Ora al Napoli serve una società più strutturata, con dirigenti all’altezza

Carramba, senza molta sorpresa. Il Napoli, alla seconda stagione di Benitez, fa un passo indietro di tre anni. Quinto come nel campionato 2011-12, il terzo e penultimo di Mazzarri. Resta il dato positivo dei 104 gol segnati come nel primo anno di Benitez (70 in campionato, 4 in Coppa Italia, 2 in Champions, 26 in […]

Carramba, senza molta sorpresa. Il Napoli, alla seconda stagione di Benitez, fa un passo indietro di tre anni. Quinto come nel campionato 2011-12, il terzo e penultimo di Mazzarri. Resta il dato positivo dei 104 gol segnati come nel primo anno di Benitez (70 in campionato, 4 in Coppa Italia, 2 in Champions, 26 in Europa League, 2 in Supercoppa italiana). Però, rispetto all’anno scorso, sono 16 i gol in più incassati (15 in più in campionato) oltre alle troppe sconfitte (11 di cui otto in trasferta) e ai 15 punti in meno in classifica. Immutato il distacco dalla Juventus (-24) e dalla Roma (-7).

Giriamo e rigiriamo le cifre negative aggiungendo poco miele su una stagione amara: il successo nella Supercoppa italiana ai rigori, un paradosso per un Napoli che in campionato ha fallito cinque determinanti tiri dal dischetto (4 Higuain, uno Insigne), e le semifinali in Coppa Italia ed Europa League.

Higuain con 29 gol (18 in campionato) ha eguagliato il record del 2009-10 col Real Madrid e migliorato di cinque reti il bottino dell’anno scorso. Anche Hamsik con 13 reti (7 in campionato) si è migliorato di sei gol. Non ha tradito Gabbiadini con 11 centri (8 in campionato) giocando solo mezza stagione. Callejon è passato dalle 20 reti del primo anno ai 12 gol di questo (11 in campionato). Mertens si è fermato a 10 gol (6 in campionato): ne aveva messi a segno 13 l’anno scorso.

Si chiude in negativo, inutile nasconderlo. E non si saprà mai quanto possa avere inciso la decisione di Benitez, già a inizio stagione, di restare solo per quest’anno. È sparito il gioco spumeggiante e il Napoli non ha mai avuto una personalità precisa e la grinta necessaria nei momenti critici. Da Bilbao allo spareggio con la Lazio, passando per il Dnipro, stessa spiaggia e stesso mare. Una squadra inaffidabile.

Benitez è andato avanti col 4-2-3-1 pur non avendo ottenuto, in difesa e soprattutto a centrocampo, migliori interpreti per il suo modulo tattico. Le limitate risorse economiche di De Laurentiis, fors’anche la limitata capacità di incidere sul calciomercato e, ancora di più, la scarsa attrattiva del club azzurro, nonostante il buon andamento degli ultimi cinque anni, non hanno consentito di migliorare sensibilmente la “rosa” nei punti-chiave della strategia di Benitez.

È stata una utopia l’idea di gioco del tecnico madrileno? Non sappiamo. È fallita alla distanza mancando i giocatori adatti. Di suo non ci ha messo una conduzione più grintosa, il fiato sul collo dei giocatori almeno nei momenti difficili, un realismo tattico alla luce delle difficoltà sul campo. Il Napoli verticistico e solitario di De Laurentiis, senza dirigenti, è mancato nel controllo e nella guida dei giocatori nella città definita “rapace” dallo stesso presidente. I giocatori sono stati lasciati soli. Non vogliamo star dietro ai pettegolezzi e all’immancabile gossip, ma certamente i calciatori stranieri del Napoli avrebbero avuto bisogno di dirigenti “amici” che li guidassero, controllandoli un po’, e gli trasmettessero anche la storia del Napoli e di Napoli per farne parte in pieno. È accaduto in passato che il Napoli disponesse di dirigenti “al seguito” dei calciatori, ma forse erano tempi romantici, più semplici. L’attaccamento alla maglia azzurra non si impara indossandola in partita, per giunta in tessuto jeans, poco tradizionale.

Tagliamo corto col passato (e i processi) perché già incombe il futuro. La scelta del nuovo tecnico sarà determinante, ma ancora di più l’ingaggio di giocatori adatti. Se il passato (l’ultimo anno) è stato deludente, una cosa però ha insegnato. Campioni senza carattere e, prima ancora, senza una vera adesione alla maglia azzurra non servono. A campioni insofferenti e presuntuosi è meglio rinunciare specie in questa proiezione verso un futuro nuovo che impone umiltà, solidarietà di intenti, collaborazione piena, sacrifici.

Emery per proseguire il lavoro di Benitez? Dicono che da Benitez però è diverso. Leggiamo di difesa alta, fisicità, grinta, modulo offensivo, smarcamento senza palla tra i concetti dell’allenatore del Siviglia. Non osiamo credere che Benitez ne fosse a digiuno. Però vediamo Emery quanto ottiene dai protagonisti di quest’anno fondamentalmente demotivati sul campo dopo avere proclamato a parole l’amore per la maglia azzurra e l’impegno per alti traguardi. Vediamola la difesa alta con Albiol e Koulibaly (che delusione dopo i primi tempi da difensore puro, poi improbabile propositore di gioco) e la grinta di Jorginho e Inler, vediamolo il pressing alto di Gargano e David Lopez e gli smarcamenti senza palla di Higuain che aspetta il pallone tra i piedi. Scherziamo, naturalmente. Emery saprebbe come fare.

Forse sarebbe più proponibile un tecnico che abbia già esperienze italiane. Vogliamo già dividerci su Mihajlovic di cui si è parlato tanto? Padronissimi. Ci siamo divisi dalla notte dei tempi su Monzeglio, sul grande Pesaola, su Vinicio, su Bianchi, su Reja, su Mazzarri. È il gioco che preferiamo.

Per curiosità abbiamo messo a confronto la classifica della Sampdoria di Mihajlovic e quella del Napoli di Benitez.

Dando per scontato che il madrileno disponesse di una “rosa” più qualificata, i risultati e le cifre avvicinano molto le due squadre, rispettivamente quinta (il Napoli) e settima (la Samp). Il Napoli ha segnato 22 reti più della Samp, ma ha incassato 12 gol in più. Ha vinto 5 partite più della Samp, ma ha incassato 3 sconfitte in più. Sette i punti di vantaggio del Napoli di Benitez sulla Samp di Mihajlovic, non una enormità.

È solo un gioco, lontana da noi l’idea di suggerire l’ingaggio di Mihajlovic. Ma da un punto fermo si deve ripartire: più protagonisti italiani, dalla panchina al campo, e più gente che dia il cuore non solo un dribbling ben fatto. Perché non è più tempo di chiacchiere e di sogni. E sarebbe tempo di una società più strutturata. Dopo che De Laurentiis ha tracciato il solco, dovrà ora essere la competenza di personaggi giusti a difenderlo.
Mimmo Carratelli

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