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Lei mi chiede: «Ma non vincevate 2-0 a poco dalla fine?». «È finita du a du. E basta»

Lei mi chiede: «Ma non vincevate 2-0 a poco dalla fine?». «È finita du a du. E basta»

– Vorrei restare muto. Forse dovrei spegnere il cellulare.

Lentamente, e con lo sguardo perso in un punto indefinito della cucina, stamattina giravo il cucchiaino nel caffè, nonostante lo beva amaro. In silenzio, credo di essere stato minuti ad ascoltare lo stridente attrito che il cucchiaino produceva sul fondo della tazzina. Quando ormai l’aroma e il fumo erano evaporati, Anna, uscita dalla camera, con il suo solito sorriso, mi ha chiesto compiaciuta: allora? Com’è andata ieri sera? Il Napoli che ha fatto? 


Senza voltarmi, con la stessa voglia di rispondere quando mi chiedono l’età, mangiandomi le finali, ho esternato un “du a du” lapidario. “Vabbè, mi stai prendendo in giro. Ho sentito mia madre al telefono ieri sera e mi ha detto che papà era estasiato e ipnotizzato davanti alla partita perché il Napoli stava dominando. Se non sbaglio vinceva 2-0 a pochi minuti dalla fine”, ha continuato. Mentre quel cucchiaino si stava consumando nel tazzina e il rumore stridulo era sempre più un dito nella piaga. La mia piaga.

“Ti ho detto du a du. E basta”, e l’ho chiusa lì, con un’acidità che avrebbe ammazzato anche il crotalo più velenoso del pianeta, anche Massimo Maurionetta se l’avesse respirata.

Anna, milanese, che segue il calcio con la stessa passione con cui io guarderei una vetrina di un negozio che vende abiti matrimoniali, e legata all’idea che l’inter sia ancora Mourinho e il triplete e che si scriva ancora con la “I” maiuscola, per rincuorarmi, prima di congedarsi ed uscire di casa, mi ha detto: vabbè, 2-2. Poteva andare anche peggio. Nella sua ingenuità, senza che me ne rendessi conto in quel momento, aveva detto la verità. È vero, alla fine incredibilmente avremmo anche potuto perderla.

Ma come si fa? Una partita dominata in lungo e in largo, con due gol di vantaggio a 20 minuti dalla fine, contro una squadra travestita da infermieri che fino a quel momento era stata surclassata, umiliata, annientata, come si fa? 

Ho ancora nella mente la cresta imperiosa di Hamsik che l’ha infilata alle spalle di Handanovic e del mio Gonzalone che ci ha voluto far penare nel primo tempo, solo per farci godere della perfezione assoluta di quella parabola sublime. Per non parlare della miriade di occasioni avute prima dei fatidici minuti finali. Una cavalcata meravigliosa.

E Mertens? Mancini, nel secondo tempo, ha spostato Santon a sinistra perché il terzino non riusciva più a fermare i 12 belgi che gli si proponevano contemporaneamente dal suo lato. 

E Inler? Non spendo una parola buona per lo svizzero dalle partite di Champions dello scorso anno. Mentre ieri è stato il migliore in campo. Superlativa la sua prova.

E Henrique? Sino alla follia finale, mi sono chiesto il motivo per il quale non abbia sempre giocato il brasiliano su quella fascia. E non solo per il perfetto cross della prima rete (dal lato di Santon).

E Hamsik? Finalmente in gol ed integrato in un gioco offensivo che non l’ha visto solo protagonista di irritanti passaggi all’indietro.

E Calle? Come una lingua di menelik si spingeva in avanti e ripiegava in difesa ossessivamente.

E tutta la linea difensiva? Mi sono accorto dell’esistenza di Palacio solo nel flipper che ha causato il primo gol interista e di Icardi quando ha sfiorato la rete di testa  e per il rigore.

E Gonzalone mio? 

Ma come si fa?

Il pensiero di aver giocato così bene e di non aver vinto, mi avvilisce. Il pensiero che Ranocchia sia tornato a casa col sorriso sulle labbra, gongolante di avere un punto in saccoccia, mi annichilisce. Il pensiero che questa inter ci abbia cavato 4 punti nei secondi finali di 2 partite già vinte mi tramortisce. 

Al triplice fischio, con una voglia smisurata di bestemmiare contro tutto e tutti e di lanciare un missile sul campo, mi sono dovuto calmare perché mi è venuto in mente che avrei potuto fare un piacere al Parma calcio. Uscendo dallo stadio, tra la gente, mi è venuto in mente il fantasma di Aronica che regala il pallone a Sansone. Tornando a casa, in auto, mi è venuto in mente il campionato di 3 anni fa, in cui ogni domenica si proponeva l’occasione di agganciare il terzo posto, ma poi, una volta Lanzafame del Catania, un’altra volta una sforbiciata di Mauri, un’altra volta ancora Simplicio della Roma, un’ennesima volta Diamanti del Bologna ce lo hanno impedito a favore dell’Udinese. A casa, a letto, mi è venuto in mente Medel e sono scappato in cucina per farmi una camomilla. Stamattina, in pigiama, con una tazzina gelata e un cucchiaino che ormai aveva fatto il solco, mi è venuto in mente Icardi, che odio il cucchiaino e che forse ci poteva andare pure peggio. 

E ora che scrivo, mi sta suonando il cellulare. È il mio amico Tonino. Vorrà parlare sicuramente della partita e delle cause di questo assurdo pareggio. Come un dottore mi farà la diagnosi e la lista di medicine e di sostituzioni da adottare per evitare ulteriori ricadute. Come un investigatore mi farà la lista dei colpevoli, partendo dal Big Bang, passando per i moduli e finendo con Henrique. Come un druido mi dirà “io l’avevo detto”. Mentre io non ce la faccio. Io vorrei solo restare muto. 

Sto caffè è una ciofeca. 
Forza Napoli Sempre
La 10 non si tocca.
Gianluigi Trapani

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