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In Baviera si getta il sale e si esulta sotto voce al gol del Napoli altrimenti arriva la polizia

In Baviera si getta il sale e si esulta sotto voce al gol del Napoli altrimenti arriva la polizia

Michele Sommella (42 anni) e sua moglie, Dagmar Palmieri, sono entrambi originari del quartiere Arenella, a dispetto del nome di lei (“I miei genitori conobbero una ragazza cecoslovacca con questo nome e se ne innamorarono”, racconta Dagmar). Nel 2008, dopo la nascita della figlia Irene, lasciarono l’Italia per trasferirsi in Germania: “Irene ha squarciato il velo sull’insostenibilità della vita a Napoli, volevo offrirle un orizzonte di vita migliore”, spiega Michele. Non fu una scelta facile: a Napoli avevano entrambi un buon impiego (lui in uno studio di dottori commercialisti, lei come geologa), ma l’attrattiva della vita in Baviera ebbe la meglio.

Vivono ad Uffenheim, dove gestiscono una gelateria. Una città piccolissima, di seimila abitanti, dove si vive così bene da far quasi dimenticare la nostalgia di casa: “Non basta che ci sia il sole, se poi non si riesce a fare la differenziata; non basta che ci sia il mare se poi non si rispetta la propria terra”, dice Michele.

Il suo piatto preferito è il pesce, ogni volta che torna a Napoli va in giro per Antignano e a Porta Nolana e si incanta alla vista delle tinozze ricche di prede: “Qui c’è solo del tristissimo salmone”.

La sua prima partita al San Paolo è stata Napoli-Como, campionato 1986-87, ricorda ancora i tunnel di tacco di Maradona ai danni di Dan Corneliusson: “Al terzo, lo scozzese riuscì a fermarlo solo con un sacrilego placcaggio”. Racconta di non essere mai stato un frequentatore assiduo dello stadio perché sua madre pensava fosse un luogo pericoloso e che quella domenica la deve a un suo amico curvaiolo incallito, Antonio.

Riconosce che tra Napoli e il Napoli c’è “un rapporto patologico”, al limite della schizofrenia: “Crediamo che il denaro possa risolvere ogni problema, che comprare calciatori forti sia l’unica strada, che la nostra salvezza debba cadere dall’alto. Chi ci propone una cultura del lavoro e un orizzonte di risultati a medio termine per noi è un estraneo”. Per lui, invece, più dei soldi sono importanti il lavoro, la dedizione e la progettualità, per questo ama il Napoli di Benitez. Di Rafa gli piace persino l’attenzione che dedica al portiere quando, sul suo sito, descrive il modulo scrivendo “1-4-2-3-1”. È convinto che questo Napoli sia forte quasi quanto quello del periodo d’oro 1984-1991. Hamsikiano della prima ora, ha un debole per Higuain, Koulibaly e Insigne (“quando non tira a giro”). È convinto che il campionato finirà con il Napoli secondo alle spalle della Juve, la Roma terza e, a ruota, la Lazio: entusiasmo da vero napolista.

La partita la vede a casa, con Dagmar, sempre con la stessa mutanda SSC Napoli addosso, seduto nello stesso punto del divano, con tutti i gesti apotropaici di rito, “quelli suggeriti da Anna Trieste”. La parabola non funziona a causa della neve (fuori ci sono due gradi sotto lo zero), perciò si va di streaming. Al gol di Higuain i coniugi Sommella esultano in silenzio per non svegliare Irene e soprattutto per evitare che la polizia che hanno come vicina di casa bussi sul muro per il troppo chiasso. Nell’intervallo, Dagmar prepara un tè caldo mentre Michele cosparge il marciapiede di sale: dice che lo fa per la neve, ma intanto si lamenta per i commenti un po’ “secciaiuoli” dei commentatori Sky (il segnale della parabola è tornato)… Quando l’arbitro ci concede il rigore, Michele esce dalla stanza e si va a sedere sul wc in attesa tutto passi: “I rigori li guardo solo se siamo sul 3-0”, sorride. Finisce 2-1, con sofferenza: “Adesso chiamo mio padre e leggo tutto il Napolista – sorride – In fondo la sofferenza ci accomuna tutti, anche se siamo così lontani”.
Ilaria Puglia

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