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Se Careca avesse saputo segnare gol facili

“Se fossi nato brutto, non avreste mai sentito parlare di Pelè”. È una delle frasi più celebri di George Best, uno dei più celebri dannati del calcio. Parafrasando il grande Best, di Careca potremmo dire: “Se avesse saputo segnare i gol facili, sarebbe stato arrestato dai carabinieri”.

Perché Careca era così, lui i gol facili li snobbava. Probabilmente riteneva che gli rovinassero il curriculum. Non avrebbe mai voluto vedere, a fine carriera, un suo tap-in inserito tra le reti più importanti. Careca era un uragano. Non ci sono altri termini per definirlo. Careca quando arrivò andava più veloce del pallone. Se lo dimenticava, a volte, perché lo superava. Careca per mesi è stato convinto che la palla non si potesse stoppare. Per mesi l’ha data sempre di prima. Poi, forse, qualcuno gli si avvicinò e gli disse che non gli sarebbe stata comminata alcuna multa ma lui questa cosa qui mica l’ha mai capita.

Careca toccava e scappava. Chiedeva l’uno-due, sgommava. La stoppava di petto a Milano, in corsa, e la metteva alle spalle di Giovanni Galli senza farle toccare terra. Poi andò come andò, ma non importa. Careca a San Siro se lo sognano la notte. Segnava in ogni modo, soprattutto a Zenga. Di testa, da quaranta metri, facendo fuori tutta la difesa palla al piede. Careca ne segnò uno alla Roma a Napoli che mi fece impazzire. Anche quella volta perdemmo, forse la sconfitta che ci fece perdere il secondo scudetto. Eravamo sotto di due gol. Diego lanciò da quaranta metri, lui stoppò di sinistra e di destro la mise sul secondo palo. In scioltezza. Due minuti dopo Diego fece lo stesso lancio, a Carnevale. Stoppò e la palla finì in curva A.

C’è chi non gli ha mai perdonato quella palla sotto il culo di Buyo in Napoli-Real Madrid. Ne abbiamo parlato tante di quelle volte che non vale la pena tornarci su. In quegli anni il benzinaio di corso Europa fece la sua fortuna grazie a un dipendente che somigliava a lui, Antonio Oliveira Filho: mezza Napoli andava a fare rifornimento lì. Careca sembrava volare. Spinto dal vento. Poi lentamente si spense. La sera di Brema, se non sbaglio, Claudio Gregori sulla Gazzetta lo definì “coniglio imbelle”. Entrò in crisi. Quante voci si rincorsero in città. Si risvegliò per regalarci la Coppa Uefa. Segnava sempre. Quando lo lanciavi (o meglio, lo lanciava) sulla destra e lui si preparava al tiro in diagonale, l’arbitro poteva già fischiare la ripresa del gioco dal centrocampo.

Ha segnato a tutti e a tutte. Memorabile la sua tripletta a Torino contro la Juventus. Come succede con i pugili, quel giorno pose fine alla carriera di Sergio Brio.

Chissà che cosa sarebbe stato di lui (e di noi) se avesse saputo segnare i gol facili. Troppo forte sarebbe stato il dolore per aver “sporcato” questa carrellata di gol. Auguri di buon compleanno, pezzo del mio cuore.
Massimiliano Gallo

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