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Perché la scienza statistica aiuta il calcio

Perché la scienza statistica aiuta il calcio

Alla prima pagina del manuale di sopravvivenza del bravo boyscout – dove per scout si intende lo scoutismo statistico – è suggerito di custodire sottobraccio una copia di Moneyball ed avere in tasca un web-pad saturo di apps Opta.

Per i novizi, Moneyball è un romanzo di Michael Lewis incentrato sulle vicende sportive degli Oakland Athletics, club di baseball che, nonostante la disparità economica nei confronti delle concorrenti, si è imposto ai vertici grazie all’utilizzo dell’analisi statistica applicata ai dati sportivi. I due fautori di questa innovazione sono stati il general manager William Beane e l’analista Paul DePodesta, punti di riferimento tanto per i direttori sportivi quanto per studenti e professionisti che vogliano prestare le proprie conoscenze al servizio della passione per le discipline sportive.

Le buone idee non hanno passaporto, allora come nel baseball anche nel calcio l’analisi statistica è la nuova frontiera del business. I club stanno investendo in ricerca e acquisti di dati di diversa natura – dall’incidenza delle variabili di gioco a quelle economiche – convinti che sia la strada giusta verso il successo.

Le domande che vi starete ponendo ora sono: può davvero l’approccio scientifico incidere sulle performance sportive? E tutti i dati sono hanno la stessa valenza?

Se non vi fidate di me, vi farò rispondere anche dai diretti interessati.

“I risultati influenzano lo stato d’animo della gente e dove c’è emozione c’è un’opportunità, dal punto di vista del business. […] Usare l’analisi quantitativa non vuol dire che ogni decisione che prendi sarà giusta, poi quando cerchi di cambiare una cultura ci vuole tempo. Quel che devi fare è togliere l’emotività da qualsiasi decisione […] devi essere spietato e avere sempre il completo appoggio dei proprietari del club» dichiara Beane in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. La diffidenza può rallentare il processo di crescita – si veda il caso di Damien Comolli, amico di Beane ed ex assistente di Wenger, che divenuto general manager al Tottenham fu costretto all’esonero perché anteponeva la sapienza all’istinto nelle sue scelte – ma l’oscurantismo è destinato a dissolversi.

Veniamo infatti alla seconda risposta, ma prima di argomentare suggerisco una tag-line estratta dalla versione cinematografica: “Tra i ventimila giocatori che vale la pena di valutare credo ci sia una squadra da titolo di venticinque giocatori che ci possiamo permettere, una specie di isola dei giocattoli difettosi”. Questi atleti non erano selezionati solamente per un’analisi quantitativa dei punti fatti o delle basi conquistate, ma attraverso opportuni indicatori. Spesso l’audience confonde quelle che sono le cosiddette statistiche con la scienza che ne è alla base. Si potrebbe – svincolandosi dall’aggettivazione accademica – definire la statistica come la disciplina che sa dare significato alla casualità. Non tutte le variabili hanno la stessa significatività e l’acume consta proprio nella loro individuazione dall’ampia matrice del calcio, al fine di pervenire ai giusti indicatori che possano fare la differenza.

In conclusione, è lecito specificare che la scansione dei numeri non sostituisce la visione della partita ma fornire una struttura scientifica al suffragio d’opinioni è parte del faticoso processo di emancipazione dell’uomo da uno stato di minorità. Difatti, l’opportunità di discutere di calcio con basi differenti dal solo sensitivismo dei critici comporterebbe un’evoluzione nello stesso dibattito giornalistico, attribuendo la giusta dignità ad uno sport che tanto amiamo.
Fabio Fin

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