Ma che si è messo in testa questo? Vorrebbe creare a Sassari una succursale dell’Nba? Per cortesia, dove pensiamo di andare con questo gioco offensivo e senza difesa? Sarebbe stato interessante seguire l’evoluzione della tifoseria del Sassari Basket in questi anni, precisamente dal 2009. Anno in cui sulla panchina sarda si è seduto Romeo Sacchetti, l’uomo di Nantes, colui il quale baciò il pallone con cui nel lontanissimo 1983 vincemmo gli Europei. Preistoria. La voce di Aldo Giordani. La rivalità di Sacchetti con Marzorati e Brunamonti. Un basket che tre anni prima – vale la pena ricordarlo oggi che ci sono le Olimpiadi in Russia – conquistò un argento a Mosca (senza gli americani, va detto).
Lui, Romeo Sacchetti, decise di convertire Sassari a un gioco spudoratamente offensivo, il “corri e tira”. Un gioco definito da tanti scriteriato, che lascia agli avversari molte possibilità di andare al tiro. Sacchetti cominciò a parlare di progetto, sì, proprio così. Con una sua filosofia: «La difesa ha buon gioco solo in presenza di un buon attacco». Il primo anno riportò la squadra in serie A. Anche se – come abbiamo detto – le critiche non lo hanno mai risparmiato. Ma né lui né, soprattutto, la società hanno esitato. E i risultati sono arrivati. Due anni fa le semifinali dei play-off e stasera la conquista della prima Coppa Italia contro Siena.
Quarantaquattro anni dopo lo scudetto del Cagliari, il Sassari Basket, la Dinamo, vince la Coppa Italia. E l’immagine simbolo è il bacio di Brian Sacchetti, in campo stasera con Sassari, a papà Romeo. Il visionario che vince. E che ha pure lui una discreta panza. Chissà se anche in Sardegna lo definirono cantiniere.