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La battaglia di Sassuolo vissuta sotto il sol dell’avvenire di Stromboli. La sostituzione di Higuain è stato uno choc pari al rapporto di Kruscev

La battaglia di Sassuolo vissuta sotto il sol dell’avvenire di Stromboli. La sostituzione di Higuain è stato uno choc pari al rapporto di Kruscev

In missione a Stromboli per saggiare le prospettive del cocente sole dell’avvenire, Zdanov offre un resoconto sulla battaglia di Sassuolo improntato a un oggettivo realismo sovietico.

Stromboli, provincia di Napoli. Per una sera, il profilo proletario di Sarrigrad (nuova denominazione di Partenope) è un arco racchiuso tra due vulcani. Un solo, possente grido sarrita dal Vesuvo dormiente allo Stromboli fumante. L’isoletta è un gioiello di sana austerità sovietica e laica. Le stradine al buio, la luce delle stelle, il sonno a porte aperte senza la criminalità borghese, il radicalismo gay che zompa e zompetta in feste in cui vige il ferreo divieto di partecipazione agli etero.

Alle venti e venti, l’ultima salitella che porta in centro è un fiume rosso di sarriti speranzosi e fiduciosi. Almeno duecento napoletani si dividono tra due ristoranti per l’esordio a Reggio Emilia contro il Sassuolo, emblema del capitalismo confindustriale di Squinzi. È la prima battaglia anti-imperialista del nostro Condottiero. Nell’aria c’è un magico afflato fraterno e Zdanov vorrebbe intonare “I morti di Reggio Emilia”, doloroso canto della nostra tradizione comunista, ma molto più realisticamente è anticipato da un napoletano con infradito azzurri che esclama: “Pare che stamm ienn ‘o San Paolo”. “Sembra di andare al San Paolo”. Una volta in piazza, più della metà del corteo invade il bar-ristorante del centro. Posti prenotati e tantissimi che rimangono senza tavolo, in piedi. Il gol del compagno Marek è un fulmine, quando ancora si prendono le ordinazioni. È una scossa ecocompatibile che materializza una prospettiva Nevskij di gloria. I sarriti hanno un pensiero lungo, che va oltre, molto oltre, alla luce del pareggio romanista e della sconfitta bianconera: “Questo è l’anno nostro, siamo primi in classifica”.

Ma la reazione confindustriale è in agguato e ha il volto angelico di un napoletano in esilio, che segna il pareggio. La cugina di Zdanov, ignorante calcisticamente, osserva: “Ma quant’è figo questo, come si chiama?”. “Floro Flores”. Accanto, c’è una lunga tavolata presieduta, come Gesù nell’Ultima Cena, da Riccardo Marone, ex sindaco facente funzione di Sarrigrad. Imperturbabile, con un sigaro cubano, dà un
esempio fulgido della sua sagacia politica: “Ma perché questo Floro Flores non l’abbiamo mai valorizzato a Napoli?”. È il dramma atavico dell’emigrazione: braccia, cervelli e anche gambe perennemente in fuga.

Nella ripresa, lo scetticismo rischia l’abisso del disfattismo e Zdanov tenta di infondere un vigoroso ottimismo proletario e ad alta voce commenta: “Però stanno sudando, questo è l’importante”. Una voce della reazione risponde: “Ma chi se ne fotte, amma vencere”. Finanche Zdanov si scoraggia e rinuncia alla seconda osservazione, quella sul grado di penetrazione del sarrismo nella coscienza fisica e
psicologica negli undici in campo. Valuta giustamente che la preparazione filosofica dei presenti non è all’altezza. La sostituzione di Higuain però è uno choc inatteso. Ha lo stesso devastante impatto del rapporto Kruscev sui crimini dello stalinismo al XX fatidico congresso del Pcus. E il gol vincente del Sassuolo conferma l’analisi leninista sui tempi faticosi per giungere al compimento della rivoluzione.

A quel punto Zdanov, che è molto furbo, fa l’agente provocatore per stanare eventuali rafaeliti presenti e aspetta un’inquadratura di Sarri, ornato con la giacca della tuta per sudare di più. Così quando la figura del Condottiero occupa il televisore, Zdanov grida: “Lievt sta tuta, si nu scemo”. “Levati questa tuta sei uno scemo”. Silenzio generale. Solo due, nel tavolo davanti, si guardano tra di loro e sorridono: stanno sicuramente pensando che l’anno scorso la difesa certo non era la cortina di ferro odierna ma almeno l’attacco era da cento gol, senza l’apporto della primavera araba di El Kaddouri. All’uscita, l’infiltrato Zdanov passa di capannello in capannello e segna sul suo taccuino alcune frasi raccolte: “Jorginho è più forte di Valdifiori”; “Non pensavo che Hysaj fosse così scarso”. Un saggio con la barbetta bianca rassicura gli altri: “So per certo che De Laurentiis ha già contattato Montella”.

Per nulla affranto, Zdanov comincia la marcia del ritorno a casa e 
verga le raccomandazioni da spedire ai giornali. Due. La prima. Scrivere cronache e commenti tenendo presente la frase immortale del compagno bolscevico Pjatakov: “Se il partito lo richiede, un vero sarrita è disposto a credere che il nero sia bianco e il bianco nero”.

La seconda è l’assoluta sintonia con Sarri, da rimarcare: nelle 
invocazioni del Politburo di Castel Volturno l’obiettivo indicato è l’ottavo posto. Il nostro condottiero prevede un lieve miglioramento: settimi. L’importante è tenersi alla larga dall’Europa della reazione e dal tricolore fascista.
Zdanov (immagine del compagno Domenico Catapano)

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