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Il 3 maggio perdiamo / Valentina viene a casa

Stavo lavando i piatti della sera prima, quando è squillato il telefono. Mi piace lavare i piatti mentre la radio va, mi sento così massaia comune, mi vengono buone idee mentre tolgo l’unto, metti la cera togli la cera, Daniel San. Saranno state le nove, a quell’ora è finita la rassegna stampa che preferisco, quella di Massimo Bordin su Radio radicale, e il mio pensiero stava tornando all’enigma 3 maggio. La finale di coppa Italia, della quale ho sognato che con un imbroglio burocratico, si finiva col vedere Chiellini giocare nella Fiorentina ma con la maglia della Juventus e segnare al Napoli. Pieno di paura, in completo delirio di persecuzione, sono anche andato da una maga, la Maga Prenestina. Che mi ha dato un compito: disinnescare la bomba di male intenzioni e di negatività che c’è attorno a quella partita. La Maga dice che io posso farlo, se riesco a trovare che cosa? Non me lo ha detto. Forse gli “horcrux” di questa storia. Gli horcrux sono i pezzi dell’anima di Voldemort che Harry Potter e suoi amici devono trovare e distruggere per fermare il Male. Stavo pensando questo quando il cellulare è squillato e io avevo le mani bagnate. Il telefono mi mette ansia. Le telefonate portano brutte notizie gente che vuole consigli gratis, e ovviamente io adesso non trovo uno straccio. Mi asciugo le mani sul pigiama. Questa volta il numero era sconosciuto, un 349 che non mi ricordava nulla. “Sono Valentina” (e neanche dice Vaglintina) Ricordo subito: la segretaria della Maga Prenestina, con il doppio lavoro di sera. Escort. L’ho incontrata ieri quando sono andato a consultare la sua principale. Mi aveva lasciato il suo biglietto con il numero. Però io non ho voglia di utilizzare il suo secondo lavoro, per grazia di Dio non ne ho ancora bisogno, me la cavo ancora senza soldi. Glielo dico. “Chi ti dice che telefono per quello?” Siamo passati al tu, non mi pareva di averlo autorizzato e questa cosa mi irrita, divento nervoso quando mi sento fatto oggetto di maleducazione. “Non mi pareva che fossimo intimi, signorina”. In realtà mi sono ricordato una battuta di Peppe Barra nella Gatta Cenerentola: “Mo tu m’ja dicere a quala taverna avimme magnato ‘nsieme io e te?!” Penso sempre in napoletano, l’italiano è la mia prima lingua straniera. Valentina però non fa una piega: “Non ho molto tempo. Se tu vuoi sapere qualcosa che riguarda quello che hai detto ieri alla Maga, io posso aiutarti. Ovviamente prima parliamo di affari e finanza. Vengo io da te. Dimmi a che ora”. Giusto, quella aveva origliato tutto il tempo, sa tutto. “Va bene, vieni”. Le do l’indirizzo. C’è una cosa che mi turba. Valentina adesso parla un italiano correttissimo. Questa cosa mi inquieta, mi preoccupa. E poi venire da me? Quella, così appariscente, nel mio palazzo di periferia romana? E alla signora Pettograsso, 74 anni, che abita nell’appartamento accanto al mio e che apre la porta ogni volta che qualcuno bussa da me, che le racconto? Mi dico per tranquillizzarmi che sono le nove di mattina e Valentina si vestirà in modo discreto. Ma l’unico approccio corretto alla vita è una moderata disperazione. Il Bene non esiste, bisogna solo sperare in qualche sconto al mercato del male. A questo giro però il Male è a prezzo pieno. Quando bussa alla porta e apro, Valentina porta due stivali con tacchi da paura, che poi già era alta. Ha una giubbino di pelle nera, costosissimo, i capelli biondi sono biondi come ieri, altrimenti se le facevo il taglio alla Valentina di Crepax, che oggettivamente le sarebbe stato bene, pensavate che bevo. “Si può?” dice. E prima che io possa dire “entri pure” (il Lei mi pare l’ultima trincea di dignità da tenere), la Pettograsso apre la porta e si affaccia sorridente. “Uh scusi, ho sentito i rumori, sa, con tutti ‘sti ladri”. Lo dice sempre, nel palazzo l’ultimo furto è stato sei anni fa. “Non si preoccupi, signora, è solo la signorina che ha appuntamento con me” (ecco, mi raccomando, facciamoci ancora più male). “Pensavo che era la signora che viene sempre” fa la vicina. Intende la colf. “No, non è lei. Compermesso”. Chiudo. Abbiamo cominciato malissimo. Valentina ha capito il mio imbarazzo, ride, “Sempre così, pensano sempre che sono una mignotta” Vorrei dire qualcosa sul principio di realtà dei vicini che la vedono arrivare, ma lascio perdere. “Si accomodi sul divano”. “Dammi del tu e prepara i soldi” “Quanto vuoi? Ma soprattutto per che cosa li vuoi?” Sono il peggior negoziatore dell’universo, sarei capace di pagare l’acqua alle cascate dei Niagara. E quindi dico ovviamente la cosa sbagliata: “E poi avevi detto che prendi trecento euro”. “Trecento euro sono per fare l’amore. Ma io qui sono venuta a parlarti delle cose che hai detto alla Maga. Poi se vuoi farlo, sono sempre trecento. Per quelle altre cose sono 5 mila”. Lancio un urlo disumano, Maronna mia, e mo’ la Pettograsso che pensa? “Ti fa paura il sesso o cinquemila sono troppi?” Sto zitto, sono confuso, non ho capito in cosa mi sto cacciando. Ho paura, sono un uomo semplice, se volevo fare la spia