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Il 3 maggio perdiamo / L’occultista Eusapio

“Fuggi, tu fuggi come n’anguilla ‘nsaponata dall’evidenza de li fatti che te segue veloce come la diavolessa.” Eusapio Zarattini mi urla in testa nonostante i suoi 86 anni. Ha la barba bianca lunga fino allo sterno. È quasi cieco e vive da solo in un sottoscala del quartiere Alessandrino in uno stato di disordine pauroso. L’Alessandrino è un quartiere della periferia sud est di Roma. È lì che l’hanno parcheggiato i nipoti in attesa che questo zio senza eredità da lasciare se ne vada all’altro mondo. Ma io ad Eusapio tengo, perché mi sono fidato di lui in un momento importante della mia vita. Eusapio è un medium, uno studioso di occultismo e spiritismo e io sono tornato da lui perché… lo sapete perché. Devo impedire che il 3 maggio si compia un destino, che noi si perda la Finale di coppa Italia. Mi sono fidato di Eusapio quando gli ho regalato la collezione di libri di spiritismo appartenuta a mio nonno materno, vissuto a Napoli e morto nel 1926, dopo che nel ’24 aveva preso una rosa di pallini nella gamba andando a caccia nei prati del “Pascone”. Il posto era nella zona fra il fiume Sebeto, oggi interrato, e dove poi avrebbero costruito lo stadio Ascarelli. Ai bordi di quel campo mio padre avrebbe poi fatto il raccattapalle nei tardi anni ’30 e negli anni sessanta se lo ricordava ancora con nostalgia. Lo stadio fu cancellato dai bombardamenti del ’42-’43 e in quell’area restarono ammassate per un po’ le macerie dei palazzi di Napoli distrutti dalle bombe. Il nonno materno invece la cancrena alla gamba se l’era portato via sedici anni prima. Si coltivava di spiritismo perché il dolore l’aveva fatto impazzire. Nel 1918 l’ultima nata della famiglia, Maria, che aveva nove anni, era morta nell’epidemia di “spagnola”. Il poveraccio si era messo a studiare e fare spiritismo per “parlare” con la figlia e ha lasciato anche un paio di quaderni con i verbali delle sedute. Nei quali sostanzialmente l’anima della bambina chiedeva di esser lasciata in pace, perché “dove sto c’è tanta luce”. La morte precoce del nonno fu ritenuta in famiglia il giusto castigo per una pratica che all’epoca comportava la scomunica. Poi, quasi settant’anni dopo, ho dovuto decidere io dove sarebbero andati tutti quei libri. Non li volevo in casa, avevo ereditato l’orrore familiare per quella roba. E attraverso vari passaggi e indagini trovai Eusapio. Che si chiama così in omaggio a Eusapia Palladino, la più nota medium degli anni ’10 del novecento, conosciuta anche all’estero. Eusapia era nata a Minervino Murge nel 1854 ed era morta nel ’18, l’anno in cui morì anche questa mia zia sconosciuta. Eusapio parla senza interruzioni, con tono di voce monocorde, non si ferma ma, mai: “Tu hai mai lavorato in un palazzo che si chiama della Dataria a Roma? “No Eusapio, ma so cosa c’è in quel palazzo. L’agenzia Ansa.” “Ed è nu peccato vero perché sotto il palazzo della Dataria dove ‘nci sta l’Anso..” “Ansa” “Dove ci sta cazzo de cosa che dici te, ci sta ‘na gora de acqua, un fiume sotterraneo, dove nelle notti de pioggia quando la gora se gonfia e l’acqua scorre forte si sentono li lamenti de ‘na monaca morta pazza de dolore sotto le torture dell’Inquisizione. Quella monaca, voglio di’ lo spirito di quella mòniga dà i nomi dei cavalli che vinceno le corse alle Capannnelle.” “La Monaca! Dà i cavalli buoni?!” “E che te racconto shtronzàte? (ora parla con l’intonazione e l’accento di Brancaleone da Norcia nel film L’Armata Brancaleone”). Tu vai là, ashcolti quello che dice la Moneyga e te li giochi e vinci fino anche a quindici petacchioni.” “Eh e quanto sarebbe un petacchone in euro?” “Che cazzo ne so, che faccio lu cambia valute io?” “Però io, Eusapio mio amatissimo, vorrei sapere un’altra cosa, e cioè se è vero che il 3 maggio una certa cosa succede o non succede” “Figlio, io queste cose non le so e ormai non cado in trance da tanto perché dopo le trance me vie’ la diarrea e il medico ha detto che me fa male perché cacà tanto me ‘ndebolisce. Ma se stasera piove e ce sta la luna, vai alla Dataria e ascolta attentamente i lamenti della Moonega. E io, amici miei che avete