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Un non napoletano è un tifoso di serie B? Ne Parliamo con Gonçalo, napolista del Portogallo

Un non napoletano è un tifoso di serie B? Ne Parliamo con Gonçalo, napolista del Portogallo

Diversi anni fa, la notizia che Robert Del Naja, cantante e leader dei Massive Attack, fosse tifoso del Napoli, suscitò non poco clamore e simpatia in città. Allo stesso modo, qualche tempo dopo, “Il Mattino” arrivò a dedicare un’intera pagina a Michael Lynch, un londinese così tifoso del Napoli al punto da chiedere e ottenere dall’anagrafe il cambio del proprio cognome in “Di Napoli”.

Per un club rimasto fuori per 14 anni dalle competizioni europee, l’esistenza di tifosi all’estero era senz’altro una notizia. La recente crescita del Napoli, sia a livello nazionale che internazionale, ha invertito questa tendenza: oggi è sempre più facile imbattersi sui social in tifosi azzurri provenienti da tutto il mondo. Ma come vivono la loro passione questi nuovi sostenitori? Dopo la prevedibile simpatia iniziale, in che modo vengono considerati dai tifosi azzurri storici? Per saperlo, porremo qualche domanda a Gonçalo Marques (@66Kinkas su Twitter), un portoghese tifosissimo azzurro, che, proprio sul Napolista, l’anno scorso aveva raccontato la sua storia.

Ciao Gonçalo, potresti ricordarci da quanto tempo tifi per il Napoli e per quale motivo hai scelto proprio la nostra squadra?


Ciao. Tifo Napoli dal 10 giugno 2007, il giorno del famoso Genoa-Napoli, che consegnò la promozione in A ad entrambe le squadre. Non posso dire di aver scelto il Napoli, perché quello che ho sentito dopo aver visto le immagini della festa allo stadio, nella città, mi hanno fatto pensare che questo è davvero un club diverso, speciale, e da quel giorno mi sono innamorato dei suoi colori, fino ad oggi.

Da allora hai notato una crescita di interesse per la squadra azzurra nei tuoi connazionali? Hai conosciuto altri tifosi azzurri in Portogallo?


Purtroppo no, anche perché qui le persone non guardano molto il calcio italiano (considerato spesso troppo difensivo) preferendo quello spagnolo e inglese.

La tifoseria napoletana ha fama di essere tra le più calorose e passionali al mondo. Dopo 8 anni tra noi, confermi questa opinione oppure qualcosa ti ha deluso? Qual è il tuo giudizio?

La confermo. Si capisce soprattutto nelle partite in trasferta, dove sono sempre presenti tantissimi tifosi. Però, se quando le cose vanno bene il San Paolo fa paura, quando le cose vanno storte spesso si va in depressione. Credo che questo “fenomeno” accada da sempre. Ci vuole più equilibrio, direi. Sono rimasto un po’ deluso nella scorsa stagione: dalle offese a David López, alla diminuzione del numero di abbonamenti, alla pioggia di fischi, per non parlare degli episodi accaduti dopo Young Boys-Napoli. Il fatto che eravamo solo a settembre rende tutto più assurdo. Naturalmente, non posso generalizzare, perché so che non è stata l’intera tifoseria del Napoli a farlo. Ognuno di noi vuole vincere partite e trofei ma credo che sarebbe importante non criticare ferocemente quando le cose vanno meno bene. Le critiche ci possono stare, ma in modo costruttivo, perché solo così aiutano a migliorare.

Passiamo al punto di questa chiacchierata. Sei molto attivo sui social, soprattutto su Twitter, dove le discussioni tra tifosi sono spesso molto accese. Ti senti trattato alla pari dai tifosi nativi? Ti è mai capitato che qualcuno ti abbia fatto pesare il tuo “non essere di Napoli” per screditare le tue opinioni?


