ilNapolista

Paolo, napolista di mare, esulta da Tenerife col cagnolino Hugo

Paolo, napolista di mare, esulta da Tenerife col cagnolino Hugo

Paolo Palomba, 60 anni, divorziato, tre figli. Originario di Torre del Greco, nel 1974 è emigrato in cerca di nuove avventure: fino all’80 ha navigato qua e là, poi tre anni a Genova, venti a Montecarlo, un breve ritorno a Napoli e, otto anni fa, ha deciso di fermarsi a Tenerife, ad Adeje, dove fa il mediatore marittimo. Adora gli spaghetti “con qualsiasi condimento”, la pizza, “‘o pere e ‘o muss”, la mozzarella e il pesce che, dice, a Tenerife fa un po’ schifo. Non sa rinunciare al caffè, tanto che sull’isola ha fatto amicizia con il rappresentante del caffè Borbone, risolvendo definitivamente la sua vita.

La sua leggenda napoletana preferita è Diego Armando Maradona, porta nel cuore Spaccanapoli, San Gregorio Armeno e via dei Tribunali, oltre che “Reginella”. Di Napoli gli mancano la famiglia, i parenti e “‘a muzzarell”, ma la città per lui è una matrigna: “Non sarei mai più capace di viverci”, ammette. Il Napoli è una cosa diversa: una fede. La sua prima partita al San Paolo risale agli anni ’60, Napoli-Sampdoria con gol di Sivori. Lo stadio racchiude tanti ricordi ma è pur sempre uno stadio di terza categoria: “I tifosi meritano di meglio”, dice.

Pensa che Benitez sia un allenatore unico, spera di arrivare secondo (“la Juve è irraggiungibile”), considera Hamsik un fuoriclasse ma preferisce il Pipita per impegno e attaccamento alla squadra (“mi sarebbe piaciuto dire Pepe Reina, però…”).

A Tenerife sono le 18. Oggi la giornata è stata bellissima tanto che Paolo ha pranzato in terrazza con bermuda e maglietta. La partita la guarda sul divano con il suo bassotto Hugo vestito di azzurro, contento della scelta di Rafa di preferire Andujar. Sono passati solo 20 minuti e lui già è alla terza sigaretta. Al 23° si prepara un caffè Borbone, giusto per accompagnare un’altra sigaretta. È nervoso, vede il Sassuolo in attacco e noi che non riusciamo ad uscire. Nell’intervallo porta Hugo fuori e gli dà da mangiare, intanto pensa che non abbiamo fatto neanche un tiro in porta e che oggi ci salverà solo un rigore. Ma “‘O Niron” lo smentisce: rimpallo favorevole e gol mentre si rialza di potenza. Hugo gli salta addosso abbaiando, lui grida come un ossesso “vaffanculooooo”, ma non ce l’ha con il bassotto, naturalmente, né con Zapata. Ma è con Hamsik che raggiunge l’estasi: la consacrazione del suo campione lo riempie di felicità. E pure a Hugo, che vuole giocare con la pallina, così, per emulazione. Meno tre dalla Roma, la cena può essere servita: insalata di pomodori, “che qui sono buonissimi”, dice Paolo, mentre stappa una bottiglia di Ribera del Duero tinto, “duero” proprio come Zapatòn.
Ilaria Puglia

ilnapolista © riproduzione riservata