Io cittadino quando potrò fidarmi del prefetto di Roma e dell’informazione della Rai?
Ieri sera – sarà stata la diretta Rai che come sempre ha aiutato, forse le didascalie che accompagnavano, forse la retorica che filtrava gli eventi – ho avuto la sensazione di vivere in una gigantesca bolla di ipocrisia. Dopo la partenza (“il calcio ha perso, tutto ciò che accade nel rettangolo da gioco ha ormai […]
Ieri sera – sarà stata la diretta Rai che come sempre ha aiutato, forse le didascalie che accompagnavano, forse la retorica che filtrava gli eventi – ho avuto la sensazione di vivere in una gigantesca bolla di ipocrisia.
Dopo la partenza (“il calcio ha perso, tutto ciò che accade nel rettangolo da gioco ha ormai perso qualsivoglia valore – quando mai l’ha avuto? ndr -, …chissà Marcello Giannini cosa penserebbe di tutto questo… Ottima osservazione, Marcello si starà indignando da lassù…” e giù minuti di altissima commozione, riflessione su dove siamo finiti, che ne è stato di quanto avevamo costruito), lo scenario cambia rapidamente.
Prima dei commenti da bordocampo, prima di decidere che nonostante tutto è meglio tentare di rianimare la festa, il regista Rai ci regala il quadretto di due bambini quattrocchi con sciarpe diverse che si abbracciano con gli occhi pieni di speranza, e noi apprendiamo dal prefetto di Roma Pecoraro, o qualche altra carica, che in realtà il duplice/triplice tentato omicidio di cui si parla è legato a “occasioni circostanziali”. Da quel momento il calcio torna a essere veicolo di valori, che unisce anche quando ci divide, diventa una specie di trattato di filosofia etica che non è mai stato, se non nelle mura di Raisport.
Mentre ascoltiamo con attenzione le geniali analisi di Dolcetti (“Il gol di Vargas è stata la medicina per la Fiorentina e per la partita”) che ci fanno da visita guidata a quello che succede in campo, lentamente l’episodio di “delinquenza comune” si va a tratteggiare; una pistola è stata ritrovata in un vivaio, il proprietario dello stesso vivaio risulta essere un (ex?) pezzo pregiato della curva sud, e infine, le persone ferite sono soccorse dagli stessi tifosi con i quali Hamsik va a parlare successivamente.
Quante possibilità ci sono che lo scenario di una rissa tra tifosi degenerata in un omicidio mancato sia stato in realtà scambiato dagli investigatori, dal prefetto e dalle autorità tutte in un regolamento di conto camorristico (?), nella protezione di un esercizio commerciale da parte del proprietario (i famosi assalti ai vivai di tifosi esuberanti), o nel più semplice screzio dove il rispetto si ripristina con il piombo?
Non risulta più verosimile – uscendo un attimo dalla logica Rai – che Pecoraro abbia dissimulato, temporeggiato, e relativamente depistato, aspettando il tempo giusto per raffreddare la situazione, pararsi il culo, e aprire il grande ombrello del “bisogna giocare perché ne va dell’incolumità di 60mila persone”?. Quanto la Rai, la Lega Calcio, il presidente del Senato Grasso, e indirettamente Renzi, hanno trovato spazio sotto lo stesso ombrello?
La dietrologia da sagace telespettatore mi spinge a dire che lo spazio era molto e man mano che il tempo passava si stava sempre più comodi; basta guardare l’aumentare geometrico delle pubblicità tra il primo e secondo tempo (quanti via libera sono arrivati dagli sponsor durante l’intervallo?). Il mio resoconto mentale mi dice zero piccoli spot nel primo tempo, troppi nel secondo quando ne spuntava uno ogni fallo laterale. I miei argomenti sono poveri, basati su ricordi e impressioni sfocate di un sabato di maggio, eppure credo che abbiano un valore di realtà superiore a quello infiocchettato dal prefetto Pecoraro e Stefano Mattei.
Stamattina, riposato, ho tentato di valutare le suggestioni che mi hanno guidato durante la trasmissione/partita/reality. In sintesi, ciò che mi si è impresso è il disgusto verso un’autorità che ancora una volta per mascherare l’incompetenza dissimula e imbroglia, non Gennaro De Tommaso, ma me, lontano cittadino o semplice possessore di passaporto italiano; in secondo luogo che il prefetto è sì anello importante della catena, ma che anche il resto della comitiva si è adeguata al suo livello: Grasso, che dopo il famoso tweet pomeridiano ha salutato, omaggiato, premiato, come se l’accaduto fosse pura e semplice delinquenza comune; Renzi, che ha visto una Fiorentina pimpante con i suoi figli; la Lega Calcio, da nessuno ascoltata; e, che in fondo, lontano dalla tribuna autorità, vicino ai nostri giudizi, un lampo di primitiva lucidità nel non voler giocare sia venuto proprio dal gran capo del calcio italiano Gennaro De Tommaso.
Cerco di spiegarmi. La mia interpretazione della “trattativa” è per sommi capi questa: Gennaro de Tommaso e i tifosi del Napoli non hanno acconsentito a giocare non perché la sparatoria è avvenuta per motivi circostanziali (fin qui, penso ci sia arrivato anche Aldo Dolcetti), ma semplicemente perché è stato riferito loro che i feriti non erano (non sono?) in pericolo di vita. Se valutata in questi termini, anche la trattativa assume tratti mostruosi, e i soliti trucchetti dell’”ordine pubblico” ci abbagliano solo per disonestà. Io telespettatore ho ricevuto la notizia dell’operazione del ferito in codice rosso solo durante l’intervallo, mentre l’ingenuo De Tommaso sembra che non abbia saputo ben valutare cosa voglia dire tecnicamente “codice rosso”, consentendo così che si fischiasse il calcio di inizio. Mi permetto di aggiungere che il moralista che si agita in me, vestendo la maglietta “Speziale Libero”, non avrebbe permesso il calcio di inizio perché vi era stata una sparatoria, e per la successiva angoscia che mi ha eroso, non per la sottile differenza tra “codice rosso” e morte; e sopratutto non perché quella che doveva essere una grande festa di sport era uscita dai “binari morali” tracciati da Marino Bartoletti in lunghi anni.
Le successive contraddizioni del tifo e del mondo del calcio – bandiere sì, bandiere no, bagni nelle fontane, invasioni di campo, silenzio durante la partita, creste azzurre (la mancanza di consapevolezza dei giocatori in tutte queste situazioni li rende sempre più innocenti del mio neonato nipote), medaglie, sorrisi, hostess, interviste, fair play tra gli allenatori, calcio giocato, “una vittoria di tutta la città di Napoli” – sono semplicemente note a pie’ di pagina della domanda: quando possiamo annullare una partita di calcio? Che a sua volta è solo un piccolo inciso della domanda ancora più grande: quando potrò fidarmi del prefetto della capitale e dell’informazione?
Ps. Un ultimo plauso particolare a tutti quelli (praticamente tutta la mia twitter list, tutti i giornali, e gli altri mezzi di informazione), tranne Saviano, che si sono sorpresi che a guidare il tifo del Napoli ci fosse il figlio di un presunto affiliato al clan Misso. Stringo loro la mano per aver presentato la non-notizia, quasi come un mandato di arresto per Giuseppe de Tommasis, reo di aver avuto un padre che forse era camorrista.
Federico Velardi