Sì, mi è capitato. Per alcuni tifosi, il Napoli è dei napoletani. Non essendo napoletano, né italiano, mi sono sentito dire a volte che non posso capire la passione, oppure l’amore verso il Napoli. Sul primo punto, poco posso fare: sono nato nel Portogallo e ne sono orgoglioso. Il secondo, invece, lo trovo senza senso e non lo accetto. Quando il Napoli perde, sono triste. Quando vince, sono felice. Non credo che ci siano tifosi di serie A, B o C. Io rispetto le opinioni degli altri e credo che debbano essere rispettate anche le mie. È vero, vivo lontano e non posso venire al San Paolo. Non posso fare un abbonamento, non posso cantare i cori delle curve; ed è una cosa di cui soffro, e non poco. Ma nella mia modesta opinione, credo ci siano altri modi di sostenere.

Col merchandising ufficiale del Napoli, per esempio, perché così so che i miei soldi, direttamente o indirettamente, andranno nelle casse della società. È poco? Non è abbastanza? Può essere, ma è l’unico modo che ho per sostenere la mia squadra. Faccio un esempio: ogni anno, club come il Real Madrid o il Manchester United, vanno in Asia a fare i tour, non solo per diffondere il proprio brand, ma anche per dare un’opportunità ai milioni di tifosi in quel continente, di poter vedere la propria squadra. Solo perché sono lontani, non sono appassionati? Per me, questa è un’idea completamente sbagliata. Comunque, ribadisco, è successo poche volte, e su twitter ho conosciuto tante persone, alcune di loro che oggi considero anche amici, che mi hanno sempre trattato molto bene. E sono queste le persone che voglio salutare nel giorno in cui verrò a Napoli.

Sulla fede, lo sappiamo, non si discute. Però, facendo un discorso puramente razionale, sei soddisfatto della tua scelta? Potendo tornare a quel 10/6/2007, la rifaresti?


Anche se non la considero una scelta, dico di si. Assolutamente si. Faccio un esempio: nel 2007 vidi il mio migliore amico esultare per la 7ª Champions League conquistata dal suo Milan. Qualche anno prima, anche il Porto ne vinse una. Ho visto queste straordinarie vittorie e non mi sono sentito coinvolto. Ma una “semplice” promozione in Serie A, invece, mi ha fatto appassionare per un club che non è neanche famoso nel mio paese.

Quindi, tifare per il Napoli per me non è stata una scelta. È stato un sentimento che mi ha preso, è stata una passione che è nata all’improvviso. E solo il Napoli mi ha regalato milioni di emozioni. Tanti sono stati i giorni in cui sono stato triste per il Napoli, ma, per fortuna, sono stati di più i giorni in cui ho sentito una felicità immensa per le vittorie, per i traguardi, per i trofei conquistati. Oggi, ovunque vada, mi sento orgoglioso di poter dire che tifo per il Napoli.

Le parole di Gonçalo, oltre ad emozionarci, ci fanno riflettere.

L’arrivo di nuovi tifosi nella famiglia azzurra è sicuramente un fenomeno prezioso ed importante per la crescita del nostro club. Non è un segreto che società come Barcellona, Real Madrid, Manchester United, per non dimenticare la Juventus in Italia, basino gran parte della loro forza su fan acquisiti all’estero e siano sempre in cerca di nuovi mercati in cui vendere il proprio brand. A differenza di chi sceglie questi club ricchi e vincenti, inoltre, le nuove leve azzurre sono maggiormente da ammirare perché abbracciano un club la cui bacheca, inutile nasconderlo, non promette grandi trionfi.

Come giustamente sottolinea Gonçalo, non hanno scelto il Napoli, se ne sono innamorati. Accoglierli nel migliore dei modi, farli sentire a casa, anche se magari non hanno mai visto la nostra città, è un nostro dovere. Le loro opinioni vanno tenute, se possibile, anche in maggiore considerazione, in quanto, provenendo da un diverso contesto, possono fornire punti di vista originali ed interessanti. Considerarli tifosi di serie B, far pesare loro il non essere napoletani doc, oltre che provinciale, non farebbe altro che relegarci per sempre nei limiti che il nostro bacino d’utenza, sebbene tanto decantato, ci impone: la quarta o quinta forza in Italia. Non è il diritto di sangue a far di noi dei tifosi migliori, ma la passione, il sostegno, il sacrificio. Il Napoli è di chi lo ama, ovunque sia nato o cresciuto.

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