pazienza di leggere, io per un attimo mi sono visto, davanti alla sede dell’Ansa, dove qualcuno pur mi conosce ancora e che è presidiata da carabinieri e polizia anche perché si trova a meno di trecento metri dal Quirinale, ascoltare se qualcosa viene fuori dai tombini mentre piove. E vedo lampeggiare davanti agli occhi miei la scritta TSO, Trattamento Sanitario Obbligatorio. Ma non è solo questo. In fin dei conti sarei un laico e se uno non crede che il mondo fu creato in sei giorni da un anziano signore che si sentiva un po’ solo, allo stesso modo non può credere che sotto un palazzo di Roma ci siano gli spiriti. Più che altro io sto cercando il consiglio nella saggezza di Eusapio per la ” cosa” che sapete. E così, con l’aiuto di un nipote gli faccio prendere dieci gocce di Alprazolam, in commercio anche col nome di Xanax e di altri generici, e piano piano, mentre si tranquillizza ma prima che si addormenti, mi metto a parlare di cose che lui a stento capisce. Parlo da dieci minuti, quando lui mi chiede: “E perché porti sto maglione di lana viola?” “E’ una superstizione, Eusapio, me lo metto tutti i giorni fino al 3. Mi metto addosso i colori del nemico, così lo neutralizzo”. E qui le poche parole che Eusapio strappa al sonno non potrebbero meravigliarmi di più: “Non credere a ste shtronzate e fatte lavà lu maglione che già vedo che ce stanno du’ macchie de unto sopra, almeno nun ce magnà no? E per il resto, pe’ sto joco che tanto te preoccupa spero almeno che ce guadagni un po’ de quatrini. Perché per il risultato dello joco io sento come un vento forte, una corrente che spinge lontano tutte le cose che ci stanno sull’acqua. Vedo scarpe, tante scarpe che passano sopra l’acqua e corrono veloce e tu manco le pòi prende. Ce stanno sopra nomi di shtranieri che nun me riesce da leggerli. E poi vedo barche, tante barche eleganti, co le vele e co’ i motori. E vedo giornali, tanti giornali che vòleno sull’acque e so’ giornali bianchi e giornali de no shtrano colore de rosa. E tanti òmmini vestiti elegante, co’ li vestiti neri che te vogliono male. E dalla parte tua ce sta solo n’ommo un po’ grasso (no come te, de meno, tu sei proprio grasso fijetto mio, secondo me devi da magnà meno), e quell’omo è veshtito co no veshtito giallo quasi bianco, che dice ‘n sacco de cose e che parla romanesco e sta seduto dietro a na motocicletta piccola guidata da n’ommo giovane co na casserola sopra la testa, ma quest’ommo tuo giallo a petto dell’ommini neri nun combina niente. Pecché l’ommini neri conoscono il prete e l’altare, il re e la regina, l’acqua santa e le scartoffie de la cancelleria…” Fijetto mio, è na corrente così forte che ce stanno pure tutti shti ragazzi co ‘n mano li quaderni, che scrivono e che parleno dentro la televisione che sta sempre accesa a’ casa de li nipoti miei e quelli ve sorrideno ma so culo e camicia co l’ommini veshtiti de nero. Senti a me ragazzo, se tu a’ messo li quatrini su l’omo col vestito de giallo, leveli subbito che si no ce li perdi tutti e rimani come no shtronzo senza manco ‘n quatrino pecché l’omo de giallo alla fine de tutto nun ride e mena pure a quelli che je stanno attorno”. E qui l’Alprazolam ha fatto il suo effetto. Eusapio ha cominciato a russare in modo discreto, regolare. Non mi è restato altro da fare che un gesto di saluto al nipote, richiudere la porta e uscire nel pomeriggio del quartiere Alessandrino, che praticamente è fuori Roma o quasi, almeno per quelli che campano dentro le mura Aureliane. Ma mentre calava sera, una sera di luna bellissima, ho sentito un tuono e il cielo si è fatto nero. Io però sono un laico, al netto di maglioni viola, intendo. A via della Dataria non ci sono andato, anche perché dall’Alessandrino alla Dataria hai detto niente. La verità arriverà per altre vie, che percorreremo insieme. La povera monaca torturata riposi in pace, con mio nonno sparato a metà e l’anima benedetta dei morti miei che stanno tutti là, sulla collina di Poggioreale, che li vedo quando arrivo col treno, e loro sono importanti perché grazie a loro il mio cuore torna a Napoli tutti i giorni. Vittorio Zambardino Le puntate precedenti

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