l’avrei già fatta. E comunque cinquemila euro sono una montagna di soldi per me. Ma Valentina ha capito tutta un’altra cosa. “Aspetta, forse ho capito, ti piacciono i ragazzi? Il mio amico Mirko lavora con gli uomini”. “Valenti’, senti mi è venuto mal di testa. Leviamo il sesso di mezzo e soprattutto leviamo di mezzo questo Mirko. Adesso dimmi per prima cosa perché parli un italiano perfetto mentre ieri mattina sembravi la caricatura delle sorelle Guzzanti” “Alla Maga piace così, dice che le signore ignoranti che vengono devono potersi trovare nel loro elemento” “Veramente a me ha detto esattamente l’opposto, che lei non fa folclore da maga di pozioni” “È una donna intelligente, capisce al volo che tipo di persona ha di fronte. Però il tempo passa e tu non mi hai ancora detto se accetti la mia proposta. Ho fretta, l’ufficio della Maga dovrebbe già essere aperto a quest’ora. “Cinquemila sono fuori dalla mia portata. Facciamo duemila e parla (sto dando i numeri, anche duemila sono una spesa folle N.d.r.). Ma te li do dopo che mi hai detto quello che vuoi dirmi. Che poi non ho capito, come faccio a darteli? Non tengo mai contante in casa e questo non è un tipo di transazione per la quale ti posso fare un assegno”. “No, mi fai un bonifico a un IBAN bulgaro che ti dico io e nella causale scrivi, “A saldo vostre competenze per assistenza mia madre deceduta. Io poi ti firmo una ricevuta e diciamo che sono stata la badante di tua madre”. Per un attimo la mia mente vaga. Mi chiedo come fa Valentina a sapere che mia madre è morta pochi mesi fa, come mai dica di essere bulgara come la santa donna che l’ha seguita fino all’ultimo minuto e come mai sa che le ho mandato la liquidazione con un bonifico perché quella subito dopo se n’era tornata al paese suo. Ma ogni paranoia ha un limite e a me già mi brucia il fronte così. “Duemilacinquecento ultima offerta” dico. “Tremila e il bonifico prima, altrimenti non parlo” ribatte lei. Chiudiamo a tremila. Accendo il computer, vado sull’home banking. Faccio il bonifico. “Adesso parla” “Come hai capito io faccio la escort…” “Uh Gesù, veramente?” “Zitto. Fammi parlare, anche perché altrimenti il pezzo di oggi sul Napolista ti viene troppo lungo. Allora una sera della scorsa settimana è venuto da me un napoletano. Almeno aveva un forte accento napoletano” Questa pure gli accenti distingue, che bulgara strana. “In generale i napoletani hanno l’accento napoletano” dico. E lei: “Uno grasso, viene spesso, paga, non discute, non dura molto e non mi fa perdere tempo. Ma l’ultima sera ha avuto una telefonata, è rimasto al telefono un quarto d’ora, che è più di quanto di solito dura il mio lavoro con lui” “Una cosa veloce” cerco di alleggerire. “Zitto. Parlavano di pallone. Lui diceva “certo che parliamo con gli arbitri, lo facciamo. Ma sì, dai, li stiamo massacrando da quando hanno perso col Parma all’andata, i giornali ci stanno dando una mano, le televisioni li fanno una chiavica, la stagione è fallimentare, la squadra è male allenata sul piano fisico. Politicamente? Politicamente non contano niente, quello poi perde le staffe, prende a mazzate i tifosi, hai visto che sceneggiata? Gli arbitri, possiamo parlarci, si può vedere, ma non aspettatevi cose tipo Pechino, che del resto fu un fatto casuale, quello perse la capa, mica c’era qualcosa di suggerito da noi. Diciamo che per caso è andata meglio del previsto.” “Valentina, tu mi stai raccontando quello che io desidero sentirmi dire. Sono tutte bugie. È un trucco vecchio come fingere l’orgasmo nel tuo secondo lavoro. E io i soldi te li ho già dati, diciamo che stamattina sei riuscita a fottere un napoletano, va bene? E poi questo signore parlerebbe col mio accento?” “Molto più marcato” La bulgara dice “marcato”, va bene così. “Ma stammi a sentire. Ha detto che è una questione di giustizia. Che all’andata voi avete avuto un sacco di punti in più dagli arbitri e che così avete fatto saltare un sacco di scommesse. Che queste cose non si fanno e adesso dovete pagare per questo. La Coppa Italia non sarà vostra” “Valentì, sto pensando che ho buttato tremila euro nel gabinetto. Può pure essere che hai trovato il cliente camorrista, plausibilissimo, ma il cliente che parla con gli arbitri e aggiusta le partite me lo stai vendendo adesso a me perché sai che è quello che vorrei sentirmi dire. Oltre tutto la Maga ha detto che io dovevo fare un percorso magico e tu qui mi vieni a proporre una traccia da poliziesco, che non è nemmeno la mia specialità. Siamo fuorissimo di strada, questa puntata la buttiamo nella spazzatura”. “E pensi male, perché anche magicamente secondo me puoi fare ancora molto, ma come non te lo dico perché non lo so”. Si alza. In effetti è bellissima e mentre esce dalla porta e la signora Pettograsso mi guarda come se io fossi Gary Cooper, che è un attore bello dell’epoca sua, penso che potevo risparmiare 2700 euro e passare un quarto d’ora in buona compagnia. Quindici minuti, che tanto è rimasta in casa mia quella là. Una cosa veloce. 3/ Continua Vittorio Zambardino Prima puntata Seconda puntata

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