ilNapolista

La rivincita del mite Bigon

La rivincita del mite Bigon

La rivincita del mite. Che anche quando sente arrivato il momento di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, decide di farlo con garbo e sceglie l’arma del sarcasmo. È il suo modo di prendersi una soddisfazione passata mediaticamente in secondo piano ma che in ogni caso resta agli atti.

Riccardo Bigon, classe 1971, di Padova. Figlio di quell’Albertino che la storia volle unico allenatore – insieme con Ottavio Bianchi – a vincere uno scudetto sulla panchina del Napoli. Allenatore automatico, direbbero i più, un po’ maligni un po’ realisti. Dopo quattro anni di Ottavio Bianchi, Ferlaino comprese che serviva un uomo con il rapporto bastone-carota decisamente in favore dell’ortaggio. E Bigon seppe gestire un inizio d’anno tribolato quasi quanto questo. Non tanto per i risultati – il suo Napoli perse la prima partita il 30 dicembre, nella maledetta partita natalizia, contro la Lazio – quanto per la gestione di Maradona, delle sue ferie estive che si protrassero fino alla quinta giornata, dei suoi continui ritardi agli allenamenti, della sua mancata convocazione contro il Wettingen, della ritardata partenza, l’anno successivo, per Mosca. Mai una parola fuori posto dell’uomo che accompagnava in auto Rivera agli allenamenti e che un anno segnò persino 12 gol. 

Albertino il padre. Riccardo il figlio. Arrivato dalla Reggina il 7 ottobre del 2009, a 38 anni, all’indomani della cacciata di Pier Paolo Marino. Eppure lui una dichiarazione fuori posto la pronunciò. Quasi un anno dopo. Era l’inizio della stagione 2010-2011, quella che condusse al terzo posto e alla sensazione di poter competere per lo scudetto. Beccammo il Livepool nel girone di Europa League e lui disse che “negli ultimi sedici anni i tifosi del Napoli il Liverpool lo hanno visto solo alla Playstation”. Una frase infelice che non agevolò il suo rapporto con la piazza.

Nessun merito gli è mai stato riconosciuto. Anche da chi scrive, va detto. Tranne uno, la capacità di riportare armonia nel gruppo e il buon senso nel corso di trattative complicate come il rinnovo del contratto di Cavani; e, magari, di ricondurre alla ragione De Laurentiis dopo i noti sfoghi. Eppure proprio con lui Edinson fu acquistato dal Palermo. Nessuno, però, gliene ha mai dato merito. A lui, invece, sono stati ascritti tutti gli acquisti sbagliati: da Sosa a Donadel, da Santana a Mascara, da Cribari a Fideleff, fino al “bidone” principe: Edu Vargas. E ce ne saranno tanti altri.

Nell’immaginario dei tifosi e dei giornalisti – stavolta, ripetiamo, nel mazzo ci siamo anche noi del Napolista – Bigon è sempre stato considerato una sorta di soprammobile, magari prezioso nel piazzare in prestito i giocatori in esubero negli ultimi giorni di calciomercato con l’obiettivo di contribuire a limare il monte ingaggi.

Dopo la gaffe della PlayStation, ha sempre incassato in silenzio. Una volta, finito a commentare il dopo partita a Sky per una defezione di Mazzarri, ebbe un sussulto: “Se non vi vado bene, me ne vado eh”. Ma nulla di più. Si è lasciato crescere la barba, probabilmente per provare a camuffare quell’aspetto da persona sin troppo perbene che in certi ambienti pare essere un biglietto da visita più disdicevole di un casellario giudiziario importante. 

È stato per anni il signor Malaussène del Napoli. Un calciatore è un brocco? Lo ha preso Bigon. Un calciatore è bravissimo? Bigon non sapeva nemmeno dove stava di casa. Alcuni gli hanno accreditato uno dei primi meriti con l’acquisto di Mertens. E anche di Rafael. Ma fino all’anno scorso, perché l’inizio di stagione è stato quello che è stato.

L’uomo mite, però, quest’anno ha cominciato a manifestare segnali di insofferenza. Mai – almeno a memoria – lo si era visto incazzato (è questo il termine esatto) come sul primo gol del Palermo su calcio d’angolo. E non solo. È stato espulso a Bergamo dopo il gol di Higuain; invero non è stata la prima volta, fu espulso anche a Udine per protesta contro una sciagurata direzione di gara di Damato e due anni fa contro la Juventus, ma due segnali di nervosismo in poco più di un mese rappresentano sicuramente un’eccezione. 

Il momento buono per togliersi un po’ di sassolini dalla scarpa, però, è arrivato sabato. Al termine di Napoli-Roma. “Koulibaly? E’ probabile che siamo molto fortunati, – ha ironizzato – dopo tanti anni qui siamo fortunati con il mio staff a pescare buoni giocatori. Anche David Lopez è uscito con quaranta mila applausi, chissà se allo stadio c’erano anche quelli che avevano mandato i tweet offensivi al suo arrivo…”. Nulla di più, nulla di meno. Subito dopo, è tornato il Bigon consueto: “Il campionato non è mai stato chiuso, anche se fin qui Roma e Juve hanno dimostrato di avere qualcosa in più. Si parte dalla classifica dello scorso anno, ma ci sono ancora tante partite da giocare”. La rivincita del mite è racchiusa in due frasi. Non di più.
Massimiliano Gallo

ilnapolista © riproduzione riservata