cordiale augurio di buon anno.
Luciano Cimmino

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