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La punizione di Maradona alla Juventus. Platini scoprì che “a Napoli piove sempre”

Michel non sapeva che un gesto tanto straordinario poteva essere realizzato soltanto sotto la pioggia. Che bagna Napoli molto più di quanto possiamo immaginare

La punizione di Maradona alla Juventus. Platini scoprì che “a Napoli piove sempre”

Si vantano di essere il paese del sole

Platini credette di aver scoperto chissà che cosa. «Si vantano di essere il paese del sole, ma quando vengo a Napoli piove sempre». La erre moscia aggiunse altra insolenza. Non sapeva Michel, è il caso di dirlo, di aver scoperto l’acqua calda. Certo che a Napoli piove, e pioveva anche quel pomeriggio, il 3 novembre di trent’anni fa. Il giorno del calcio di punizione più bello di sempre. Le cose veramente strane furono altre. La prima: Maradona che conclude in porta di testa. La seconda: Maradona che conclude in porta di destro. La terza: Scirea, l’angelo Scirea, costretto a entrare fallosamente in scivolata sul diavolo Diego.

Poi, quando tutto pareva ormai finito, arrivò quel tiro di cui da tempo ormai sappiamo tutto. Descritto e raccontato solo con metafore. Il colpo del genio, la pennellata, un ricciolo dipinto col sinistro. La Juve veniva da otto vittorie consecutive nelle prime otto giornate, perse per 1-0 con quel gol segnato su punizione a due in area, la barriera vicinissima, una traiettoria impossibile. Il famoso tocco breve di Pecci il piedone, il famoso racconto di Bruscolotti, il famoso ruzzolone di Celestini mentre festeggiava sotto la tribuna. 

Solo sotto l’acqua poteva riuscire

Quello che Platini non poteva immaginare è che solo sotto l’acqua un gesto tanto straordinario poteva riuscire. Come aveva cantato Pino Daniele solo cinque anni prima, “quanno ll’acqua te ‘nfonne e va, ll’aria s’adda cagnà”, e nel campionato italiano l’aria cominciava a cambiare proprio quel giorno. Andava in crisi un regno – dopo quel 1985/86 la Juve non avrebbe più rivinto il titolo fino al 1995 – così come sotto la pioggia il teatro di Eduardo De Filippo aveva fatto andare in crisi la famiglia tradizione in “Questi fantasmi”. Quando Pasquale Lojacono si rifugia terrorizzato su uno dei suoi balconi, “il temporale assume caratteri apocalittici. La pioggia è imminente”.

Malacqua

Il grosso del corpo delle opere della letteratura napoletana ne è testimone: più un avvenimento è eccezionale più cade acqua sulla città. Il testo madre è “Malacqua” di Nicola Pugliese. La pioggia è protagonista assoluta dalla prima all’ultima pagina. Il sottotitolo è chiarissimo: “Quattro giorni di pioggia nella città di Napoli in attesa che si verifichi un accadimento straordinario”. Ma a scavare bene dentro la nostra storia e la sua rappresentazione, l’accadimento straordinario è in realtà quotidiano. Come ha notato Giuseppe Pesce in “Napoli, il Dolore e la Non storia”, esso vive dentro il sentimento del popolo napoletano, che consuma il suo tempo nella costante prospettiva di assistere a un miracolo, oppure aggiungo io: nella più attiva delle ipotesi, di prendervi parte. 

L’arte della felicità

Troisi e Lello Arena

Il taxi di Sergio, protagonista del film “L’arte della felicità” di Rak, percorre le strade di una Napoli flagellata dalla pioggia, e sotto quell’acqua sarà in grado di realizzare sentimenti che immaginava perduti. È solo l’ultimo passo di un cammino lungo. Come fa notare Sergio Perrella nell’introduzione a “Mistero napoletano” di Ermanno Rea: “Quanto piove dentro i libri dei napoletani!”. Libri, fumetti o film, sarebbe meglio aggiungere. Il primo a rompere con l’oleografia ufficiale, dopo decenni di canzoni in cui ‘o sole mio sta ‘nfronte a te, è stato forse Carlo Bernari che esce nel ’34 con “Tre operai” a raccontare di un sud, da Napoli a Taranto, diventato luogo di ciminiere e di acquazzoni. È un diaframma che si rompe.

Massimo Troisi e Lello Arena nel film “Scusate il ritardo”

Non pioveva nel Cunto de li Cunti di Basile e nelle villanelle non si andava oltre la pioggia lieve e fine (il famoso schizzichiare). Insomma, proprio come avevano riferito a Platini “chisto è ‘o paese d’’o sole”. Una falsità, una delle tante. Bernari spezza il fronte dell’omertà. Verranno poi, tra gli altri, “Via Gemito” di Starnone e “L’amore molesto” della Ferrante. Verrà Igort con il suo “5 il numero perfetto” a ritrarre una città cupa e livida. Verrà Nino D’Angelo a cantare in “Brava gente” che “chiove chiove nun è acqua, è sanghe ca po’ è ‘nfonne”.

Verrà Massimo Troisi a far sfogare sotto la pioggia le pene sentimentali dell’amico Lello Arena in “Scusate il ritardo”. Anche in Malacqua la pioggia resta legata all’eros. “Quando lui si avvicina e si strofina sulla coscia, Giovannella si stira nelle reni e stringe stringe con le gambe ad arco a trattenere, e questo fiume che arriva oh questo fiume ed il mondo si apre e la terra si apre, adesso, e accoglie, sì, accoglie tutto, il solco scende, scende nella profondità”. Anche il gol di Maradona, che alla Juve diede la morte per acqua, in fondo non fu che una penetrazione. 

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