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Adesso Varsavia vale quanto il cuore d’oro dei confetti Crispo

Adesso Varsavia vale quanto il cuore d’oro dei confetti Crispo

No, stavolta davvero non ce la sentiamo di gettare la croce di piperno su una squadra in parte per forza di cose decimata da un turnover oggettivamente sacrosanto in vista del regolamento di conti semifinale in terra ucraina, in altra parte prevedibilmente frastornata dopo la rapina a mano armata subita giovedì scorso per mano dell’ennesimo scagnozzo di monsieur Arsenico Platini, e aivoglia a dire Parma fallito e retrocesso che, si sapeva, i crociati avrebbero comunque gettato il libro cuore oltre la staccionata pur di fare bella figura e farsi notare per strappare un contratto di solidarietà in vista della pur imminente prossima stagione. Ovvio, il tifoso si sarebbe aspettato ben altra intensità dalle cosìdette seconde linee contro una compagine che da mesi si allena in un’aula di Tribunale, ma solo chi ha meno di venti campionati alle spalle poteva pensare alla canonica passeggiata primaverile sulla via Emilia, soprattutto contro un Donadoni gentlemen di provincia ma pur sempre con il dente avvelenato e memore di desolanti stagioni anche all’ombra del Vesuvio, ma davvero encomiabile nel tirare fuori motivazioni da un esercito di re Franceschiello da mesi sull’orlo del rompete le righe anticipato. Chiaro, quindi, che se all’elettroshock europeo aggiungete pure la serata no di un sin qui sempre affidabile Andujar e la imbarazzante presenza in campo del colonnello Zapata, che più di spada che di fioretto tante volte pure aveva tolto le castagne dal fuoco delle arcigne difese avversarie, oltre alla brutta figura per l’imbarazzante risultato finale ecco servito anche il prevedibile addio ai sogni di gloria nonostante la incredibile bandiera bianca alzate dalle romane a far saltare piani e scommesse, indaghi chi può oppure taccia per sempre.

Non basta purtroppo la solita marcatura di Gabbia a impattare carneade ingrato Palladino, né ovviamente gli incancellabili ricordi di gloria griffati 10 maggio che pure il bravo Alberto Angela aveva dimenticato nel suo apprezzabile speciale sui tesori di Partenope, le partite, anche quelle sulla carta più facili, vanno affrontate con piglio e determinazione sin dal fischio d’inizio, follia credere di poter regalare un tempo agli avversari perché tanto alla fine Pipita di spalla o di tacco la mette dentro e polvere di prestazione opaca sotto il tappeto dei tre punti in più in classifica. Peccato, peccato davvero, perché nonostante un’altalena di gioco e risultati l’allenatore sembrava ultimamente riscuotere più consenso del Bassolino di fine anni ’90, tanto dall’addivenire ad una quasi sicura riconferma, nonostante i torti di una classe arbitrale che ha oramai gettato la maschera di zorro e mostrato una buona fede meno credibile della folta chioma di Gigi Finizio. Le polemiche però non sono disciplina olimpica e non servono a rimpinguare bacheche: di fronte ad un’Uefa meno seria del salotto di Pierluigi Pardo, tecnico e squadra sono adesso chiamati a salvare una stagione in un’unica sera, centrando una vittoria sacrosanta contro i catenacciari taglialegna ucraini, telepass per Varsavia che, a questo punto della stagione, vale davvero quanto il cuore d’oro dei confetti Crispo.
Otto Tifoso

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